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Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Our-Granda-Scermendone-San Quirico-Croce dell'Olmo-Cima di Vignone
4 h
1300
E
SINTESI. Saliti a Buglio in Monte, prima della piazza centrale prendiamo a destra e poi subito a sinistra (indicazione per i maggenghi di Our), salendo su una stradina alla parte alta del paese. Qui prendiamo a sinistra ed imbocchiamo la stradina che sale ad Our. Dopo Nansegolo, ad un bivio stiamo sulla sinistra salendo con un lungo traverso. Poi troviamo una serie di tornanti che ci portano ad Our di fondo. Dopo un tornante sx e lasciamo alle spalle le baite, raggiungendo, dopo un traverso, il successivo tornante dx, dove vediamo una pista che si stacca sulla sinistra (indicazioni rifugio Granda), Parcheggiamo qui (1380 m. circa) e ci incamminiamo sulla pista per Granda che, dopo una serie di tornanti dx-sx, effettua l'ultimo traverso in direzione dell'alpe Granda. Prestiamo attenzione sulla destra ad un sentiero che se ne stacca (indicazioni per il Verdel) e sale in pineta, ripido, fino ai prati della Merla (m. 1734). Qui ignoriamo il sentiero alla nostra sinistra e quello che sale diritto nel bosco a monte dell'alpe, imboccando quello che prosegue verso est, quasi in piano, traversando all'alpe gemella del Verdel (m. 1716). Raggiunto il lato opposto dei prati (quello orientale) troviamo un bivio segnalato da cartelli: ignorato il sentiero che prosegue diritto, quasi pianeggiante, imbocchiamo quello che sale verso sinistra (nord), in una splendida pineta, fino ad intercettare un sentiero che sale da destra (dall'alpe Oligna). Qui il sentiero piega a sinistra e dopo un traverso volge leggermente a destra ed esce dalla pineta alla parte bassa dell'alpe Scermendone. Il sentiero sale poi diritto al baitone dell'alpe, dove un tratturo, percorso verso destra, porta in breve alla chiesetta di San Quirico (m. 2131). Poco più avanti vediamo il bivacco Scermendone. Oltrepassato il bivacco ci incamminiamo sul Sentiero Italia, verso est. In breve siamo ad un bivio: il sentiero più largo comincia a salire sul versante di pascoli alla nostra sinistra, e lo imbocchiamo, lasciando il Sentiero Italia. Il sentiero termina, ma noi continuiamo a salire lungo il fianco meridionale del crinale a monte di Scermendone, qui un po' ripido, verso nord-est, senza percorso obbligato, fino a raggiungerne la sommità. Nella salita puntiamo ad un poggio, a quota, 2342, dove vediamo la piccola croce dell'Olmo, vicino ad un grande ometto. Poco oltre, un grazioso microlaghetto (d'inverno nascosto dalla neve). Proseguiamo sul largo crinale fino ad un bivio segnalato da cartelli (a destra per l'alpe Baric, a sinistra per la Val Terzana); non seguiamo nessuna delle direzioni segnalate, ma proseguiamo diritti, in direzione dell'arrotondata ed erbosa cima di Vignone (m. 2608), che vediamo davanti a noi. Un sentierino sale in direzione di un grande ometto, e prosegue poi serpeggiando in una fascia di massi. Superata questa fascia, percorriamo l'ultimo tratto in salita sul facile e largo crinale erboso, che ci porta alla cima.


Apri qui una fotomappa dei sentieri del versante retico da Ardenno a Berbenno

C'è un lungo crinale, probabilmente il più panoramico in Valtellina, che scende dal pizzo Bello e dalla cima di Vignone, sopra Berbenno di Valtellina, all'alpe Scermendone, all'alpe Granda e, infine, ai prati di Lotto, sopra Ardenno. Questo crinale separa il tratto della bassa-media Valtellina compreso fra questi due paesi dalla Val Màsino. La sua parte orientale, quella compresa fra il pizzo Bello e la Croce dell'Olmo, passa anche il confine fra i comuni di Berbenno, a sud, e di Buglio, a nord (Val Terzana).
Gli itinerari possibili sono numerosi. Il più ampio è quello che parte dalla località di Our di cima, sopra Buglio in Monte, raggiunge il limite orientale dell'alpe Scermendone, sale alla cima di Vignore, scende di nuovo all'alpe e la percorre interamente, proseguendo la discesa fino all'alpe Granda, dalla quale si torna al punto di partenza.


