Val Lesina orientale

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Delebio-Canargo-Baita del Dosso-Ponte di Stavello-Canargo-Andalo Valtellino-Delebio
5 h
850
E
SINTESI. Lasciamo la ss. 38 dello Stelvio alla prima rotonda all’ingresso di Delebio (per chi proviene da Colico): alla chiesa parrocchiale svoltiamo a destra, saliamo in direzione del versante orobico fino alla centrale idroelettrica (Basalùn), dove parcheggiasmo (m. 235) incamminandoci sulla strada lastricata che passa per Campo Beto e Piazzo Minghino (m. 532). Poco sopra, ad un bivio, prendiamo la stradella di sinistra che sale diritta a Canargo di Sotto (m. 920) e Canargo di Sopra (m. 987). Procediamo per breve tratto, fino al bivio segnalato al quale prendiamo il sentiero che se ne stacca sulla sinistra (indicazioni per il bivacco Alpe del Dosso). Scendiamo gradualmente al ponte sospeso (m. 847) e ci portiamo sul fianco occidentale del Dosso Lungo, risalendo sulla mulattiera protetta (attenzione!) che si porta al centro del dosso, ad un bivio, al quale prendiamo a sinistra, in leggera discesa (segnavia rosso-bianco-rosso su una pianta), passando per la Baita del Dosso (aperta; m. 1023). Il sentiero poi piega a sinistra e scende per un tratto rapidamente verso nord. Il sentiero poi scarta bruscamente a destra, proseguendo verso sud e portandosi ad un marcato e ripido vallone per il quale passa il confine fra il territorio del Comune di Delebio e quello di Andalo. Procediamo con attenzione superando i passaggi esposti e ci portiamo sul lato orientale del vallone, dove il sentiero volge a sinistra e prosegue la traversata del dosso verso est, scendendo leggermente. Alla fine il sentiero intercetta quello più marcato che sale in direzione dell'alpe Mezzana. Noi lo seguiamo scendendo verso sinistra e portandoci a ridosso del torrente Lesina. In breve ci portiamo al ponte in pietra di Stavello o Ponte delle Guardie (m. 889). Sul lato opposto percorriamo il sentiero verso nord-ovest, a tratti scavato nella roccia, che porta a Revolido (m. 883), dove diventa una stradella che scende diritta ad Andalo (più in basso incrocia una strada più larga, che possiamo seguire in alternativa alla stradella). La strada passa sopra la chiesa parrocchiale e scende ad Andalo. Qui procediamo verso ovest, varchiamo il ponte sul torrente Lesina, torniamo a Delebio e procedendo verso ovest ci riportiamo al parcheggio della centrale idroelettrica.


Canargo e Val Lesina orientale

La Val Lesina (Val Lésna, dal nome del torrente Lésna, già citato nel 1204 come "aque de Lexina") è la prima valle orobica che si apre a sud entrando in Valtellina. Nonostante sia una delle più ampie valli di tutto il versante orobico valtellinese, è anche una delle più selvagge e meno conosciute, per la mancanza di agevoli vie d'accesso carozzabili. La valle è divisa in due rami principali, quello orientale, solcato dalla Lesina di Mezzana (Lésna de Mezzana) e quello orientale, solcato dalla Lesina di Lüserna e di Cappello. Al centro, a dividere le due sezioni, il Dosso Lungo (localmente , il “dos”) che degrada a nord dal pizzo Stavello di Lucerna (m. 2258). E' possibile, passando per il Dosso Lungo, percorrere un anello che tocca l'intera valle. Un anello basso, perché per l'anello alto servirebbero un paio di giorni, considerato che la valle, in linea d'aria, da nord a sud come anche da est ad ovest misura 7 km. Punto di partenza ed arrivo è Delebio.


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Lasciata l'ex-statale 38 dello Stelvio sulla destra (per chi proviene da Milano) in corrispondenza della chiesa parrocchiale di San Carpoforo di Delebio, saliamo alla parte alta del paese, portandoci al parcheggio presso la centrale idroelettrica a ridosso del monte, in località Basalùn. Lasciata qui l'automobile, ci incamminiamo sulla stradella acciottolata che sale ripida ai maggenghi sopra il paese. Ignorate le deviazioni sulla destra per Verdione e Nogheredo, incontriamo il cartello escursionistico che dà Osiccio ad un'ora e la capanna Legnone a 2 ore e 40 minuti.


