CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line


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Spriana è il primo comune che si incontra, sulla destra (est), salendo in Valmalenco. Si può facilmente raggiungere il suo centro impegnando lo svincolo, a destra, che si trova dopo aver oltrepassato il primo ponte sul torrente Valdone, a 6 km da Sondrio.
 
Lo svincolo ci introduce ad un ponte sul torrente Màllero (m. 665), che qui corre, rabbioso, nella profonda forra segnata da marmitte dei giganti e legata alla leggenda della Belina, giovane di Spriana: costei, come vuole una nota leggenda, vi si gettò, disperata, dopo aver saputo che il promesso sposo, il cavaliere Gianni, si era unito in matrimonio, durante una campagna militare, con un’altra donna.
Sul lato opposto (orientale) della valle una strada porta, con qualche tornante, al centro del paese (m. 754), dopo 1,6 chilometri, salendo all’ombra di tranquilli castagneti.
La strada, dopo l’ultimo tornante sinistrorso, passa a valle di un enorme e scuro masso erratico, sulla cui sommità sta, quasi arroccata, la chiesetta della Madonna della Speranza, dove l’infelice Belina ed il suo amato Gianni si scambiarono, ancora felici ed ignari del futuro, le promesse di eterno amore, e dove ancora, si dice, appaiono agli innamorati che qui si danno convegno, nelle chiare sere d’autunno, i loro fantasmi, quello di Gianni, condannato ad una folle corsa, su un nero cavallo, che termina con un salto nel cuore oscuro del Mallero, quello di Belina, immobile e triste testimone del tormento del giovane traditore.
 
Proseguendo per un breve tratto, raggiungiamo la piazza del paese, dove troviamo il municipio e la chiesa parrocchiale di S. Gottardo, edificata verso la fine del Quattrocento e consacrata nel 1489.
Questa chiesa era legata, anticamente, a quella di Montagna in Valtellina, sul versante retico sopra Sondrio; se ne staccò, successivamente, anche se Spriana rimase legata, più che alla Valmalenco, alla vicina Val di Togno.
Presso la chiesa si staglia il bel campanile, di epoca assai più recente (1904), e si trova il piccolo cimitero.
Il termine “cimitero” deriva dal greco “koimetérion”, che significa dormitorio, luogo del riposo: qui tutto, effettivamente, suscita l’impressione di un solitario e tranquillo riposo, di una vita che interrompe il tuo turbinoso fluire per assumere una quieta e mesta fissità. Fra le poche case rimane un esiguo numero di persone. Se all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso Spriana contava, infatti, 771 abitanti, all’inizio del terzo millennio questi si sono ridotti a 150.
 
Fra i fattori che ne hanno determinato lo spopolamento va ricordata la situazione di instabilità geologica del tormentato versante sud-occidentale del monte Foppa (m. 2461): si tratta del vasto movimento franoso noto, appunto, come frana di Spriana, che tante apprensioni suscitò ai tempi dell’alluvione del 1987, e che viene ora monitorato capillarmente. Se l’enorme massa di materiale instabile, infatti, precipitasse nel Mallero, ostruendolo con un effetto-diga, si potrebbe determinare una successiva rovinosa rottura di tale diga, che scaglierebbe su Sondrio una gran quantità di materiale alluvionale con quella violenza dirompente che il Mallero, lo sanno bene coloro che ne conoscono la storia, periodicamente mostra. Per evitare tale rischio è stata, recentemente, costruita anche una galleria di by-pass per consentire il deflusso delle acque nell’eventualità di un improvviso movimento della frana.
 
Il piccolo nucleo di Scilironi (m. 657), ben visibile anche dalla strada principale per Chiesa Valmalenco, è diventato un po’ l’emblema di questa situazione di minacciosa sospensione: si tratta di un gruppo di case abbandonate ed arroccate quasi a ridosso dell’ultimo strapiombo con il quale il versante sembra precipitare nel Mallero.
Una stradina, che si stacca, sulla destra, dalla strada che sale a Spriana al primo tornante sinistrorso, porta in breve alle case, dove regna un silenzio irreale, una quiete immota che sembra preludere ad una catastrofe ormai segnata. Amori traditi, fantasmi, frane incombenti: tutto sembrerebbe dissuaderci dal proposito di visitare il paese, o di sceglierlo come base per effettuare escursioni o pedalate in mountain-bike. Ma si tratta di un’impressione ingannevole.
 
