Monte Masuccio visto dall'alpe Schiazzera

In passato la Valtellina propriamente detta comprendeva il territorio che da Piantedo e Dubino arriva a Sondalo, diviso in tre Terzieri, inferiore, di mezzo e superiore. Oltre la stretta del Ponte del Diavolo, quindi a partire dalla Valdisotto, iniziava il territorio della Contea di Bormio, gelosa custode delle proprie autonomie, denominata anche Magnifica Terra per il clima felice, gli scenari ampi e luminosi e soprattutto la relativa prosperità economica legata ai commerci con le Tre Leghe Grigie (nell'attuale Cofederazione Elvetica) ed i paesi di lingua tedesca al nord.
Una lunga traversata di otto giorni, che coincide con altrettante tappe delle sezioni quarta e quinta del Sentiero Italia Lombardia nord (scarica qui una guida .pdf), permette di scoprire non certo tutti, ma molti degli scenari più suggestivi. Si tratta di una classica Alta Via, l'Alta Via della Magnifica Terra, appunto, piuttosto impegnativa per tempi di percorrenza e dislivelli, non però per difficoltà tecniche (non ci sono tratti attrezzati e solo il passo di Vermolera richiede esperienza escursionistica).
A rigore la traversata parte dalla Val Grosina, raccordandosi con il Sentiero Italia al ricovero Malghera. Si racconta qui, però, il tracciato del Sentiero Italia, che ha il pregio di offrire una buona segnalazione con la classica indicazione, sui cartelli, dell'acronimo S.I.


