CARTE DEL PERCORSO 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7

Valle del Muretto


Apri qui una fotomappa della Val Bona

DA CHIAREGGIO AL PASSO DI VAL BONA ED ALLA CAPANNA DEL FORNO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Chiareggio-Bocchetta del Forno- Capanna del Forno
4 h e 30 min.
1160
EE
SINTESI. Da Sondrio saliamo in Valmalenco, passando per Chiesa e proseguendo per San Giuseppe e Chiareggio. Qui giunti, scendiamo al parcheggio presso la riva del Mallero (m. 1612) e, senza risalire in paese, ci incamminiamo seguendo la pista sterrata (indicazioni per il rifugio Del Grande Camerini e per l'alpe Forbesina) che si porta alla pineta di Pian del Lupo, la attraversa e giunge al ponte sul Mallero del Muretto. Oltre il ponte, sempre seguendo le indicazioni per il rifugio Del Grande-Camerini e triangoli gialli dell'Alta Via della Valmalenco, III tappa, imbocchiamo sulla destra un sentiero che, ignorata una deviazione a sinistra, porta ad un ponticello in legno ed al limite dell'alpe di Vazzeda inferiore (m. 1832), che lasciamo però sulla nostra destra, piegando subito a sinistra e risalendo un ripido crinale erboso. Al termine del crinale, ritroviamo il sentiero (sul quale si alternano, come segnavia, i triangoli gialli, le bandierine rosso-bianco-rosse e quelle bianco-blu-bianche), che piega verso nord-nord-ovest (cioè a destra), superando una fascia di rada vegetazione, prima di approdare all'alpe di Vazzeda superiore (m. 2020), cui giungiamo passando attraverso una stretta porta nella roccia. Qui lasciamo l'Alta Via della Valmalenco: un'indicazione su un grande masso, infatti, ci informa che ci dobbiamo staccare (deviazione a destra) dal sentiero che risale i prati dell'alpe, imboccandone quello che punta a nord (segnavia bianco-blu-bianco). Procedendo verso nord-ovest, passiamo per una baita diroccata, ignorando una deviazione che scende a destra, e prestiamo attenzione alla debole traccia, che in alcuni punti scarta bruscamente a destra, attraversando due torrentelli. Giunti al Pian delle Marmotte, seguiamo i segnavia che ci portano al guado del torrente di Val Bona, a quota 2230 metri circa. Sul lato opposto riprendiamo la salita verso ovest-nord-ovest. Sempre rimanendo sul fianco settentrionale, il sentiero guadagna quota ed approda ad un secondo pianoro, disseminato di numerosi massi, fra i quali comincia a districarsi con una certa fatica. Raggiunta una prima sella che dal basso sembra costituire l valico, affrontiamo l'ultima salita fra sfasciumi, che ci porta alla stretta porta del Passo di valbona, o bocchetta del Forno (ma anche Sella del Forno, m. 2775). Sul versante opposto scendiamo in territorio elvetico, sempre seguendo i segnavia bianco-blu-bianchi. Non ci portiamo al centro del vallone, ma restiamo sul lato di destra. Dopo un arco di cerchio in senso antiorario, procediamo verso ovest ed ovest-sud-ovest, su pietrame o nevaio fino a stagione avanzata, fino a raggiungere, seguendo una vecchia condotta dell'acqua, il bordo del crinale che scende verso sud-ovest dal monte del Forno. Qui pieghiamo leggermente a destra (ovest-nord-ovest) e, superate alcune placche con l'ausilio di fittoni (attenzione!), raggiungiamo la capanna del Forno del Club Alpino Svizzero (m. 2574).