Da Spriana possiamo effettuare una bella escursione che ci porta in bassa Val di Togno, al rifugio omonimo, dal quale, poi, possiamo salire a visitare la misteriosa ed affascinante alpe Grüm (o Grom), legata al ritrovamento di numerosi graffici preistorici; possiamo, infine, effettuare un interessante anello di mountain-bike, che sfrutta due piste, l’una da Arquino, l’altra da Spriana, per raggiungere il rifugio di Val di Togno. Partiamo dal racconto dell’itinerario escursionistico, particolarmente adatto al primo autunno ed alla tarda primavera.
 

Lasciata l’automobile nel centro di Spriana, cerchiamo, proprio davanti al campanile, il cartello che segnala la partenza della mulattiera per la Val di Togno, che, insieme alla carrozzabile che sale da Arquino ed al sentiero che proviene da Carnale, sopra Montagna in Valtellina, rappresenta una delle classiche vie di accesso alla Val di Togno. Sul cartello sono riportati i tempi necessari per raggiungere diverse possibili mete, tutte disposte lungo la direttrice Spriana - Rifugio Val di Togno: Bedoglio, a 15 minuti, Piazzo e Chignolet, a 25 minuti, Cao, a 40 minuti, Paroli e Dosso, a 50 minuti, il rifugio Val di Togno, a 2 ore; sono, poi, segnalate altre mete, raggiungibili dal rifugio, vale a dire l’alpe Grüm, a 3 ore (sempre da Spriana), l’alpe Castellaccio, a 3 ore e 20 minuti, il rifugio De Dosso (all’alpe Painale, in alta Val di Togno), a 4 ore (ma quest’ultima indicazione è troppo ottimistica: dal rifugio Val di Togno sono, infatti, necessarie circa due ore di cammino per raggiungere il rifugio De Dosso).
 

Nella parte bassa del campanile troviamo un bollo giallo con bordo viola: si tratta del primo di una serie di segnavia che, proponendo sempre il singolare abbinamento di colori, ci guidano nella traversata alla volta della Val di Togno (analoghi segnavia si trovano sul sentiero Carnale-Rifugio Val di Togno). Salutiamo, dunque, le case di Spriana, e le aspre formazioni rocciose che si aprono con prepotenza un varco fra i boschi che le sovrastano, per addentrarci in una splendida cornice boschiva, seguendo la mulattiera che, larga e comoda, mantiene un andamento verso sud-est.
Saliamo, così, con molta gradualità, senza strappi, fino alle case di Bedoglio (m. 926), strette in un abbraccio antico e solidale, per far fronte, nei limiti di quel che è concesso a tutte le cose che nascono, alle ingiurie del tempo.
La tentazione sarebbe quella di soffermarsi nel cuore di questo abbraccio, per gustare le trame del fitto dialogo fra ombre e luce, nelle giornate serene, ma è bene dar retta alla voce della prudenza, che sconsiglia di sostare in mezzo ad edifici pericolanti. Possiamo, però, fermarci appena oltre il limite delle case, meditando sul significato di quella prossimità di pietre che era, un tempo, una prossimità di destini, vite, pensieri, fatiche e dolori.
 
Rimettiamoci in cammino: in breve la mulattiera intercetta una pista sterrata, che sale fin qui staccandosi, sulla destra, in corrispondenza dell’ultimo tornante sinistrorso della già citata strada che dal ponte sul Mallero conduce a Spriana. Annotiamo mentalmente questa pista: verrà di nuovo menzionata nel racconto dell’itinerario di mountain-bike. La pista, sale ancora per qualche tornante e termina in località Piazzo (m. 1029).
 