Lago di Schiazzera

TIRANO-RIFUGIO SCHIAZZERA O BIVACCO SALINA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Tirano-Roncaiola-Pra Baruzzo-Alpe Ghiaccia-Rif. Schiazzera
8-9 h
1680
E
Tirano-Roncaiola-Pra Baruzzo-Alpe Ghiaccia-Rif. Schiazzera-Bivacco Salina
9-10 h
1850
E
SINTESI. Dall'ingresso di Tirano per chi proviene da Milano ci portiamo alla rotonda nei pressi del Santuario della Madonna, imboccando, verso sinistra, la strada che si dirige verso il confine svizzero di Piattamala e lasciandola, dopo un breve tratto, per imboccare, sulla destra, la laterale via Valorsa. Oltrepassato l’incrocio con via Ràsica, raggiungiamo via S. Rocco, che, percorsa per un breve tratto verso sinistra, ci porta alla chiesetta di S. Rocco (m. 480) dove parte l'escursione (indicazioni del Sentiero Italia). Ci incamminiamo sulla stradina asfaltata che comincia a salire alla nostra sinistra, cioè verso nord-ovest. Al fondo in asfalto si sostituisce quello sterrato. La pista termina bruscamente, poco sopra la località Ronco; prima, però, la dobbiamo lasciare, sulla sinistra, ad un tornante destrorso, seguendo i segnavia bianco-rossi che indicano la partenza di una mulattiera la quale, superata la località Ronco, prosegue, nel bosco, in direzione nord-ovest, fino ad intercettare, a quota 800 metri circa, un sentiero con andamento quasi pianeggiante che proviene da destra. Qui roseguiamo verso destra (indicazioni per Roncaiola): la mulattiera si fa sentiero, con una traccia più stretta, ma sempre buona. Attraversiamo un bel bosco di castagni, con qualche rudere, e ci portiamo ad un nuovo bivio, seguendo di nuovo le indicazioni per Roncaiola. Dopo pochi minuti ci portiamo, così, alle prime case di Roncaiola (m. 802). Saliamo per una ripida mulattiera che, nel primo tratto, corre più bassa rispetto al livello dei prati ed è circondata da muretti a secco, poi attraversa una bella pineta, ed intercetta, poco sopra i 1000 metri, la pista sterrata che da Baruffini porta fino al Sasso del Gallo. Seguiamo le indicazioni relative al Sentiero Italia salendo verso sinistra (direzione nord-ovest), fino a raggiungere il filo del dosso che scende verso sud-ovest dal monte Masuccio, dove troviamo una cappelletta. Continuando a salire, attraversiamo un bosco che mostra le evidenti ferite di un incendio. Ad un nuovo bivio seguendo le indicazioni del S-I. lasciamo la pista imboccando un sentiero che se ne stacca sulla destra salendo verso Pradentia. Superata una pineta, usciamo sul limite orientale dei prati di Pradentia, a 1500 metri circa. Qui scendiamo su una pista che ci porta a monte dei prati di Zarè (m. 1420), nel cuore di una splendida pineta. Intercettata la carozzabile che sale da Baruffini, scendiamo per quanto centinaia di metri tagliando i prati di Pra’ Baruzzo (m. 1430) e imbocchiamo la pista che se ne stacca, sulla sinistra, dirigendosi verso l’alpe Ghiaccia (data a 30 minuti di cammino, mentre il rifugio Schiazzera è dato a 2 ore e 15 minuti; indicazioni del sentiero 201, S.I.). La pista sterrata che si dirige verso nord-est, fino a raggiungere, dopo una coppia di tornanti sx-dx, l’alpe Ghiaccia (m. 1686). Qui un nuovo cartello del S.I. dà il rifugio Schiazzera ad un'ora e 40 minuti. Proseguiamo verso nord-est, superiamo un vallone e raggiungiamo i prati di Sovo (m. 1727). Qui comincia la mulattiera costruita per fini militari, che sale a Pra’ Sovo (m. 1900), volge per un buon tratto a sinistra, per poi riprendere la direzione nord, aggirando il fianco sud-orientale del monte Masuccio, con un percorso che supera alcune vallecole. Dopo l’ultima traversata, ci ritroviamo a monte dell’ampia piana dell’alpe Schiazzera. Se intendiamo pernottare al rifugio Schiazzera, lasciamo le indicazioni del Sentiero Italiaprendendo a destra, ad un bivio segnalato, e scendiamo fino a quota 2097 metri, portandoci al rifugio Schiazzera. Altrimenti al bivio ignoriamo la deviazione per il rifugio Schiazzera e proseguiamo diritti, nella traversata dell'alto circo della Val Saiento. Volgendo a destra, il largo sentiero scavalca il ramo più occidentale del torrente Schiazzera. Effettuando un ampio arco in senso antiorario, seguiamo un largo cordone morenico e passiamo leggermente alti rispetto al laghetto di Pian Fusino (m. 2261), che vediamo alla nostra destra. Dopo un tratto, quasi pianeggiante, raggiungiamo la riva del tranquillo lago di Schiazzera (o lago Grande di Schiazzera), preceduto da una grande pozza (m. 2392). Proseguiamo, dunque, sulla pista, che volge gradualmente a destra, aggirando un poggio di rocce levigate. Alzandoci un po', raggiungiamo con lo sguardo il terzo laghetto dell'alta valle, il lac Brodeg (m. 2356). Passiamo, poi, a sinistra dell'arrotondata cima del poggio e proseguiamo, con tratto in leggera discesa, iniziando un lungo traverso, in direzione nord-est, che taglia il fianco meridionale della cima orientale di Schiazzera. Riprendiamo a salire, passando a sinistra di una grotta attrezzata a fortificazione e piegando leggermente a sinistra, fino a raggiungere il vallone centrale della valle, dove scorre un torrentello, a quota 2417. Qui un nuovo cartello escursionistico del Sentiero Italia dà l'alpe Salina ad un'ora e 20 minuti. Proseguiamo diritti, seguendo ancora la pista, ed iniziamo una salita con pendenza moderata, che ci porta, descritto un ampio arco in direzione sud-est prima, sud-sud-est, poi, a toccare il filo dell'ampio crinale erboso che separa la conca di Schiazzera dall'aspro versante retico a monte di Vione, solcato dalle valli di Ruini e di Pradei. La pista lo percorre, in discesa, per un buon tratto, passando da quota 2440 a quota 2280 circa. A questo punto, giunti alla croce che dà il nome al monte (Monte Croce, m. 2279), comincia a scendere sul versante opposto. Volgendo a sinistra (nord), proseguiamo nella discesa del ripido versante, tagliandolo in diagonale, attraversando un vallone, aggirando un dosso e portandoci alle poche baite dell'alpe Salina, dove si trova l'omonimo bivacco (m. 2174).