Piazzo Minghino

Passiamo poi per la località "Praa de la Rusina” (ma di prati non se ne vedono: il bosco se li è mangiati) prima di raggiungere la località Campo Beto (Cambèèt, m. 460, località menzionata in un documento del 1578 come "Dossum de Bettis" ed in uno del 1780 come "Case di Betti", con riferimento alla famiglia Betti che figura residente in contrada Nogaredo fin dal 1535), dove si trova anche un Tempietto eretto nel 1984 dal “Gruppo Alpini Delebiese e amici in segno dell'amore e ricordo di tutti i suoi caduti”. Un paio di tornanti ancora e usciamo alla radura di Piazzo Minghino (Ciazménghìn o Césmenghìn, m. 532), dove si trova un piccolo bacino idroelettrico che alimenta la centrale della Ditta Carcano. Poco sopra siamo alla località Tagliata (Taiàda: anche qui, a dispetto del nome, nessun prato) e ad un bivio: la stradella acciottolata di sinistra sale ad Osiccio (Usìcc', località citata in diversi documenti del Cinquecento nelle forme "Osigio" e "Osegio"; l'Orsini ritiene suggestivamente che questo toponimo derivi dall'etrusco "usìl", cioè "sole"). Un cartello della Gran Via delle Orobie (G.V.O.), che proprio da Delebio parte e nella sua prima tappa sale all'alpe Legnone, dà Osiccio a 40 minuti, l'alpe Legnone a 3 ore e 10 minuti e l'alpe Piazza (per la quale passa la seconda giornata) a 7 ore e 30 minuti.


Canargo

Noi però imbocchiamo la stradella di sinistra ("Strada de Pansùn", chiamata così perché termina alla località Pansone sopra Canargo), che alterna tratti con fondo sterrato a tratti con fondo acciottolato o in cemento. È la stradella che sale diretta a Canargo. Dopo il primo tratto di salita (la stradella alterna strappi severi a tratti più umani) passiamo per la località Tinello (Tinél), che altro non propone se non una gradita fontanella. Un bel pezzo più in alto attraversiamo la Valcava, un modesto ma ripido avvallamento, poi, ignorata una pista che si stacca sulla sinistra, usciamo dall'ombra della selva per raggiungere le baite di Canargo di Sotto (m. 920). La Val Lesina comincia a mostrare uno scorcio del suo ramo orientale, mentre a nord la Costiera dei Cech richiama l'antichissima rivalità in bassa Valtellina fra Cech, appunto, e Maròch, gli abitanti dei comuni del versante orobico.
Uno strappo breve ma severo ci porta poi alle baite di Canargo di Sopra (m. 987, "Canàrch de sura", località citata in diversi documenti del Cinquecento nella forma "Canargum"), dove arriva anche una stradella che traversa fin qui da Osiccio di Sopra. Lasciamo l'ultima baita alle spalle e procediamo ancora sulla stradella (che termina molto più avanti) e la seguiamo per un breve tratto, fino a trovare i cartelli che segnalano un sentiero (dal nome curioso di "Sentée del grìis") che se ne stacca sulla sinistra e che conduce in un'ora e mezza al bivacco Alpe Dosso (mentre restando sulla stradella e poi per sentiero si sale all'alpe Luserna in un'ora e mezza). Lasciamo la pista ed imbocchiamo il sentiero, ben marcato (non ci sono segnavia, ma non possiamo perderlo), che scende alternando tratti in piano e tratti in moderata discesa, verso sud-sud-est, tagliando il boscoso fianco della valle.


Ponte del Dosso

Il rumore del torrente Lesina (ramo occidentale) comincia a farsi sentire, ed alla fine della traversata ci portiamo proprio al guado (località Ponte del Dosso, “Punt del Dòs”, m. 847), per il quale è stato di recente costruito un nuovo ponte sospeso (sul modello dei ponti tibetani, alquanto oscillanti se li si percorre con troppo impeto). Il nuovo ponte ha sostituito uno precedente, più fermo ma strutturalmente più debole, costituito da assi sostenute da putrelle che poggiavano su spalle in muratura. La trazione dei fianchi della valle aveva deformato "a esse" le putrelle. L'instabilità del versante è testimoniata dal materiale alluvionale depositato sulle rive del ramo occidentale del torrente Lesina (che a sua volta raccoglie i rami della Lésna de Lüserna e della Lésna de Capél). Per disporci all'attraversamento con il giusto stato d'animo troviamo un cartello, il primo di una serie che accompagna la salita al bivacco Alpe del Dosso (che però non è nostra meta). Leggiamo: “Il Consorzio Montagna Viva desidera accompagnarti durante il tragitto con allegria e qualche spunto per meditare, immerso in una splendida vegetazione”. Il consorzio delebiese non si è limitato ad apporre i cartelli, ma ha curato gli interventi preziosissimi di messa in sicurezza del sentiero che risale il Dosso Lungo, oltre che l'apertura del bivacco. Non possiamo che essergliene profondamente grati.