Chiareggio

Chiareggio, in alta Valmalenco (m. 1612; cirècc, cirécc o ciarécc; in un documento del 1544 “gieregio”; in una mappa del 1816 risultava costituito dalla chiesetta di S. Anna, dall’Osteria del Bosco, dal baitone di fronte alla chiesa e da sei piccole costruzioni lungo il Mallero -màler-), è uno dei più famosi centri di villeggiatura estiva dell'intera Valtellina. Fra le attrattive che offre, vi è anche quella di essere base per numerose ed interessanti escursioni. La meno nota, probabilmente, è quella che ha come meta la bocchetta del Forno (o passo del Forno; “buchèl bas”, in passato, “la buchèta”, “buchèta del fùren” o “buchèta del fórn”, più recentemente), che separa la val Bona (val buni), tributaria dell'alta Valmalenco (val del màler), dal ghiacciaio del Forno, in territorio elvetico. La bocchetta è, insieme al più famoso passo del Muretto (pas de mürét, l'antico monte dell'Oro), una porta naturale nel cuore retico, fra i versanti italiano e svizzero. Per raggiungerla, dobbiamo lasciare l'automobile nel parcheggio che si trova al termine dell'abitato del paese, ed incamminarci sulla pista sterrata che attraversa il Pian del Lupo (cattiva trasposizione in italiano di cià lla lòp, o ciàn de la lòp, vale a dire il piano della loppa, o lolla, materiale di scarto derivato dalla cottura del ferro: niente a che fare con i lupi, dunque!), seguendo le indicazioni per i rifugi Tartaglione-Crispo e Del Grande-Camerini.
Durante il cammino, potremo gustare lo scenario superbo della testata della
Val Sissone (val de sisùm) con le cime di Chiareggio al centro, ed ai lati, un po' defilati, la parete nord del monte Disgrazia (a sinistra) ed il monte Sissone (còrgn de sisùm, chiamato anche piz sisùm e, dai contrabbandieri, “el catapìz”, a destra).
La pista conduce al torrente Màllero, che scende dalla valle del Muretto; un ponte ci permette di guadagnarne la riva opposta, dove, seguendo i cartelli per il rifugio Del Grande-Camerini e la bocchetta del Forno, imbocchiamo un sentiero che se ne stacca sulla destra. I due segnavia accostati, il triangolo giallo e la bandierina bianco-blu-bianca, indicano che, in questa parte, sul sentiero si sovrappongono il percorso dell'Alta Via della Valmalenco (terza tappa, da Chiareggio a Chiareggio passando per la val Sissone ed il rifugio Del Grande-Camerini) e quello che ci interessa, per la bocchetta del Forno ed il ghiacciaio omonimo.
Il sentiero corre sul fianco montuoso e, dopo aver piegato a sinistra, intercettando il sentiero che sulla nostra sinistra giunge dal rifugio Tartaglione-Crispo, si porta al torrentello che scende dall'ampio terrazzo compreso fra la cima di Vazzeda (m. 3927) e la cima di val Bona (m. 3033), e lo supera con l'ausilio di un ponticello in legno.
Poco oltre, raggiungiamo i prati dell'alpe di Vazzeda inferiore
(alp vazzéda bàsa, la più grande dell'alta Valmalenco - nel 1816 aveva 26 baite, 36 con l'alpe superiore - m. 1832), che lasciamo però sulla nostra destra, piegando subito a sinistra e risalendo un ripido crinale erboso. Al termine del crinale, ritroviamo il sentiero (sul quale si alternano, come segnavia, i triangoli gialli, le bandierine rosso-bianco-rosse e quelle bianco-blu-bianche), che piega verso nord-nord-ovest (cioè a destra), superando una fascia di rada vegetazione, prima di approdare all'alpe di Vazzeda superiore (alp vazzéda òlta, m. 2033, con dieci baite - erano 14 nel 1816), cui giungiamo passando attraverso una stretta porta nella roccia.  
Di fronte a noi si mostra l'elegante monte del Forno (fùren, o fórn, ma anche munt rus, m. 3214), che presidia il vertice settentrionale della val Bona. Qui, in corrispondenza di una baita, le strade dell'Alta Via della Valmalenco e del sentiero per la bocchetta del Forno si dividono: un'indicazione su un grande masso, infatti, ci informa che ci dobbiamo staccare (deviazione a destra) dal sentiero che risale i prati dell'alpe, imboccandone uno che, al cospetto della severa parete nord del monte Disgrazia, punta deciso verso la fascia boschiva, cioè in direzione nord. Entriamo, così, in una bella macchia di radi larici, mentre alle nostre spalle è facilmente riconoscibile, sul versante orientale della val Ventina (val de la
venténa), il Bocchel del Cane, fra il monte Senevedo (m. 2561), a sinistra, e la punta Rosalba (m. 2808), a destra.
Presso una baita diroccata, poi, troviamo segnalata la deviazione, sulla destra, che discende il fianco sud-occidentale della valle del Muretto, tocca il fondovalle e risale sul fianco opposto, intercettando il sentiero Chiareggio-
passo del Muretto e raggiungendo l'alpe dell'Oro (alp de l'òor, nel 1544 alpis de loro: niente a che vedere con il nobile metallo, ma con la radice che significa "bordo, ciglio su salto o dirupo"; chiamata anche curt de l’òor, in una mappa del 1816 risultava costituita da 22 baite). Ignoriamo questa deviazione e proseguiamo, mentre la vegetazione si fa più rada. fino ad intercettare, in sequenza, due torrentelli, che attraversiamo: in questo tratto dobbiamo prestare attenzione, perché per due volte la traccia scarta a sinistra, effettuando qualche serrato tornantino, ed è facile perderla, se non si sta attenti. 
Alla fine, sempre procedendo in direzione nord-ovest, sormontiamo le ultime placche rocciose che ci separano dalla solitaria porta della val Bona, costituita dal pian delle Marmotte. Alle nostre spalle, il panorama è dominato dall'affilato profilo del pizzo Scalino, che si staglia là, sul fondo, a sinistra del monte Senevedo. Le indicazioni ci suggeriscono dove varcare il torrente della valle (m. 2230), lasciandolo alla nostra sinistra. Il passo viene dato a due ore di cammino da qui: ce ne vogliono un po' meno, ma l'indicazione non è troppo lontana dal vero. Il sentiero prosegue a ridosso del suo fianco settentrionale (quello di destra per chi sale), mentre alzando lo sguardo, alla nostra sinistra e di fronte a noi, possiamo riconoscere la cima di Val Bona (pizzùn, m. 3033), che chiude la valle sul lato meridionale, ed il monte Rosso (m. 3088), sul lato occidentale della sua testata. Sempre rimanendo sul fianco settentrionale, il sentiero guadagna quota ed approda ad un secondo pianoro, disseminato di numerosi massi, fra i quali comincia a districarsi con una certa fatica. Mentre sulla nostra sinistra la cima di val Bona mostra con maggiore ampiezza il suo fianco roccioso, davanti a noi compare la sella su cui è collocato il passo, al termine di un largo canalone occupato da sfasciumi.
I massi rendono piuttosto faticosa la salita, e, quando superiamo l'ultima fascia di roccette, abbiamo l'impressione di aver ormai raggiunto il passo. In realtà questa fascia ci permette di accedere ad un ultimo ed ampio corridoio, al termine del quale, dopo aver superato anche un nevaietto che persiste a stagione avanzata, possiamo attaccare la stretta porta del Passo di valbona, o bocchetta del Forno (ma anche Sella del Forno, m. 2775).