Apri qui una fotomappa del versante retico sopra Tirano

La prima tappa della traversata (quarta tappa del Sentiero Italia Lombardia nord IV: le prime tre tappe effettuano una traversata dal rifugio Cristina a Tirano, passando per l'alta Val Painale - Val di Togno - e l'alta Val Fontana) parte da Tirano e termina al rifugio Schiazzera in Val Saiento o al bivacco alpe Salina. Si tratta di una tappa fisicamente impegnativa, che si articola fra scenari diversi.
Partiamo dunque da Tirano, entrando per il viale che percorre chi proviene da Milano. Dobbiamo imboccare, alla rotonda nei pressi del Santuario della Madonna, la strada che va a sinistra e si dirige verso il confine svizzero di Piattamala, lasciandola, dopo un breve tratto, per imboccare, sulla destra, la laterale via Valorosa. Oltrepassato l’incrocio con via Ràsica, raggiungiamo, così, via S. Rocco, che, percorsa per un breve tratto verso sinistra, ci porta alla chiesetta.
Da qui (m. 480) parte la lunga escursione. Troviamo alcuni cartelli, che ci segnalano che questo è anche il punto di partenza del Sentiero Italia, nella sezione che, da Tirano effettua una traversata alla Val Grosina, congiungendosi con l’Alta Via della Magnifica Terra. I cartelli segnalano alcune possibili mete raggiungibili partendo da qui: Roncaiola, data ad un’ora e 15 minuti, Nasen, data ad un’ora e venti minuti, il Sasso del Gallo, dato a 2 ore e 5 minuti, Prà Baruzzo, dato a 3 ore e 30 minuti, il lago di Schiazzera, dato a 6 ore e 30 minuti ed infine l’alpe ed il bivacco Salina, dati ad 8 ore e 30 minuti. Incamminiamoci, dunque, sulla stradina asfaltata che comincia a salire alla nostra sinistra, cioè verso nord-ovest. Al fondo in asfalto si sostituisce quello sterrato.
La pista termina bruscamente, poco sopra la località Ronco; prima, però, la dobbiamo lasciare, sulla sinistra, ad un tornante destrorso, seguendo i segnavia bianco-rossi che indicano la partenza di una mulattiera la quale, superata la località Ronco, prosegue, nel bosco, in direzione nord-ovest, fino ad intercettare, a quota 800 metri circa, un sentiero con andamento quasi pianeggiante che proviene da destra. Qui un nuovi cartelli chiariscono le possibilità di prosecuzione della camminata: prendendo a destra possiamo raggiungere in 30 minuti Roncaiola ed in un’ora e 15 minuti Baruffini, mentre proseguendo a salire verso sinistra siamo in un’ora e 20 minuti a Sasso del Gallo ed in un’ora e 35 minuti a Nasen. Se, poi, vogliamo passare il confine, a 4 ore e 20 minuti dal bivio si trova lo xenodochio di San Romerio, in Valle di Poschiavo.
Proseguiamo verso destra: la mulattiera si fa sentiero, con una traccia più stretta, ma sempre buona. Attraversiamo un bel bosco di castagni, con qualche rudere solitario che consuma, in una solitudine rotta solo raramente da passi d’uomo, il proprio triste sprofondare nel grembo del tempo. Raggiungiamo, poi, un nuovo bivio, anche qui corredato di cartelli quanto mai opportuni, che segnalano la duplice possibilità di proseguire Roncaiola (data a 15 minuti) e Baruffini (dato ad un’ora), oppure per Nasen (data a 30 minuti), Refreggio (dato a 55 minuti) e Sasso del Gallo (dato ad un’ora e 25 minuti). Scegliamo la prima direttrice: dopo pochi minuti ci portiamo, così, alle prime case di Roncaiola (m. 802), presso le quali possiamo trovare anche una simpatica fontana.


Il Sentiero Italia, da Rasica al Piazzo, sulla base di Google Earth (fair use)