Mulattiera protetta

Poniamo piede dunque sul fianco occidentale del Dosso Lungo e gli scenari cambiano. Siamo nella parte bassa del dosso, caratterizzata da versanti ripidissimi ed impressionanti. Il sentiero, una mulattiera protetta, è sempre largo, spesso ben scalinato ed in più punti protetto da corrimano in legno, ma ugualmente incute timore, complice anche l'ombrosità dei luoghi ed il fatto che, salendo, vediamo bene i salti sopra i quali dobbiamo passare. Concentrazione e calma, dunque. Non bastasse, ci accoglia subito una croce, dedicata alla memoria di Enrico Molatore (1949-2014), profondo conoscitore di questi luoghi ed appassionato cercatore di funghi, che ha pagato la sua passione con uno scivolone mortale. Osservano i nostri sforzi e le nostre titubanze bellissimi esemplari di faggi ed abeti, che di problemi del genere proprio non ne hanno. Dopo una prima rampa protetta ed una passerella in legno, cominciamo ad aggirare il versante per portarci al centro del dosso. I corrimano accompagnano buona parte della traversata, ma un passaggio su roccette umide impone attenzione. Più avanti una sorprendente bellissima scalinata, che non stonerebbe in ambiente urbano, ci sorprende in una natura così selvaggia. Intanto la voce sempre corrucciata del torrente si è spenda, si leva il profondo silenzio della pecceta, che lascia spazio solo al canto degli uccelli. Altri tratti ben lastricati conducono ad un ponticello in legno. Dopo un'ultima salitella abbiamo l'impressione che lo scenario sia mutato. Alla nostra sinistra sembra che i dirupi impressionanti non ci siano più.


Mulattiera protetta

Un versante sempre ripido ed insidioso, ma ormai il dosso mostra un volto meno arcigno. In breve siamo ad un bivio (che poi è un trivio), alla Posa (ce lo dice una panchina in legno: “posa” significa luogo in cui si posa il carico per riposare). Due cartelli escursionistici della Comunità Montagna di Morbegno segnalano che salendo a destra si sale in un'ora al bivacco Alpe Dosso, mentre proseguendo diritti si traversa in un'ora al Ponte di Stavello. Proseguiamo diritti, e dopo pochi passi vediamo che il sentiero si biforca: quello di sinistra (freccia bianca e segnavia rosso-bianco-rosso con numerazione 125 sul tronco di un albero) scende leggermente e traversa al ponte di Stavello (sul ramo orientale del torrente Lesina), mentre un sentierino sale leggermente verso destra nella direzione che un cartello del Consorzio Montagna Viva segnala portare al Rifugio baita del Dosso. Si tratta in realtà di un bivacco, cioè di una struttura sempre aperta ricavata dalla Baita del Dosso.


La Baita del Dosso

Seguiamo ora il sentiero che scende leggermente a sinistra (segnavia rosso-bianco-rosso con numerazione 125 su un tronco), passando presso la Baita del Dosso (ristrutturazione della stalla semidiroccata chiamata "Bàrach del Dos", m. 1023, che faceva parte del sistema degli alpeggi del Dosso chiamato nel suo insieme "Munt del Dòs" m. 1023: oggi la struttura è un punto di appoggio sempre aperto per gli escursionisti, e alcuni cartelli la chiamano "Rifugio Baita del Dosso").
Il sentiero poi piega a sinistra e scende per un tratto rapidamente verso nord. Il sentiero poi scarta bruscamente a destra, proseguendo verso sud e portandosi ad un marcato e ripido vallone per il quale passa il confine fra il territorio del Comune di Delebio e quello di Andalo. Procediamo con attenzione superando i passaggi esposti e ci portiamo sul lato orientale del vallone, dove il sentiero volge a sinistra e prosegue la traversata del dosso verso est, scendendo leggermente.