Valle del Forno

La scritta "Cap. Forno", ben in vista sul bastione roccioso settentrionale (alla nostra destra), segnala che a circa mezzora di cammino è collocato il rifugio omonimo (m. 2574), in territorio elvetico: purtroppo dal passo non si vede, perché è, letteralmente, appena dietro l'angolo, cioè in basso, a destra, nascosto dallo speroncino roccioso. Si vede bene, invece, la lunga costiera che divide l'alta valle del Forno da quella d'Albigna, e vi si individuano la punta Casnil, a destra (m. 3189) e lo Scalin, a sinistra (m. 3164). Della vedretta, o ghiacciaio, del Forno, invece, si intravede solo un breve scorcio: il ghiacciaio, del resto, è in fase di pronunciato ritiro, ed infatti non resta traccia della sua lingua che un tempo occupava la valle laterale sulla quale si affaccia il passo che abbiamo raggiunto.
Abbiamo raggiunto il passo dopo circa tre ore e mezza o poco più di cammino (il dislivello è di circa 1160 metri).

La discesa alla capanna del Forno si effettua seguendo i segnavia bianco-azzurri. Non ci portiamo al centro del vallone, ma restiamo sul lato di destra. Dopo un arco di cerchio in senso antiorario, procediamo verso ovest ed ovest-sud-ovest, su pietrame o nevaio fino a stagione avanzata, fino a raggiungere, seguendo una vecchia condotta dell'acqua, il bordo del crinale che scende verso sud-ovest dal monte del Forno. Qui pieghiamo leggermente a destra (ovest-nord-ovest) e, superate alcune placche con l'ausilio di fittoni (attenzione!), raggiungiamo, in una trentina di minuti o poco più, la capanna del Forno del Club Alpino Svizzero (m. 2574).
La capanna dispone di 104 posti letto e il servizio cucina. L'edificio originario è dei primi del Novecento, ma è stato ampiamente ristrutturato nel 1985. Di proprietà del C.A.S. Section Rorschach, è gestito da Stephan Rauch (tel.: 0041 (0)79 2937374). Il telefono del rifugio è 0041 (0)81 8243182. E' aperto dal 1 luglio al 15 settembre e nei weekend di aprile e maggio per lo sci alpinismo. Sempre aperto, invece, è il locale invernale che dispone di 25 posti.
Straordinario il panorama dal rifugio.