Se ci fermiamo e volgiamo lo sguardo alle nostre spalle, potremo scorgere uno scorcio del versante settentrionale della Val Saiento, la prima laterale occidentale della Valle di Poschiavo. Qualche passo ancora, e siamo sul sagrato della secentesca chiesetta dedicata ai santi Stefano e Lucia. Da qui il panorama è davvero ampio, soprattutto in direzione della piana della media Valtellina, da Tirano fino a Teglio. Vale la pena di segnalare, per chi volesse raggiungere quest’amena località per una via più diretta, che ad essa sale una mulattiera che parte, segnalata, dalla strada Tirano-Baruffini (termine connesso con il verbo longobardo “rauffen”, cioè “azzuffarsi”), la quale, a sua volta, si raggiunge percorrendo via Andres, nella parte nord-orientale di Tirano. A Roncaiola, infine, si può salire anche in automobile: basta seguire la già citata strada per Baruffini, staccandosene ad uno svincolo, segnalato, sulla sinistra, posto ad un tornante destrorso (da Tirano a Roncaiola si calcolino circa 3,7 km). Nei pressi della chiesa troviamo la partenza della mulattiera sopra menzionata, che scende direttamente a Tirano.
Noi, invece, dobbiamo proseguire in direzione opposta, salendo per una ripida mulattiera che, nel primo tratto, corre più bassa rispetto al livello dei prati ed è circondata da muretti a secco. Al termine della salita, che effettuiamo, nell’ultimo tratto, all’ombra di una bella pineta, intercettiamo, poco sopra i 1000 metri, la pista sterrata che da Baruffini porta fino al Sasso del Gallo, dove, nei pressi del confine italo-svizzero, si trova l’edificio di un’ex-caserma della Guardia di Finanza. Anche qui, gli immancabili e graditissimi cartelli ci sono d’aiuto, e segnalano che scendendo verso destra siamo, in 20 minuti, a Baruffini, mentre salendo verso destra siamo, in 50 minuti, a Sasso del Gallo, dove la pista prosegue, entrando in territorio svizzero, e raggiungendo Viano (ad un’ora e trenta dal punto nel quale ci troviamo) e San Romerio (a 3 ore e 45 minuti). Le indicazioni relative al Sentiero Italia, che stiamo sempre percorrendo, riguardano, invece, le località di Pradentia, data ad un’ora e 30 minuti, e Pra’ Baruzzo, dato a 2 ore, oltre che il lago di Schiazzera, dato a 4 ore e 54 minuti.
Continuiamo salendo verso sinistra (direzione nord-ovest), fino a raggiungere il filo del dosso che scende verso sud-ovest dal monte Masuccio, e dove troviamo una cappelletta. Continuando a salire, ci troviamo circondati da un paesaggio sempre più desolato: a monte, infatti, il bosco mostra le evidenti ferite di un incendio. Ed è in questo scenario che troviamo un nuovo bivio: i cartelli chiariscono che proseguendo sulla pista ci dirigiamo verso Sasso del Gallo (già abbiamo intravisto dalla pista l’edificio giallo dell’ex-caserma della Guardia di Finanza), dato a mezzora, mentre percorrendo un sentiero che se ne stacca sulla destra siamo, in un’ora ed un quarto, a Pradentia. Scegliamo questa seconda possibilità e continuiamo a salire, nel cuore di un paesaggio desolato, ma, a suo modo, nelle giornate di sole, affascinante.


Sentiero per Pradentia


Il Sentiero Italia dal Piazzo a Pradentia, sulla base di Google Earth (fair use)

Intercettiamo, così, presso una formazione rocciosa rossastra, un sentiero che proviene da sinistra. Qui, aiutati dagli immancabili cartelli, prendiamo a destra, sempre per Pradentia, data a 45 minuti (prendendo, invece, a sinistra si scende a Sasso del Gallo). Entriamo, quindi, in una bella pineta, per uscire, finalmente, sul limite orientale dei prati di Pradentia, a 1500 metri circa. Qui, oltrepassate poche baite, troviamo una pista, che ci fa perdere, scendendo con qualche tornante, alcune decine di metri, prima di effettuare una breve traversata che ci porta a monte dei prati di Zarè (m. 1420), nel cuore di una splendida pineta.
Intercettata la carozzabile che sale da Baruffini, scendiamo per quanto centinaia di metri tagliando i prati di Pra’ Baruzzo (m. 1430) e imbocchiamo la pista che se ne stacca, sulla sinistra, dirigendosi verso l’alpe Ghiaccia (data a 30 minuti di cammino, mentre il rifugio Schiazzera è dato a 2 ore e 15 minuti; indicazioni del sentiero 201, S.I.).
La pista sterrata che si dirige verso nord-est, fino a raggiungere, dopo una coppia di tornanti sx-dx, l’alpe Ghiaccia (m. 1686). Qui un nuovo cartello del S.I. dà il rifugio Schiazzera ad un'ora e 40 minuti. Proseguiamo verso nord-est, superiamo un vallone e raggiungiamo i prati di Sovo (m. 1727). Qui comincia la mulattiera costruita per fini militari, che sale a Pra’ Sovo (m. 1900), volge per un buon tratto a sinistra, per poi volgere a destra e riprendere la direzione nord, aggirando il fianco sud-orientale del monte Masuccio, con un percorso che supera alcune vallecole.


