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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Dosso Chierico-Passo S. Marco-Dosso Chierico
8-9 h
940
EE
SINTESI. Dopo Albaredo, proseguendo verso il passo di San Marco, ad un tornante SX lasciamo la provinciale imboccando a destra la pista che scende alla Madonna delle Grazie. Parcheggiata l'auto, proseguiamo sulla pista che scende ai ponti della Valle Piazza e della Valle Lago e risale al Dosso Chierico. Poco prima rientare nel bosco, lasciando le ultime baite del dosso, troviamo, sulla destra, una deviazione (sentieri 135 e 134). La imbocchiamo scendendo fino ad un secondo bivio, proseguiamo diritti, ci portiamo sul fondovalle, attraversiamo il Bitto e seguendo i segnavia saliamo agli alpeggi di Vesenda Bassa (passando a sinistra dell'Abete di Vesenda) ed Alta. Qui ignoriamo la segnalazione per la baita du Aguc prendiamo a sinistra, su traccia marcata che porta ad una baita solitaria e ad un alpeggio abbandonato con pochi calec'. Qui dobbiamo scendere per attraversare un torrentello; sul lato opposto la traccia si perde, ma possiamo salire a vista fino ad intercettare una traccia poco marcata che giunge dalla nostra destra e supera a monte una fascia di massi. Seguendo la traccia verso sinistra, aggiriamo un grande dosso e ci troviamo ai piedi di un ampio vallone erboso, che la traccia comincia a risalire con qualche tornante. In breve raggiungiamo così facilmente la sella quotata m. 2110 (bocchetta del Verrobbio) sul crinale fra la valle del Bitto di Albaredo e l'alta val Brembana. Prendendo a destra (ovest), seguiamo il sentierino che ci porta in pochi minuti, scavalcata una cima secondaria, alla cima del monte Verrobbio (m. 2139). Tornati alla bocchetta, se siamo escursionisti esperti, possiamo percorrere verso est la traccia esposta sullo stretto crinale che, dopo qualche saliscendi, passa dal monte Cimetto (m. 2099) e scende fino al passo di San Marco. In caso contrario, percorriamone solo un breve tratto verso est, fino a raggiungere, appena oltre la cima del monte Cimetto, un punto dal quale possiamo scendere a vista sul ripido ed erboso fianco meridionale del crinale, scegliendo il percorso di minore pendenza. La discesa ci porterà sulla bella mulattiera che percorsa verso sinistra porta al rifugio Ca' San Marco (m. 1830). Raggiunto il rifugio, saliamo al passo di San Marco (m. 1985), dal quale parte il bel tracciato della via Priula che scende in valle di Albaredo, passando a sinistra della casera di Orta Vaga, scendendo al fondovalle, attraversando il torrente della valle d'Orta, restando sul lato destro della valle, entrando nel bosco ed uscendone, dopo un lungo traverso, al dosso Chierico.


Apri qui una fotomappa dell'alta Valle di Albaredo

L'escursione che permette di visitare l'abete di Vesenda è una delle più classiche fra quelle che si effettuano con base ad Albaredo (albarée). Essa può essere l'inizio di un più ampio ed interessantissimo anello che tocca il passo di S. Marco e sfrutta, nel ritorno, la Via Priula. Ma andiamo con ordine.
L'abete di Vesenda (avèzz de Üusénda, nel dialetto locale) è il più famoso albero della Valtellina, un abete bianco (abies alba) dall'età veneranda (dai 300 ai 350 anni) e dalle dimensioni imponenti (38,50 metri di altezza, 5,65 metri di circonferenza, 1,79 metri di diametro a petto d'uomo, 32,60 metri cubi di volume totale). Si trova presso l'alpe di Vesenda bassa, nel cuore poco conosciuto della valle del Bitto di Albaredo. La visita a questo monumento della natura rappresenta una facile e gradevole passeggiata, da maggio fino alla prima neve invernale. Per effettuarla dobbiamo partire dalla piazza S. Antonio di Morbegno (la piazza del mercato) ed imboccare, seguendo le indicazioni, la strada per Albaredo - Passo di S Marco. Raggiunta Albaredo, proseguiamo per un tratto verso il passo, finché, ad un tornante sinistrorso, troviamo alcuni cartelli che segnalano una deviazione a destra per il ristoro alla Via dei Monti, per la via Priula e per il Sentiero dei Misteri. Imbocchiamo la stradina, nel primo tratto asfaltata, poi sterrata, ed in breve siamo alla chiesetta della Madonna delle Grazie (m. 1157), che fronteggia il dosso Chierico ed è posta a guardia delle inquietanti forre della valle di Lago e della val Pedena.