La Capanna del Forno (foto di Enrico Pelucchi, per gentile concessione; cfr. il suo bel volume "Dieci giorni intorno al Bernina", CAI ed., Sondrio, 2014)

Da sinistra, in primo piano sul fianco meridionale del vallone che scende dal passo, la regolare piramide del monte Rosso (m. 3088). Sul fondo della Valle del Forno, maestose sopra il lungo ghiacciaio, le famose cime del gruppo del Masino, cioè, sempre da sinistra, il pizzo Torrone orientale (m. 3333) con il caratteristico Ago di Cleopatra alla sua destra, il pizzo di Torrone Centrale (m. 3275), il pizzo Torrone occidentale (m. 3349), la punta Rasica (m. 3305) e la piatta calotta sommitale della cima di Castello (m. 3386), la più alta del gruppo. Proseguendo verso destra, la splendida sequenza di cime del versante occidentale dela Valle del Forno, fra le quali spiccano, proprio di fronte al rifugio, il pizzo casnile (m. 3189), il pizzo Bacone (m. 3244) e la cima del Largo (m. 3188).


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TRAVERSATA BOCCHETTA DEL FORNO-PASSO DEL MURETTO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Chiareggio-Bocchetta del Forno- Sella di quota 3000-Passo del Muretto-Chiareggio
8 h
1420
EE

Per chi avesse ancora qualche ora a disposizione, l'escursione può proseguire con una traversata alta al passo del Muretto, sfruttando un percorso segnalato (frecce bianche contornate di rosso e segnavia bianco-rosso-bianchi) fra blocchi e roccette che sale dal passo verso nord e rimane per un buon tratto sul crinale di confine italo-svizzero, fino alla spalla di quota 2944 (chiamata Belvedere sul Disgrazia, perché da qui il colpo d'occhio sul monte Disgrazia è spettacolare), per poi scendere verso destra e traversare alto sul lato occidentale della Valle del Muretto. La traccia del sentiero è molto labile ed intermittente (vanno scrupolosamente seguiti i segnavia bianco-azzurri e bianco-rossi), e si procede spesso su blocchi instabili (attenzione!).


Panorama elvetico dal passo del Muretto

Nel primo tratto attraversiamo un nevaio, seguendo le paline segnavia (direzione nord-est), raggiungendo il contrafforte roccioso che costituisce l'estrema propaggine della crestina orientale che scende dal monte del Forno. Lo aggiriamo al piede, sulla destra (quota 2280 m. circa), con passaggi protetti da corde fisse di canapa nei punti più eposti, piegando a sinistra e procedendo con andamento nord-nord-ovest. Superati alcuni vallocelli, scendiamo molto gradualmente, fino al alla sella gemella posta ad ovest del passo del Muretto, a m. 2581 (le due selle sono separate da un marcato cupolone roccioso). Superata la sella, ci portiamo per breve tratto in territorio elvetico e, proseguendo a mezza costa, sulla destra di un canalone, verso nord aggiriamo il cupolone roccioso e, prendendo a destra, ci congiungiamo con il sentiero che dalla Valle del Muretto elvetica sale al passo del Muretto (m. 2562).


Panorama malenco dal passo del Muretto

Torniamo così in territorio italiano e scendiamo facilmente, su sentiero in qualche tratto cancellato da terreno franoso, poi su pista militare più marcata, lungo l'intera Valle del Muretto, fino alle eleganti svolte lastricate che, superata l'alpe dell'Oro, ci riportano a Chiareggio.
La traversata dalla bocchetta del Forno al passo del Muretto ed a Chiareggio richiede circa 4 ore di cammino (il dislivello approssimativo in altezza è di 260 metri).

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SALITA AL MONTE DEL FORNO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Chiareggio-Bocchetta del Forno- Sella di quota 3000-Monte del Forno
6 h
1600
EEA


Il monte del Forno

Raggiunto il passo di Val Bona, una terza opzione è quella di salire alla cima del monte del Forno (m. 3214). I segnavia bianco-rosso-bianchi e le frecce rosse contornate di bianco (da seguire scrupolosamente) guidano nella salita verso nord, che sfrutta un tratto del crinale meridionale (facile arrampicata su gradoni di granito) e porta alla sella di quota 2944, chiamata anche "Belvedere del Disgrazia", perché il colpo d'occhio sul monte Disgrazia ed in particolare sulla sua impressionante parete settentrionale è superbo.


Monte del Forno dalla bocchetta del Forno

Qui lasciamo alla nostra destra la traccia di sentiero che scende e traversa in diagonale il versante orientale della cima del Forno, e proseguiamo salendo diritti, verso nord, lungo la crestina, salendo su facili ghiaioni e nevaietti, fino a raggiungere la bastionata di rocce che ci separa dalla cima del monte del Forno.