Apri qui una panoramica della pozza di Scermendone

Saliti a Buglio in Monte, prima della piazza centrale prendiamo a destra e poi subito a sinistra (indicazione per i maggenghi di Our), salendo su una stradina alla parte alta del paese. Qui prendiamo a sinistra ed imbocchiamo la stradina che sale ad Our. Dopo Nansegolo, ad un bivio stiamo sulla sinistra salendo con un lungo traverso. Poi troviamo una serie di tornanti che ci portano ad Our di fondo. Dopo un tornante sx e lasciamo alle spalle le baite, raggiungendo, dopo un traverso, il successivo tornante dx, dove vediamo una pista che si stacca sulla sinistra (indicazioni rifugio Granda), Parcheggiamo qui (1380 m. circa) e ci incamminiamo sulla pista per Granda che, dopo una serie di tornanti dx-sx, effettua l'ultimo traverso in direzione dell'alpe Granda.


Apri qui una panoramica dalla chiesetta di San Quirico a Scermendone

Dopo due tornanti dx-sx, lasciamo la pista quando incontriamo una deviazione segnalata, sulla destra, per l'alpeggio della Merla (m. 1734), che raggiungiamo dopo un tratto piuttosto ripido. Il tratto successivo, invece, è pressoché pianeggiante e molto rilassante (il fondo del sentiero è ottimo, tanto che d'estate, per buona parte, lo si potrebbe percorrere a piedi nudi): si tratta del sentiero che, dalla Merla, conduce, piegando verso est (destra) all'alpeggio di Verdel (m. 1716), con una bellissima traversata (non segnalata dalle carte) in pineta. Dal Verdel si riprende a salire, verso nord-est, fino ad incontrare, nel punto più alto del sentiero, un bivio: mentre il ramo di destra comincia a scendere verso l'alpeggio di Oligna, quello di sinistra sale per un lungo tratto, verso nord-ovest, uscendo poi dal bosco con ripidi tornanti, raggiungendo il limite orientale di Scermendone, in prossimità della chiesetta di san Quirico (m. 2131).


Monte Disgrazia visto da Scermendone

Sostando presso la chiesetta, cerchiamo di saperne di più ascoltando quanto scrive don Domenico Songini, nel bel volume “Storie di Traona – Terra Buona – II” (Sondrio, 2004): “Scermendone, toponimo inesplorato fino alle indagini di don Ezio Presazzi - prevosto di Baglio - che asserisce derivato dai primitivi pastori di Cermenate, che già nel 1308 caricavano l'alpe con l'impegno di consegnare il latte d'una giornata (una cagliata) alla parrocchia di san Fedele.
Scermendone rappresenta la tipica altura, a dossi e a pianori, a 2000 rn. sulla dorsale tra la Valtellina e la Valmasino, di proprietà della comunità di Buglio, che v'invia il bestiame per l'alpeggio estivo e che vi si dà convegno per una sagra popolare di gran prestigio: nel solito mese di luglio, dopo la metà, tempo delle feste dei nostri SS. Sette Fratelli.


Apri qui una fotomappa dell'itinerario di salita alla cima di Vignone

Il Santo venerato lassù, alla stessa altitudine di Sant'Esfrà (m 2010) è San Ceres, ritenuto uno dei Sette Fratelli. Realmente l'Oratorio è dedicato a San Quirico, il figlioletto di Santa Giuditta, ambedue martiri del IV secolo. Questa attribuzione sembra poco convincente: il martirologio infatti assegnava la festa al 9 dicembre, tempo in cui il monte è quasi inaccessibile. Allora perché San Ceres ?
Qualcuno vede un'affinità linguistica con "Siro", il santo evangelizzatore di Pavia, vescovo del IV secolo: le chiese di Pavia possedevano vasti feudi in Valtellina; non manca anche qualche allusione al Saint Cyr di franca memoria. A confondere le acque, interviene anche la mitologia pagana, cui non sembra vero richiamarsi a Cerere, la dea-madre. Tutto lascia supporre trattarsi d'un Santo dei Pastori: San Siro si festeggia il 16 giugno, nel colmo della stagione degli alpeggi; San Ceres, la II domenica di luglio, nel momento della "pesa del latte". La tradizione locale indica nell'incavo di un roccione prospiciente il "Pian di Spin" la grotta del Santo Eremita. È uno dei Sette Fratelli? ...”
E' tempo di riprendere il cammino. Poco distante si trova il bivacco Scermendone, sempre aperto, dove possiamo concederci una sosta ristoratrice.


Il nuovo bivacco Scermendone

A questo punto imbocchiamo un largo sentiero e, ad un bivio, ignoriamo i paletti del Sentiero Italia, che scende, a destra, verso l'alpe Vignone, e cominciamo a salire lungo il fianco meridionale del dosso, qui un po' ripido, verso nord-est, senza percorso obbligato, fino a raggiungerne la sommità. Nella salita incontreremo, a quota, 2342, la nuova croce dell'Olmo, vicino ad un grande ometto. Si tratta della croce posta in cima al grande dosso del Termine (o del Termen), denominato così perché segna il confine fra i comuni di Buglio e di Berbenno. Questo confine prosegue, in direzione nord-est, seguendo il filo del crinale, cioè seguendo il nostro stesso percorso, fino alla cima di Vignone.