Dalla Madonna delle Grazie al Dosso Chierico, sulla base di Google Earth (fair use)

Lasciata l'automobile nel parcheggio vicino alla chiesetta, scendiamo verso il fondo della valle Piazza, seguendo l'elegante tracciato della via Priula. Superato il torrente della valle su un ponticello, raggiungiamo un secondo ponte, che ci permette di valicare anche il torrente Pedena, in prossimità del punto di partenza del sentiero dei Misteri. La strada prosegue all'ombra di un bel bosco, fino a raggiungere il gruppo delle baite più basse del dosso Chierico (m. 1166). Fin qui abbiamo percorso un tratto della via Priula, ma ora dobbiamo staccarcene, imboccando una deviazione sulla destra, segnalata dal cartello verde che indica l'Abete di Vesenda. Iniziamo così una lunga ed un po' monotona traversata della parte inferiore del fianco orientale della valle del Bitto di Albaredo. Dopo aver ignorato due deviazioni che scendono alla nostra destra verso il torrente Bitto, usciamo alla fine dal bosco nei pressi di una bella radura posta proprio nel cuore della valle. In breve siamo quindi sulla riva orientale del torrente, e lo possiamo attraversare sfruttando un ben visibile ponte formato da grandi massi (m. 1251). Sul lato opposto troviamo facilmente il sentiero che sale verso l'alpe di Vesenda bassa.
L'abete non è lontano, ma per trovarlo il cartello che lo indica, tristemente adagiato su un tronco d'albero caduto, non ci è di alcun aiuto. Tuttavia la ricerca non è difficile. Saliamo per un tratto, superando un boschetto di abeti, fino a giungere in vista dei muretti diroccati che segnano il confine dell'alpe, poco sopra i 1350 metri. Ora guardiamo alla nostra destra: vedremo un fitto bosco di abeti, dal quale emerge la solitaria chioma diradata dell'Abete di Vesenda, riconoscibile, appunto, non solo per i suoi rami volti all'insù (caratteristica dell'abete bianco), ma anche per la povertà dei rami nella parte alta del tronco. Per questo il suo profilo spicca nella compaginedegli alti abeti del bosco.


Apri qui una fotomappa dei sentieri dell'alta Valle del Bitto di Albaredo

L'abete di Vesenda (avèzz de Üusénda - o Visénda -, o semplicemente Avezzùn nel dialetto locale) è il più famoso albero della Valtellina, un abete bianco (abies alba) dall'età veneranda (dai 300 ai 350 anni) e dalle dimensioni imponenti (38,50 metri di altezza, 5,65 metri di circonferenza, 1,79 metri di diametro a petto d'uomo, 32,60 metri cubi di volume totale). Si trova presso l'alpe di Vesenda bassa, nel cuore poco conosciuto della valle del Bitto di Albaredo (val del bit de albarée), in territorio del comune di Bema. Per quanto ormai segnato dal tempo, conserva ancora i segni della sua antica maestosa portanza, caratterizzata da sei tronchi secondari che si innalzavano da altrettanti grossi rami, conferendogli la forma di un possente candelabro, secondo uno schema denominato "pianta policormica".
Avviamoci quindi verso il limite del bosco ed addentriamoci fra gli abeti per un tratto: in breve ci troveremo presso due tavoli in legno, ideali per una sosta ristoratrice. Il grande abete si solleva verso il cielo a pochi metri dai tavoli, vetusto nel suo carico d'anni ma sempre possente nella sua sorprendente mole. Dalla parte bassa del tronco, in particolare, parte un grande ramo dalla forma singolare, che ha tutta l'aria di rappresentare una sorta di grande braccio piegato ad angolo retto verso l'alto. La passeggiata dalla chiesetta della Madonna della Grazie fino a qui richiede poco più di un'ora.