La parete nord del Disgrazia dal Belvedere del Disgrazia

Dobbiamo ora traversare verso sinistra, cioè verso ovest, raggiungendo il piede della parete rocciosa, dove troviamo l'imbocco di una fascia di rocce più chiare, che sale in diagonale verso destra. Inizia ora la parte più problematica della salita, quella del cupolone roccioso che precede la vetta. La salita è sconsigliata a persone non esperte o impressionabili. Fino all'ultima facile rampa di sfasciumi sotto la cima, è servita da corde fisse. Risalito un ripido gradino di pochi metri, aiutati dalle corde fisse seguiamo questo traverso sulla fascia di rocce chiare, verso destra. Il passaggio è molto esposto e richiede esperienza. E' bene utilizzare strumenti di assicurazione alle corde fisso.


La salita dal Belvedere alla cima del monte del Forno

Giunti al suo termine, procediamo ancora verso destra, per alcuni metri, su cengia esposta, fino ad uno stretto canale, che taglia in verticale l'intera bastionata rocciosa. Dobbiamo risalire le rocce sul lato di sinistra del canale, con passaggi di II grado, fino a guadagnare il più tranquillo versante di sfasciumi che precede la cima. Salendo diritti su questo versante, siamo finalmente ai 3214 metri della panoramicissima cima del monte del Forno.


Verso l'attacco del tratto attrezzato

Verso l'attacco del tratto attrezzato

La fascia di rocce chiare che segue nel traverso a destra

le corde fisse nei tratti più esposti

Salita verso gli sfasciumi terminali

In vista della croce di vetta

Lo sguardo a sud-est raggiunge le Orobie centrali, dove si distinguono il pizzo del Diavolo di Malgina ed il pizoz di Coca. A destra, più vicino, il monte Disgrazia mostra la sua arcigna parete settentrionale ed il ghiacciaio che da decenni si sta ritirando, ma conserva ancora un aspetto severo. Valletto del monte Disgrazia, alla sua destra, il poco pronunciato monte Pioda, che precede il passo di Mello. Segye, procedendo in senso orario, la sequenza delle cime che corredano la Val Sissone e l'alta Val Malenco occidentale, in una prospettiva che in parte le nasconde l'una dietro l'altra. Le più vicine, a sud, sono le cime di Val Bona e di Vazzeda.


Monte Disgrazia e valle del Forno visti dal monte del Forno

Alle spalle di queste cime di apre un ampio scorcio sulla testata della Valle del Forno e sulla parte terminale del ghiaccicio omonimo. In posizione più avanzata si propone il poderoso monte Sissone, mentre alle sue spalle, a destra, sfilano i pizzi Torrone Orientale (riconoscibile per il caratteristico piccolo Ago di Cleopatra appena a destra della cima), Centrale ed Occidentale. Le rimanenti cime del gruppo del Masino si affacciano appena dietro la poderosa costiera occidentale della Valle del Forno, scandita dalla triade Pizzo Casnile, pizzo Bacone e Cima del Largo.


Pizzi Cengalo e Badile visti dal monte del Forno

A nord lo sguardo spazia sulla spettacolare successione delle cime dell'Engadina, fra le quali spicca l'elegante e slanciato Piz Languard. Ad est, infine, si impone il maestoso gruppo del Bernina, con le sue cime maggiori (pizzi Roseg, Scerscen, Bernina, Argient e Zupò) singolarmente allineate in una prospettiva che sembra compattarle.


Alpi engadinesi visti dal monte del Forno

Monte Disgrazia visto dal monte del Forno

Orobie e monte Disgrazia dal monte del Forno

Monte Disgrazia e Val Sissone dal monte del Forno

Pizzi Torrone e Valle del Forno dal monte del Forno

Valle del Forno del monte del Forno

Versante occidentale della Valle dl Forno dal monte del Forno

Versante occidentale della Valle del Forno dal monte del Forno

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L'ANELLO DEL FORNO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Chiareggio-Bocchetta del FornoCcapanna del Forno
4 h e 30 min.
1160
EE
Capanna del Forno-Plan Canin-Passo del Muretto-Chiareggio
6-7 h
600
EE


La Capanna del Forno (foto di Enrico Pelucchi, per gentile concessione; cfr. il suo bel volume "Dieci giorni intorno al Bernina", CAI ed., Sondrio, 2014)

Se facciamo tappa alla capanna del Forno possiamo, il giorno successivo, effettuare la traversata al passo del Muretto, chiudendo quello che si potrebbe chiamare l'anello del Forno.
Scendiamo innanzitutto, su sentiero segnalato (indicazioni per il Plan Canin, dato ad un'ora e tre quarti), alla vedretta del Forno. Il sentiero nel primo tratto scende, ripido e scalinato, fra roccette con tratti attrezzati da corde fisse e da una scala metallica (bolli rossi contornati di bianco), poi si porta sul fondo del vallone che scende dal passo di Val Bona e piega a destra, procedendo verso ovest, fino al suo sbocco nella grande Valle del Forno.