Il Sentiero Italia da Pradentia a Pra' Baruzzo, sulla base di Google Earth (fair use)

Si tratta di una mulattiera che tradisce la sua origine militare perché è tracciata con sapienza, assecondando le curve di livello, in modo che la pendenza sia regolare e mai eccessiva. Questo allunga un po' il percorso, ma consente di camminare senza stancarsi troppo.
Mentre lavorano le gambe, camminano anche i pensieri: che ci fa una pista militare così ben curata in un luogo pacifico e solitario come questo? La risposta ci porta agli scenari della prima guerra mondiale ed alle preoccupazioni del generale Cadorna, che non si fidava della neutralità elvetica ed era convinto che lo stato maggiore svizzero, simpatizzando per gli austro-ungarici, potesse concedere loro il passaggio attraverso la valle di Poschiavo, che sarebbe risultato rovinoso per la situazione italiana, in quanto avrebbe tagliato fuori il fronte dell'Ortles-Cevedale-Adamello, esponendo la pianura lombarda ad una catastrofica invasione. Per questo il Cadorna fece tracciare, sui versanti retico ed orobico, una fitta rete di mulattiere che servivano postazioni le quali sarebbero servite a bersagliare dall'alto l'esercito invasore. Sulla pista, dunque, dovevano passare non solo truppe, ma anche muli e pezzi d'artiglieria: questo spiega la cura con la quale fu tracciata. Non servì, però, mai, per fortuna, al suo scopo.


Il Sentiero Italia dal Piazzo da Pra' Baruzzo a Sovo, sulla base di Google Earth (fair use)


Il Sentiero Italia da Sovo alla Val Saiento, sulla base di Google Earth (fair use)


Il Sentiero Italia in Val Schiazzera, sulla base di Google Earth (fair use)

Dopo l’ultima traversata, ci affacciamo alla Val Saiento e ci ritroviamo a monte dell’ampia piana dell’alpe Schiazzera. Se intendiamo far tappa al rifugio Schiazzera, ad un bivio segnalato lasciamo il Sentiero Italia e scendiamo verso destra su un sentiero che porta al rifugio Schiazzera (m. 2097), dove possiamo pernottare nel periodo di apertura estiva.
Il rifugio è ricavato dall'edificio
dell’ex-caserma della Guardia di Finanza posta all'ingresso dell’alpe Schiazzéra (rifugio Alpe Schiazzera).


Rifugio Alpe Schiazzera

La presenza di una caserma della Guardia di Finanzia non stupisce: l'alta Val Saiento consente un passaggio abbastanza facile alla Valle di Poschiavo (il passo chiamato Portone) ed alla Valle Piana, laterale della Val Grosina occidentale, dalla quale, poi, è, di nuovo, facile il passaggio, per diverse vie, alla Valle di Poschiavo. Questo spiega il passaggio di contrabbandieri su questi sentieri, e l'azione di contrasto operata dai Finanzieri.


Il Sentiero Italia in Val Saiento, sulla base di Google Earth (fair use)

Se invece vogliamo appoggiarci al bivacco Salina, al bivio ignoriamo la deviazione per il rifugio Schiazzera e proseguiamo diritti. Volgendo a destra, il largo sentiero scavalca il ramo più occidentale del torrente Schiazzera, che scende dal lac Brodeg brontolando rumorosamente per cose sue, come fanno tutti i torrenti. Lo lasciamo dire e procediamo: dopo qualche giravolta, aggiriamo un dosso e, quasi d'incanto, la sua voce scompare.