Dal Dosso Chierico al sentiero per l'alpe Vesenda, sulla base di Google Earth (fair use)

Se abbiamo tempo e gambe, possiamo proseguire nella salita verso l'alpe di Vesenda alta. Raggiunte le baite di Vesenda bassa, (visénda bàsa, l'antica "vixenda") a 1457 metri (prestando attenzione, in estate, alla presenza di eventuali cani quando l'alpe viene caricata), imbocchiamo il sentiero che parte alle loro spalle e, salendo verso destra, attraversa un bel bosco, sbucando sul limite inferiore dell'alpe di Vesenda alta (visénda olta, m. 1647). Dalle baite inferiori saliamo, su traccia di sentiero, alla baita posta a 1734 metri. Proseguendo nella salita, ci ritroviamo sulla sommità erbosa di un grande dosso (m. 1851), in una posizione panoramica estremamente suggestiva: da qui possiamo dominare il dosso di Bema, a sinistra, le cime del gruppo Masino-Disgrazia, davanti a noi, il fianco orientale della valle del Bitto di Albaredo ed i passi di Pedena e San Marco, a destra. Il pianoro sul quale ci troviamo può costituire un ottimo punto di sosta: qui possiamo respirare un senso di pace e di apertura di orizzonti che non capita spesso di gustare nelle escursioni alle quote medie.


Apri qui una panoramica settentrionale dall'alpe Vesenda Alta

Ma diamo un'occhiata un po' più da vicino alla splendida parata di cime che si apre a settentrione. Da sinistra, si propongono le cime della Costiera dei Cech, seguite dal gruppo del Masino, con i pizzi Porcellizzo (m. 3075), Badile (m. 3308), Cengalo (m. 3367) e del Ferro (occ. m. 3267, centr. 3289 ed or. m. 3234), le cime di Zocca (m. 3174, alla cui destra si distingue nettamente l'intaglio del passo di Zocca) e di Castello (m. 3386), la punta Rasica (m. 3305), i pizzi Torrone (occ. m. 3349, centr. m. 3290, or. m. 3333), il monte Sissone (m. 3330) ed il monte Disgrazia (m. 3678). Segue la sezione centrale della testata della Valmalenco, che propone, da sinistra, il pizzo Roseg (m. 3936), il pizzo Scerscen (m. 3971) il pizzo Bernina (m. 4049), i pizzi Argient (m. 3945) e pizzo Zupò (m. 3995).


Vesenda alta

Se siamo escursionisti esperti ed abbiamo ancora qualche ora a disposizione (ne sono passate, finora, due e mezza - tre), possiamo tornare all'automobile con un lungo giro, che ci fa passare dal passo di San Marco.
Un cartello della Comunità Montana di Morbegno ci segnala che alla nostra destra parte il sentiero per la baita di Aguc, sentiero che poi percorre la sommità del dosso di bema fino al pizzo Berro (attenzione nell'ultimo tratto prima del pizzo). Alla nostra sinistra, invece, parte un sentiero che volge in direzione del passo di San Marco. Imbocchiamolo, sul limite meridionale dei prati (non è segnato sulle carte, ma è ben visibile, almeno nel primo tratto). Superata una prima baita, giungiamo ad un'alpe abbandonata, con qualche calecc diroccato. Qui dobbiamo scendere per attraversare un torrentello; sul lato opposto la traccia si perde, ma possiamo salire a vista fino ad intercettare una traccia poco marcata che giunge dalla nostra destra e supera a monte una fascia di massi.


Panorama da Vesenda alta

Seguendo la traccia verso sinistra, aggiriamo un grande dosso e ci troviamo ai piedi di un ampio vallone erboso, che la traccia comincia a risalire con qualche tornante. In breve raggiungiamo così facilmente la bocchetta del Verrobbio (localmente "buchèta de la val visénda", m. 2090), sul crinale fra la valle del Bitto di Albaredo e l'alta val Brembana.


L'elevazione che precede il monte Verrobbio dalla bocchetta del Verrobbio (m. 2090)

Il crinale è percorso da un sentiero che parte dal passo di Verrobbio (“buchéta de Bumìgn”, denominata, sul versante bergamasco, “pàs de Véròbi”, in alta val Bomino, Val Gerola) e giunge al passo di San Marco, dopo aver superato le cime del monte Cimetto (m. 2099) e del monte Verrobbio (che si trova alla nostra destra, m. 2139). Prendendo il sentierino alla nostra destra (ovest) ci portiamo sulla cima di un'elevazione che precede il monte Verrobbio. Proseguendo con atenzione sul filo di cresta dopo pochi saliscendi e pochi minuti siamo alla cima del monte Verrobbio (veròbi, m. 2139), dove non troviamo croci né ometti, ma solo un bastone infisso in terra. In compenso ottimo è il panorama sul gruppo del Masino e su quello del Bernina.