Ponte di Stavello

Alla fine il sentiero intercetta quello più marcato che sale in direzione dell'alpe Mezzana. Noi lo seguiamo scendendo verso sinistra e portandoci a ridosso del torrente Lesina (Lésna de Mezzana). In breve ci portiamo al ponte in pietra di Stavello o Ponte delle Guardie (Punt de Stavél, Punt di Guardi, Punt de la Ràsega o Punt de la Ràsig, m. 889), un piccolo capolavoro di ingegneria alpina. Qui anticamente esisteva una segheria che sfruttava la forza delle acque del torrente, che da una cascatella.
Poco oltre, sul sentiero al di là del ponte, che prosegue quasi scavato nella roccia, accadde un epico scontro fra le incarnazioni delle due anima della valle, quella dell'alpeggio e quella della natura selvaggia. Un toro ed un orso si trovarono muso a muso sul sentiero, che era troppo stretto perché passassero entrambi. Fu scontro per la vita e per la morte. L'orso si rizzò in piedi avventandosi sul toro, ma non aveva previsto che questi abbassasse il muso e da sotto gli infilasse le corna nel ventre. L'orso urlò forte e cercò di ferire con gli artigli il toro, ma questi, per quanto ferito, non lasciò la presa, anzi puntò le zampe per tenere inchiodato l'orso contro la roccia. Così l'orso perse gradualmente forza e morì dissanguato, ma neppure il toro si mosse, ed in questa posizione finì i suoi giorni. Chissà se questa storia ha una morale.


Sentiero Ponte di Stavello-Revolido

Per noi la morale è che dobbiamo proseguire sull'emozionante e comodo sentiero che, protetto da corrimano, procede in piano verso nord-ovest e taglia il versante quasi verticale sospeso sopra il profondo solco scavato dal torrente Lesina. Dopo un tratto più tranquillo, superiamo una valletta e ci portiamo al punto in cui il sentiero corre a ridosso della roccia. A tratti sembra che il freddo alito del torrente salga dall'abisso che intuiamo aprirsi alla nostra sinistra. Il bosco torna a farsi fitto e dopo una ventina di minuti il baratro della Val Lesina sembra farsi più lontano. Tutto diventa più rassicurante, ed alla fine compaiono anche i segni della presenza umana, la manciata di baite di Revolido (Revulìì, m. 883, un tempo maggese o maggengo; oggi i prati se li è quasi interamente ripresi il bosco).


Revolido

Il sentiero, con numerazione “121”, prosegue verso nord, nel primo tratto in piano. Si tratta in realtà di una stradella, stretta ma percorribile da veicoli autorizzati, tanto che qualcuno di essi sale fin qui. Superata poi la deviazione a destra del sentiero che traversa all'Avert, cominciamo a scendere con decisione. Il fondo è elegantemente acciottolato, la pendenza molto ripida, il che, se ha il vantaggio di accorciare i tempi della discesa, la parte più antipatica delle escursioni, sicuramente non fa la gioia di piedi e ginocchia. La monotonia della discesa è interrotta da un paio di piste che si staccano sulla sinistra e da una tettoria paramassi. Poco dopo la deviazione a sinistra per la Taiada, la stradella intercetta una più larga pista, di origine militare, che da Andalo Valtellino sale all'Avert e prosegue fino alla Masonaccia e ad Erdona, a monte di Cosio Valtellino. Qui troviamo un pannello della Comunità Valtellina di Morbegno, che illustra le possibilità escursionistiche della Val Lesina. Ora possiamo scegliere se proseguire sulla stradella acciottolata, che scende per via più diretta, e la pista, che lo intercetta in diversi punti e se la prende più comoda con diversi tornanti.


Andalo

Se seguiamo la stradella passiamo anche sul margine alto di sinistra dei prati del Piazzo (m. 466), dai quali il panorama su bassa Valtellina ed alto Lario è ottimo. Più in basso la stradella si congiunge definitivamente con la pista. La seguiamo nell'ultimo tratto della discesa, passando appena a monte della chiesa parrocchiale di Andalo Valtellino. Seguiamo fino in fondo la carozzabile, che ci porta al limite occidentale di Andalo, dove procedendo verso ovest raggiungiamo il ponte sul torrente Lesina, che qui abbandona la sua valle. Ci riportiamo così a Delebio, dove, procedendo sempre verso ovest, torniamo in pochi minuti al parcheggio della centrale idroelettrica. Si chiude qui, dopo 5 ore di cammino, l'anello basso della Val Lesina (il dislivello approssimativo è di 850 metri).

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