Valle del Forno

Piegando ancora a destra scendiamo, su terreno morenico, agli ultimi lembi settentrionali della vedretta del Forno, mentre a nord di apre lo splendido scenario delle cime del gruppo del Masino, con i pizzo Torrone orientale, centrale ed occidentale, nell'insolita prospettiva visuale da nord. I segnavia ci fanno quindi scendere ad una passerella in legno, sulla quale attraversiamo il torrente principale della valle, portandoci sul suo lato sinistro, mentre il sentiero segnalato sulla CNS ci porta a tagliare in diagonale verso nord-ovest le ultime propaggini del ghiacciaio (con tutta l'attenzione e l'attrezzatura del caso, anche perché il ghiacciaio presenta diversi avvallamenti!). In entrambi i casi ci portiamo ci portiamo sul versante di sinistra (occidentale) della Valle del Forno, ed i due itinerari ben presto si congiungono.


Vedretta e Valle del Forno

Proseguiamo la discesa, su terreno morenico, verso nord, lasciano alle nostre spalle il ghiacciaio. A quota 2200 ci raggiunge, scendendo da destra, un sentiero che proviene dal largo versante occidentale del monte del Forno, il gigante alla cui ombra stiamo procedendo. Sul lato opposto (occidentale) della valle, però, i pizzi Casnile (m. 3189) e Bacone (m. 3244) non sembrano soffrire di complessi di inferiorità. Poco oltre guadiamo il torrentello che scende da sinistra dal Valun dal Largh, che si apre sul versante orientale della cima dal Largh (m. 3188).
Cominciamo ora a piegare, molto gradualmente, a destra, restando sempre a mezza costa, un po' rialzati sul torrente delle acque di fusione del ghiacciaio del Forno, che scende impetuoso alla nostra destra. Dopo una traversata verso nord-est, con un tratto un po' faticoso fra grandi blocchi, passiamo a sinistra di un laghetto con una baita (m. 1992) e raggiungiamo, dopo due ore o poco meno di cammino, il Plan Canin, dove la Valle del Forno si congiunge con quella del Muretto elvetica.
Qui siamo ad un trivio, e ci aiuta una palina con indicazioni per il lago Cavloc dato a 30 minuti, in direzione della Val d'Or, la capanna del Forno data a 2 ore e mezza, nella direzione dalla quale proveniamo, ed infine il passo del Muretto, dato a 2 ore, e Chiareggio, data a 4 ore e mezza, nella direzione che ci interessa. Lasciamo dunque alla nostra sinistra il sentiero che prosegue verso il fondovalle della Bregaglia svizzera (scendendo la Val da l'Or fino al passo del Maloja) e prendiamo a destra, superando, su un ponte (m. 1976), da sinistra a destra, il torrente Orlegna.
Iniziamo così la seconda parte della traversata, cioè la salita al passo del Muretto dal versante elvetico, sempre in terreno aperto e senza problemi di orientamento. Nel primo tratto procediamo sul fino di un dosso fra la valle del Muretto svizzera ed un vallone che scende dalla Cresta da Fedoz, poi teniamo il lato sinistro (per noi) della valle del Muretto, procedendo quasi a ridosso del torrente che la percorre (il fondovalle è spesso occupato da nevai anche a stagione avanzata). Saliamo con andamento regolare, sempre verso sud-est, mentre lo scenario si fa sempre più brullo e solitario. Raggiungiamo così un'ampia conca, a quota 2350, quasi sempre occupata da un nevaio. Il sentiero non scende alla piana, ma taglia, con un arco di cerchio in senso orario, il suo fianco orientale (attenzione in presenza di neve), raggiungendo, con andamento verso sud, il corridoio del passo del Muretto (m. 2562).

Torniamo così in territorio italiano e scendiamo facilmente, su sentiero in qualche tratto cancellato da terreno franoso, poi su pista militare più marcata, lungo l'intera Valle del Muretto, fino alle eleganti svolte lastricate che, superata l'alpe del'Oro, ci riportano a Chiareggio.
La traversata dalla capanna del Forno al passo del Muretto ed a Chiareggio richiede circa 6-7 ore di cammino (il dislivello approssimativo in altezza è di 600 metri).