Noi, però, non dobbiamo salire lungo la pista, ma staccarcene quasi subito, imboccando, ad un tornante sinistrorso, sulla destra, il sentiero per la Val di Togno, segnalato da un cartello. Oltrepassata una centralina di rilevazione dei movimenti della frana di Spriana, ci ritroviamo, così, nel cuore di un ombroso vallone: qui il sentiero, in alcuni tratti, corre a ridosso di grandi roccioni, prima di raggiungere una zona più luminosa.

Qualche apertura del bosco ci permette di gustare un panorama interessante, verso ovest e nord-ovest. Di fronte a noi, sul lato opposto della bassa Valmalenco, si mostra l’intero solco della Val Valdone, che precipita, quasi, dalla bocchetta omonima, fra il monte Rolla (m. 2277, a sinistra, sud) ed il monte Canale (m. 2522, a destra, nord), sul fondovalle. Verso nord-ovest, cioè più a destra, si mostra la dorsale scandita, da destra, dal monte Braccia (m. 2909), dal passo Ventina (m. 2675, fra la val Sassersa e la val Ventina, sull’itinerario della seconda tappa dell’Alta Via della Valmalenco), dal pizzo Rachele (m. 2998) e dalla cima Sassersa (m. 2977).

Dopo alcuni tornantini, il sentiero ci porta sul limite inferiore dei prati di Portola (m. 1077), dove, oltrepassata una fontana, sale per un buon tratto, superando le baite più basse, fino ad un bivio, segnalato su un masso: prendendo a destra proseguiamo direttamente per la Val di Togno, mentre prendendo a sinistra possiamo salire ai prati più alti, per poi tornare ad intercettare, prendendo a destra, la mulattiera per la Val di Togno. Possiamo quindi scegliere l’una o l’altra possibilità.
Stiamo aggirando il largo dosso che separa la bassa Valmalenco dalla Val di Togno, valle misteriosa per eccellenza, legata a leggende di streghe (che fanno sentire il loro lugubre lamento notturno, assumendo le sembianze della cavra bèsüla), di anime dannate per il vizio della gola (il cui tormento eterno consiste nel doversi cibare dei magri pascoli della valle) e di anime di ricchi sondriesi dediti in vita ad ogni sorta di gozzoviglia (che ripetono, nottetempo, i loro folli divertimenti terrorizzando chi abbia la sventura di assistervi). Incontriamo alcuni bivi, ai quali dobbiamo prendere a sinistra, seguendo sempre i segnavia giallo-viola.

 
Ci affacciamo, così, sulla bassa Val di Togno, di cui vediamo un primo scorcio del selvaggio fianco orientale, segnato da un tormentato fronte franoso.
In alto scorgiamo due cime, quella conica quotata m. 2565 e, alla sua sinistra, la più nota Corna Mara (o Corno di Mara, m. 2807). Il sentiero, in questo tratto, sale molto gradualmente, supera un corpo franoso e presenta punti un po’ sporchi,
 
prima di scendere sul fondovalle, dove si trova un ponticello che permette di superare il torrente Antognasco.
Passiamo, così, sul lato orientale del fondovalle; qui il sentiero riprende a salire e, superata una fascia di massi, intercetta la pista sterrata che sale da Arquino (pista chiusa al traffico dei veicoli non autorizzati).
Non manca molto al rifugio: dopo essere tornanti, varcato un ponte, sul lato occidentale della valle, in breve lo raggiungiamo.
Siamo a quota 1317, ed abbiamo superato, in due ore e mezza di cammino, un dislivello di 560 metri circa. La pista sterrata passa a sinistra del rifugio, un po’ più alto, e termina dopo un paio di tornanti, per lasciare il posto alla mulattiera che risale la valle, passando per Ca’ Brunai (m. 1376), l’alpe Rogneda (m. 1668) e l’alpe Guat (m. 1816), fino a raggiungere, superata la stretta dell’ultimo gradino roccioso, la splendida piana dell’alpe Painale (m. 2098), dove si trovano il laghetto omonimo ed il rifugio De Dosso (m. 2119), a circa due ore di cammino dal rifugio Val di Togno. Nei pressi del rifugio giunge anche, da est, il sentiero che si addentra in Val di Togno partendo da Carnale, sopra Montagna in Valtellina.
 