Il gruppo del Ponteranica visto dalla cima del monte Verrobbio

In particolare, nel gruppo del Masino l'occhio esperto riconosce, da sinistra, la punta Torelli (m. 3137) e la punta S. Anna (m. 3171) che precedono il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195). Segue il secondo signore della Val Pocellizzo, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367). Alla sua destra i puntuti pizzi Gemelli (m. 3259 e 3221), il passo di Bondo (pas da bùnd, m. 3169), che dà sulla Val Bondasca, in territorio svizzero, ed i pizzi del Ferro occidentale o cima della Bondasca (m. 3267), del Ferro centrale (m. 3287), e del Ferro orientale (m. 3200). Alla loro destra spicca la poderosa cima di Zocca (m. 3175), sulla testata della valle omonima, seguita dalla punta Allievi (m. 3121), dalla cima di Castello (la più alta del gruppo del Masino, con i suoi 3392 metri), e dalla punta Rasica (rèsga, m. 3305).


Apri qui una panoramica sul gruppo del Masino e sul monte Disgrazia visti dal monte Verrobbio

I tre poderosi pizzi Torrone (turùn, occidentale, m. 3351, centrale, m. 3290, ed orientale, m. 3333) chiudono la valle omonima, che precede l’ampia Val Cameraccio, sulla cui testata si pongono il monte Sissone (sisùn, m. 3330), la punta Baroni, o cima di Chiareggio settentrionale (m. 3203), le cime di Chiareggio centrale (m. 3107 e 3093) ed il monte Pioda (m. 3431), posto immediatamente a sinistra dell’imponente ed inconfondibile monte Disgrazia (m. 3678).


Il monte Cimetto

Torniamo dal monte Verrobbio alla bocchetta del Verrobbio di quota 2090 metri e percorriamo verso est la debole traccia (esposta su entrambi i versanti) sul crinale, passando per la cima erbosa del monte Cimetto (m. 2099), fino a raggiungere, alla sella appena oltre questa cima, un punto dal quale possiamo visibilmente scendere sul ripido fianco erboso meridionale del crinale, cioè sul versante di Val Mora (Val Brembana), scegliendo il percorso di minore pendenza, con tutta la prudenza del caso.


Apri qui una fotomappa della traversata dall'alpe di Vesenda alla bocchetta di Verrobbio

La discesa ci porterà sulla bella mulattiera (che fa parte del sentiero 101), quasi sulla verticale delle casere dell'alpe Cul, a monte della diga di Val Nera. Lo percorriamo verso est (sinistra) in leggera salita, fino al rifugio Casa Cantoniera Ca' San Marco (m. 1830).
Raggiunto il rifugio, saliamo al passo di San Marco (m. 1992) seguendo il tracciato della Via Priula che parte alle sue spalle e risale le ripide chine erbose.
Prima di proseguire, fermiamoci al passo e respiriamo la suggestione del suo paesaggio e della sua storia antica. Il passo di San Marco (1992) è il valico più basso fra Valtellina e versante orobico meridionale ed è anche quello più facile e storicamente importante, da quando, con l’apertura della via Priula nel 1593, fortemente voluta dalla Serenissima Repubblica di Venezia (signora dal 1432 di Bergamo e delle sue valli), divenne il punto culminante della più trafficata via commerciale dalla Pianura Padana ai paesi di lingua tedesca attraverso la Valtellina (sotto la signoria delle Tre Leghe Grigie dal 1512 al 1797). La nuova via soppiantò la Via Mercatorum che passava per il vicino passo di Verrobbio, posto poco più ad ovest e chiamato in passato anche passo di Morbegno, fino al 1593 la più importante via commerciale fra Bergamo e la Valtellina. Il nome della nuova via è legato al capitano di Bergamo Alvise Priuli, che ne curò la progettazione e la realizzazione. 150 metri sotto la sella del passo di San Marco, sul versante della Val Mora (Val Brembana) venne edificata nel 1593 la Casa Cantoniera oggi rifugio Casa Cantoniera Ca’ San Marco, sulla cui facciata una targa riporta la seguente scritta: “Per due secoli questa cantoniera vigilò sulle alpi Brembane i traffici e la sicurezza della Repubblica di San Marco”.