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LA MORTE DI ETTORE CASTIGLIONI POCO SOTTO LA BOCCHETTA DEL FORNO

Pochi sanno che la bocchetta del Forno fu teatro di una tragedia che merita assolutamente di essere raccontata. Poco sotto il valico, sul versante italiano, morì assiderato da una tormenta, il 12 marzo del 1944, Ettore Castiglioni, figura di rilievo primario dell’alpinismo italiano, ma anche protagonista importante della guerra di Resistenza. Il suo corpo fu trovato nella successiva tarda primavera a quota 2650, là dove poi nel 2011 è stata posta una targa commemorativa (sul roccione presso il quale aveva tentato di ripararsi). Nato nel 1908 da una ricca famiglia milanese, si era imposto fin da giovane all’attenzione del mondo alpinistico, con diverse “prime” di prestigio che gli avevano meritato la medaglia d’oro al valor alpinistico. Fra queste, la parete nord-ovest del pizzo Badile, con Vittorio Bramani (luglio del 1937). Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale era il più famoso alpinista italiano.


Sotto la bocchetta del Forno, nei pressi del luogo dove morì Ettore Castiglioni

Durante la guerra prestò servizio come tenente degli Alpini, fino all’armistizio del 8 settembre 1943. Scelta la guerra partigiana, si rifugiò sull’Alpe Berrio Damont (1932 m), sopra Ollmont (in Valpelline), dove operò per agevolare l’espatrio in Svizzera di un centinaio di Ebrei ed oppositori politici che sfuggivano ai rastrellamenti. Fra questi anche Luigi Einaudi, che sarà poi il primo Presidente eletto della Repubblica italiana. Ben presto però (ottobre 1943) le autorità elvetiche lo arrestarono sul confine e lo incarcerarono per 5 settimane sotto l’accusa di spionaggio e contrabbando. Seguì l’espulsione con il divieto di rimettere piede nella Confederazione Elvetica.
Il Castiglioni proseguì la lotta di resistenza e su incarico del CLN decise di tornare in Svizzera per organizzare un nuovo nucleo, questa volta dalla Valtellina. L’11 marzo del 1944 partì con gli sci dalla Capanna Porro, portando con sé un passaporto scaduto intestato al cittadino svizzero Oscar Braendli. Scese al Maloja, ma la gendarmeria elvetica scoprì il sotterfugio e lo arrestò per la seconda volta. Venne privato di pantaloni, scarponi e sci e trattenuto in arresto nell’Hotel Longhin. Deciso a non finire sotto processo per la seconda volta, alle cinque di mattina della successiva domenica 12 marzo si calò con lenzuola annodate dal primo piano e fuggì verso la Valle del Forno, per tornare in Italia. Era sommariamente riparato da una coperta. Ai piedi alcuni stracci gli permettevano a malapena di calzare i ramponi. Nonostante ciò riuscì a guadagnare la bocchetta del Forno, ma l’inclemenza del tempo non gli lasciò scampo. Sorpreso da una tormenta, cercò riparo nell’anfratto di un roccione poco sotto il valico, in territorio italiano. Qui morì assiderato, a soli 36 anni.


Sotto la bocchetta del Forno, nei pressi del luogo dove morì Ettore Castiglioni

Sulla fiancata destra della chiesa di S. Anna a Chiareggio una targa lo ricorda. Nel 1999 venne edita la sua biografia, Il vuoto alle spalle. La storia di Ettore Castiglioni, scritta da Marco Albino Ferreri (Corbaccio Editore). Per maggiori dettagli è utile anche l’articolo all’indirizzo http://www.anpi.it/donne-e-uomini/ettore-castiglioni/