Noi, invece, sfruttiamo una terza possibilità. Dalla piazzola nella quale termina la pista sterrata che sale da Arquino parte un sentiero non segnalato
 che, salendo in direzione ovest, raggiunge le baite del Dosso (m. 1391), ben visibili a sinistra del rifugio, ai piedi dell’aspro versante occidentale della valle, segnato da severe formazioni rocciose che si mostrano nella fascia dei boschi. Raggiunte le baite, il sentiero volge a sinistra e, proseguendo in direzione sud-ovest, attraversa un corpo franoso, cominciando a salire,
 
fino ad un bivio, al quale, seguendo un cartello che segnala l’alpe Grom, prendiamo a destra. Imbocchiamo così il sentiero per l’alpe, segnalato da alcuni segnavia gialli.
Nel primo tratto esso sale, con ripidi tornanti, in un bel bosco di betulle,
cui si sostituiscono, più in alto, i primi abeti.
Dopo circa 45 minuti di salita raggiungiamo il limite superiore dei prati dell’alpe Costa di Val di Togno, a m. 1750 circa.
Qui il sentiero volge decisamente a destra (una freccia gialla su un masso ci aiuta a non perderlo) e, superate le ultime baite, riprende a salire, meno ripido, verso l’alpe Grüm (o Grom), in direzione nord-est.
Dopo un tratto in pineta e qualche breve saliscendi,
eccoci ai 1856 metri dei prati della modesta alpe. Si tratta di un’alpe secondaria, rispetto all’alpe Costa ed all’alpe Castellaccio, che si trova a monte, sul crinale che scende a sud dal monte Foppa, fra Val di Togno e Valmalenco, a 2003 metri. Su alcune carte l’alpe Grüm non è neppure segnata, ma, dopo la scoperta delle tracce di insediamenti preistorici, essa è uscita dalla penombra di luogo secondario per assumere il rango di luogo di interesse storico-etnografico rilevante. Troviamo, qui, qualche baita diroccata, ai piedi di una fascia di grandi massi che termina a ridosso del versante roccioso del monte Foppa. Si tratta di massi che, con tutta probabilità, offrirono un rifugio agli uomini preistorici che scelsero, in un’epoca compresa fra il II ed il I millennio a.C., questo luogo per la sua felice posizione, dalla quale si potevano scorgere gli animali da cacciare.
 
 Su diversi massi si trovano, perimetrati da una segnalazione in giallo, i graffiti che restano come testimonianza di questo antichissimo insediamento: si tratta di una vasca per la raccolta dell’acqua, con canaletti di afflusso e deflusso, di figure antropomorfe e di coppelle con canaletti di deflusso.
Altre incisioni risalgono ad epoche storiche, più vicine a noi: si possono riconoscere, accanto a segni dal significato più oscuro,
croci, sigle e date. Ora, qui, regna un’arcana solitudine, ed un profondissimo silenzio dal quale pare giungere ancora, lontana e vaga, l’eco di una vita millenaria che ha animato questi luoghi.
 
Ancora oggi, come quattro millenni fa, è la piramide del Corno di Mara ad imporsi allo sguardo, verso nord-est, di chi si guardi intorno. Guardando verso sud-est, invece, riconosciamo, oltre il boscoso crinale che separa la bassa Val di Togno dal versante retico sopra Montagna in Valtellina, le più alte cime della catena orobica centrale, sulla testata delle valli di Scais e d’Arigna.
Le quattro ore di cammino necessarie per giungere fino a qui da Spriana (il dislivello approssimativo è di 1200 metri) sono ampiamente ripagate dal fascino e dalla suggestione di questi luoghi.
 

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