Il monte Masuccio

Effettuando un ampio arco in senso antiorario, seguiamo un largo cordone morenico e passiamo leggermente alti rispetto al laghetto di Pian Fusino (m. 2261), che vediamo alla nostra destra. Il laghetto è posto sul limite occidentale dell'ampia e bucolica spianata chiamata Pian Fusino, dove indugiano ancora, pigramente, le mucche al pascolo. Ci avviciniamo ad una soglia ed abbiamo la netta impressione che dietro di essa si celi il lago di Schiazzera. In realtà c'è ancora un tratto, quasi pianeggiante, prima di giungere presso le rive del tranquillo lago di Schiazzera (o lago Grande di Schiazzera), preceduto da una grande pozza (m. 2392). La zona è tranquilla ed appartata: vegliano sul lago, a nord, le tre cime chiamate di Schiazzera (da ovest, m. 2818, 2813 e 2800). Alla loro sinistra, il pizzo chiamato l'Ometto (m. 2769), legato ad una leggenda che, nella sosta, possiamo anche ascoltare e meditare.
Ebbene, viveva un tempo a Grosio un uomo che tale consapevolezza aveva interamente smarrito. Il suo nome era Michelozzo, signore di Grosio, uomo di rara presuntuoso. Credeva di essere invincibile, di sapersi trarre da ogni impaccio, e se ne stava così, pieno di sé, nel suo castello. Una sera dimenticò di dire le preghiere, ed il diavolo piombò nella sua camera, nella torre del castello, portandoselo via, in un vorticoso viaggio aereo nelle tenebre profonde. Poi venne il momento di lasciarlo, perché la notte volgeva al termine. ma prima di farlo, il diavolo gli rivolse queste parole beffarde: "Prova, ora, tu che credi di poter tutto, a tornare al tuo castello. Provaci, ometto!"
Michelozzo, senza sapere come, si ritrovò in cima ad un monte che precipita a picco sulla Val di Poschiavo. Non sapeva dove fosse, né come tornare alla propria dimora. Capì, allora, quanto fosse debole, e bisognoso d'aiuto. Così, con umiltà, pregò i Santi che lo aiutassero. Venne S. Michele, e Michelozzo cadde ai suoi piedi, ringraziandolo. Il santo lo riportò a volo al suo castello. Aveva capito la lezione: l'uomo che confida solo nelle sue forze è uno sciocco. Da allora divenne saggio ed umile, mentre la cima che gli aveva fatto vivere l’esperienza del più profondo disorientamento venne chiamata “Ometto”, quasi a ricordare che ogni uomo, in fondo, è ometto. C'è da aggiungere, per scrupolo, che la cima di cui narra la leggenda potrebbe anche essere quella un po' più a nord, alla testata della Val Pedruna (Val Grosina Occidentale), chiamata Sasso dell’Uomo, o Ometto (om, m. 2789).
Ma il grande protagonista dello scenario è alle nostre spalle, a sud. Il monte Masuccio (m. 2816), che ci ha già mostrato, sul nostro lato di sinistra, un volto arcigno nella salita, ora appare con una forma inattesa ed arcana, un cono quasi perfetto, che si innalza, imperioso ed enigmatico, sulla spianata dell'ampia valle.
Giungiamo ad un cartello escursionistico, che ci propone un bivio: lasciando la pista ed imboccando un largo sentiero sulla sinistra si sale, in 40 minuti, al passo Portone (sentiero 230). La pista militare, invece, accompagna il Sentiero Italia (201) e porta in un'ora ed un quarto al monte Croce, in 4 ore e 10 minuti all'alpe Piana ed i 7 ore a Malghera.
Proseguiamo, dunque, sulla pista, che volge gradualmente a destra, aggirando un poggio di rocce levigate. Alzandoci un po', raggiungiamo con lo sguardo il terzo laghetto dell'alta valle, posto a sud del lago di Schiazzera, in direzione del monte Masuccio: è chiamato localmente lac Brodeg (m. 2356), cioè lago sporco, per il colore opaco delle acque. Passiamo, poi, a sinistra dell'arrotondata cima del poggio e proseguiamo, con tratto in leggera discesa, iniziando un lungo traverso, in direzione nord-est, che taglia il fianco meridionale della cima orientale di Schiazzera.
Riprendiamo a salire, passando a sinistra di una grotta attrezzata a fortificazione e piegando leggermente a sinistra, fino a raggiungere il vallone centrale della valle, dove scorre un torrentello, a quota 2417. Qui un nuovo cartello escursionistico del Sentiero Italia dà l'alpe Salina ad un'ora e 20 minuti, l'alpe Piana a 3 ore e 45 minuti e Malghera a 6 ore e 35 minuti. Seguendo ancora la pista, iniziamo una salita con pendenza moderata, che ci porta, descritto un ampio arco in direzione sud-est prima, sud-sud-est, poi, a toccare il filo dell'ampio crinale erboso che separa la conca di Schiazzera dall'aspro versante retico a monte di Vione, solcato dalle valli di Ruini e di Pradei. La pista lo percorre, in discesa, per un buon tratto, passando da quota 2440 a quota 2280 circa. A questo punto, giunti alla croce che dà il nome al monte (Monte Croce, m. 2279), comincia a scendere sul versante opposto.
Volgendo a sinistra (nord), proseguiamo nella discesa del ripido versante, tagliandolo in diagonale, attraversando un vallone, aggirando un dosso e portandoci alle poche baite dell'alpe Salina, dove si trova l'omonimo bivacco (m. 2174), in uno scenario di solitudine profonda, in cima ad una valle cui è toccato il triste nome di Val di Ruini.
Nella sosta, possiamo meditare quanto Ivan Fassin ha scritto della Val Saiento nel volumetto “Il conglomerato del diavolo – Fantasticheria alpine” (L’officina del Libro, Sondrio, 1991): “L'approccio è, veramente, poco pellegrinale: si sale in macchina per una carrabile stretta e sassosa, ma non molto ripida, fin sotto il ciglione di Schiazzera. Perché infatti il percorso si snoda a partire da questo lato della montagna, e si inoltra nella valle a chiocciola per compiere un giro completo fino alla base della vera e propria vetta. Si sale dunque oltre la barriera di rocce su un breve tratto di mulattiera selciata, ci si inoltra nel pianoro, passando accanto ai ruderi della vecchia caserma della Guardia di Finanza, poi si sale di balza in balza entro un orizzonte limitato dalla barriera dei monti all'esterno, e ombreggiato dal cono della vetta dall'altra parte.