La Val Brembana vista dal passo di San Marco

L’edificio, posto in un ripiano al riparo dalle valanghe, fungeva da rifugio (uno dei più antichi d’Europa) per i viandanti ed ospitava il rottiere che aveva l’incarico di tenere pulita la strada dalla neve garantendo, con non pochi sforzi, che fosse percorribile nell’intero arco dell’anno.
Nella “Guida alla Valtellina” del 1884, edita dal CAI di Sondrio a cura di Fabio Besta (II ed.), infine, si legge: “Una strada di recente costrutta, quasi carrozzabile, lascia Morbegno e con brevi e numerosi andirivieni, attraverso vigneti e selve, sale le falde del monte, fino a entrare nella valle del Bitto per la pendice orientale, al di sopra del profondo e dirupato burrone per cui essa trova sbocco. Poi in ripida salita, passando attraverso vari casolari, e sempre per luoghi ameni, conduce ad Albaredo (800 m.) (421 ab.). di là una strada mulattiera ben tenuta sale ancora per poco fino ai casali di Sarten e alla Madonna delle Grazie, poi, abbassandosi, raggiunge il torrente che scende dalla Valle Pedena… , quindi, attraversando con varie giravolte una stupenda foresta di abeti e larici, sale al dosso Cerico, casolare in amenissima posizione.


La Via Priula in vista del passo di San Marco

Poscia continua addentrandosi nella Val d’Orto fino al passo (1826 m. ), in prossimità del quale vi ha una cantoniera o casa di rifugio detta Ca di San Marco, dove i viaggiatori possono trovare conforto di cibo e qualche letto per riposare. Da Ca di San Marco, per la Val Mora, si scende ad Averara, e quindi a Olmo sul Brembo, e di là a Piazza, a S. Pellegrino e a Bergamo. Da Morbegno al passo occorrono circa cinque ore e mezza di cammino; dal passo a Olmo circa tre ore. La Strada di San Marco, dichiarata provinciale, è mantenuta lungo la Valle del Bitto a spese dell’intera Provincia. Essa è la migliore e la meno alta fra le varie strade che attraversano la catena Orobia. È tuttavia molto frequentata: in passato, prima della costruzione della strada carrozzabile da Lecco a Colico, era frequentatissima giacchè per essa passavano le mercanzie che da Venezia e dallo Stato Veneto si importavano nella Svizzera e Germania orientale per i valichi dello Spluga, del Septimer e del Maloja.”


Pozza al passo di San Marco

Per la verità con la fine della dominazione delle Tre Leghe Grigie sulla Valtellina (1797) la Via Priula perse gradualmente la sua importanza, ed il passo la vivacità dei transiti. Un secolo e mezzo dopo, però, si rianimò di nuova vita con la nuova carrozzabile, percorsa non solo da autoveicoli, ma anche da molti motociclisti e ciclisti. Il passo viene chiuso nei mesi invernali, ma è molto frequentato dalla tarda primavera all’autunno inoltrato. La realizzazione della strada venne promossa negli anni Sessanta del secolo scorso dagli amministratori della Val Brembana, e da questa valle ha per la prima volta raggiunto il passo. Negli anni successivi è stato realizzato il tracciato che sale al passo dal versante valtellinese, ed oggi il passo di San Marco è uno dei più suggestivi valichi montani, per la sua apertura, panoramicità e luminosità.


Apri qui una panoramica sul passo di San Marco (a sinistra) e la Valle del Bitto di Albaredo

Riprendiamo il racconto dell'anello. Giunti al passo, proseguiamo a sinistra della strada asfaltata, sempre seguendo il bel tracciato della via Priula che scende in valle di Albaredo, passando a sinistra della casera di Orta Vaga (m. 1694), attraversando il torrente della valle d'Orta e giungendo al fondovalle. Qui restiamo sul lato destro della valle (a destra del torrente Bitto) ed entriamo nel bosco, poco sotto la strada asfaltata che scende dal passo verso Albaredo. Dopo un lungo ed un po' noioso traverso in discesa, ci ritroviamo al bivio nella parte inferiore del dosso Chierico, dove, nella prima parte dell'escursione, ci siamo staccati dalla via Priula. L'intera escursione, con questa variante panoramicamente assai interessante, richiede circa 8-9 ore, ottimo allenamento e condizioni ideali di terreno (può, comunque, essere divisa in due giornate con pernottamento al rifugio Casa Cantoniera Ca' San Marco o al vicino Rifugio Passo San Marco 2000).


Apri qui una panoramica sulla Valtellina dal Passo di San Marco

CARTE DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE-MAP (FAIR USE)

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