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BRUNO GALLI VALERIO AL PASSO DI VAL BONA ED ALLA CAPANNA DEL FORNO


Vedretta e Valle del Forno

È interessante, infine, leggere il resoconto della salita da Chiareggio alla bocchetta del Forno (con successiva discesa alla capanna del Forno) effettuata il 26 luglio 1910 da Bruno Galli Valerio, alpinista e naturalista che molto amò queste montagne: “Ma abbiamo ancora un lungo cammino da fare e a mezzogiorno e tre quarti, prendiamo congedo dagli amici. Su un bel cielo azzurro appaiono le Cime di Vazzeda e di Rosso, là, sopra il verde dei pascoli e dei boschi. Ovunque stanno falciando e un buon odore di fieno si diffonde nell'aria. Per i pascoli, ci portiamo al fiume che scende dalla Val Muretto e passiamo sulla sua riva destra per un ponticello vicino alle baite di Forbicina. Il sentiero sale nei boschi di abeti. Mentre saliamo, fanno l'apparizione alle nostre spalle, dall'altra parte della valle, le cime del Pizzo Rachele, Ventina e Disgrazia, sotto le quali scendono, quasi fino ai prati di Forbicina, i ghiacciai di Ventina e del Disgrazia. Alle due e un quarto arriviamo all'alpe di Vazzeda inferiore (1830 m.). Numerose vacche al pascolo ci guardano coi loro grandi occhi spalancati. Sostiamo là un po' di tempo ad ammirare il gruppo del Disgrazia che, da quel punto, appare in tutta la sua bellezza. Attraverso un bosco di conifere pieno di rododendri in fioritura, saliamo verso l'alpe di Vazzeda superiore. Questo bosco è pieno di legna secca e il Dott. Bornand ha l'eccellente idea di caricarsene una buona dose sulle spalle, nel caso che non se ne trovi alla capanna del Forno. Grosse nuvole spuntano da tutte le parti dietro le cime. Quando sbuchiamo alle baite di Vazzeda superiore (2021 m.), grosse gocce cominciano a cadere. Per coste erbose, ci portiamo sul versante di destra della Val Bona e di là al ghiacciaio coperto di neve sotto il Monte Rosso: lassù in alto appare la Forcella del Forno. Attacchiamo allora la ripida vedretta, coperta di neve dura, che scende dal passo, e alle cinque e mezzo siamo alla forcella (2790 m.).


Valle del Muretto

Soffia un forte vento e la neve cade a grossi fiocchi. Dense nebbie, nascondono completamente il ghiacciaio del Forno. Ci leghiamo e cominciamo la discesa del ghiacciaio dove i crepacci son coperti dalla neve. Siam subito avviluppati dalle dense nebbie. Se non fossi già stato alla capanna del Forno, non potrei trovarla. L'orientarsi senza un punto di riferimento è difficilissimo. Credo di essere già arrivato al livello della capanna e mi porto sulla nostra destra sulle coste del Monte del Forno. Ma in mezzo a enormi blocchi, non riusciamo a trovare la capanna. Mentre la cerchiamo, le nebbie si levano e la capanna appare sotto di noi. Alle sei e mezzo, finalmente la raggiungiamo. Quale triste sorpresa! Questa capanna, di cui una parte era sempre aperta, ora è completamente chiusa. E continua a nevicare! Che fare? Decidiamo di passare ugualmente la notte lassù. Vicino alla capanna troviamo una grossa pietra che fa da tetto. E' là che ci installeremo. E i lavori per sistemare la nostra dimora cominciano: dei muretti a secco che copriamo con la terra sono eretti per proteggerci contro la neve e contro il vento. Scaviamo qualche canaletto nel suolo per assicurare lo scolo dell'acqua in caso di pioggia. Togliamo le pietre sotto il blocco e vi preparamo un letto con le corde stese in anelli uniformi. Poi entriamo nella nostra dimora vi accendiamo un bel fuoco e prepariamo la cena: Una cena eccellente dove figurano una buona minestra, delle uova, marmellata, pere e ovomaltina. Continua a nevicare e ci rannicchiamo nel nostro buco. Tutto d'un tratto, alle sette e mezzo, la testa di una guida dalla barba nera appare davanti a noi. Due grandi occhi neri ci guardano sbalorditi.
- Avete la chiave della capanna?
- E' l'unica domanda che gli facciamo. La guida risponde di sì.
- Questo basta, rispondiamo.


Pian del Lupo

Allora la guida ci spiega che è l'avanguardia di una comitiva di alpinisti, che salgono dal Maloja alla capanna e che avendo sentito parlare sotto il blocco, era venuto a vedere di che si trattava. Gli altri alpinisti, tre signori e una signorina con una seconda guida compaiono e, a loro volta, ci guardano con occhi pieni di sbigottimento. Andiamo tutti insieme alla capanna. Di tanto in tanto guardiamo fuori: Si direbbe pieno inverno. Tutto è bianco di neve e fa un freddo da lupo. Lasciamo il vento soffiare e nella capanna ben riscaldata, facciamo il tè e passiamo qualche ora chiacchierando attorno al camino. Per tutta la notte, il vento infuria." (Bruno Galli Valerio, “Punte e passi”, traduzione dal francese a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, ed. CAI di Sondrio, Sondrio, 1998).

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo (CNS, come quelle sopra ricportate), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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