Laghetti di Schiazzera

Quasi subito si scorge un grande conoide di massi che scende dalla cima, anzi da un imbuto sovrastante, con cui forma una sorta di gigantesca clessidra, simbolo del tempo inesorabile. In alto infatti gli agenti atmosferici sfaldano la roccia friabile, che lentamente si sbriciola e giù per un canale stretto scende ad ingrandire l'ammasso sottostante.
Sui diversi ripiani che costituiscono il fondo della valletta sono distribuiti alcuni laghetti, al centro di altrettanti piccoli circhi glaciali.
Più avanti, volgendo a sud, si deve superare un'altra balza di rocce rotte per entrare nel circo più alto, sotto la vetta. Fin qui l'orizzonte non è mai stato ampio, il cammino si è svolto sempre dentro la valle ritorta; d'improvviso si supera il livello delle barriere e l'orizzonte si apre sulle Retiche e sull'Adamello, vastissimo.
Lungo il percorso si incontrano molte altre "cose", non tutte enumerabili qui: la baita dell'alpe Schiazzera, rudimentale, ma non priva di confort; la strada militare che entra nella valle venendo dalla direzione di Baruffini, percorre poi uno strano tortuoso tracciato seguendo approssimativamente la curva di livello dei 2400 mt. di quota. Su un'altura (mt. 2425 ca.), arrotondata dall'antico ghiacciaio, tra il laghetto di Pian Fusino e il lago Schiazzera, non lontano da dove la strada militare fa una svolta per tornare sull'altro versante della valle, un cumulo di sassi, quasi un altare primordiale, consente di traguardare la cima sita a sud-est, e osservare il gioco del sole che d'autunno e d'inverno s'affatica per superare il cono della vetta.
Sulla cima, alta sulla valle e sui circhi che l'attorniano formando una grande spira, piace pensare si sia soffermato S. Michele, prima di scendere a posarsi sulla cupola della Basilica della Madonna di Tirano.” Il riferimento di Fassin è alla battaglia di Tirano del 1620, nella quale le truppe delle Tre Leghe Grigie,
calate in Valtellina per soffocare la ribellione dei nobili cattolici che avevano fatto strage dei protestanti, furono sconfitte e costrette temporaneamente a sgomberarla, anche grazie, si disse ben presto, ad un intervento miracoloso del capo dell’esercito celeste, l’arcangelo Michele, sceso dal cielo a dar vita alla statua posta in cima al Santuario della Madonna di Tirano e a dar manforte ai ribelli valtellinesi

CARTE DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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