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Alla vecchia croce in legno (qualche anno fa ce n’era una ancora più modesta e malridotta, che però, nella sua povertà, con quel braccio orizzontale mestamente reclinato, sembrava perfetta per questo luogo ascetico), si è aggiunta dal 16 luglio 2017, grazie al Gruppo Alpini di Buglio, in collaborazione con la Pro Loro e l'Amministrazione comunale, una nuova spendida croce, che di notte si illumina con effetto di potente suggestione (un pannello fotovoltaico assicura l'alimentazione).


Apri qui una fotomappa della Valle di Preda Rossa e di Scermendone

Nel suo nome nasconde un mistero: il riferimento diretto all’albero, data la quota, è da escludersi; c’entra, forse, un riferimento indiretto, in quanto l’olmo era rappresentato nello stemma della famiglia degli Olmo, che venne dalla bergamasca in Valtellina nei secoli scorsi, ed alla quale si riconduce anche il paesino di Olmo, in Valchiavenna. E', però, molto più plausibile spiegare il nome come deformazione di "om": si tratterebbe della croce presso un "om", un grande ometto. Ultimo mistero: una croce venne effettivamente posta in questo luogo solo nel secondo dopoguerra (recentemente ne è stata piantata una nuova): prima non c'era (o forse vi fu solo in tempi molto più antichi).

La nuova e la vecchia Crus de l'Om

Alla croce riemergiamo dall’abbraccio materno del corridoio che solca il versante ai più ampi spazi. Si riapre, amplissimo, l’orizzonte. Un orizzonte addirittura angosciante, per chi soffrisse di agorafobia. Sul fondo, ad ovest, le valli di Spluga, della Merdarola, Ligoncio e dell’Oro; poi, più a destra, è di nuovo la costiera Remoluzza-Arcanzo a negarci la visuale della splendida sequenza delle più nome cime del gruppo del Masino. Ai piedi di questo splendido scenario, il lungo serpente dell’alpe Scermendone (rivediamo san Quirico ed il baitone). A nord la cima meridionale dei Corni Bruciati (m. 3114) occhieggia appena alle spalle del crinale erboso che ci separa dalla Val Terzana. A sud, infine, le Orobie si distendono, nella fitta trama di cime che giochiamo volentieri a riconoscere, percorrendole una ad una fino all’inconfondibile corno del monte Legnone, vera colonna d’Ercole che segna il confine della Valtellina, alle soglie di altri monti ed altri mondi.


Apri qui una panoramica dalla vecchia Croce dell'Olmo

Poco oltre, un grazioso microlaghetto (d'inverno nascosto dalla neve). La presenza di questo specchio d'acqua proprio sul crinale non deve stupire: il crinale è, qui, molto largo, tanto che, nel suo punto centrale, ospita un'ampia conca. Avanzando ancora, d'estate scorgeremo, sulla destra, un piccolo ometto con un sasso che sporge, a mo' di lancia, ed un vicino cartello che segnala, poco distante, la partenza, sulla nostra destra, del sentiero che, dopo un traverso in direzione est, scende all'alpe Baric e, di qui, a quella di Vignone, da cui si può raggiungere facilmente Prato Maslino, sopra Berbenno. Il cartello segnala anche che, prendendo in direzione opposta, cioè verso sinistra, possiamo facilmente scollinare in Val Terzana, scendendo all'alpe Piano di Spini, dalla quale poi, prendendo a destra, raggiungiamo il bel laghetto di Scermendone.


Apri qui una fotomappa del percorso dall'alpe Baric alla cima di Vignone

Noi, invece, proseguiamo diritti, in direzione dell'arrotondata ed erbosa cima di Vignone (m. 2608). Un sentierino sale in direzione di un grande ometto, e prosegue poi serpeggiando in una fascia di massi. Superata questa fascia, percorriamo l'ultimo tratto in salita sul facile e largo crinale erboso, che ci porta alla cima, cui giungiamo, senza troppi problemi, dopo circa 4 ore di cammino (il dislivello è di 1300 metri circa).


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La cima è molto panoramica: dominiamo, da qui, la val Terzana, il Corno Bruciato meridionale, la Valle dell'Oro e parte della testata della Val Porcellizzo, in Val Masino, l'intera catena orobica, buona parte della media e bassa Valtellina. Appare, infine, molto vicina, ad est, la cima del pizzo Bello.
Vediamo, in dettaglio, la splendida teoria di cime che possiamo osservare dal grande ometto della cima. Guardando ad ovest, distinguiamo, dietro il lungo serpente dell'alpe Scermendone, la cima del Desenigo (m. 2845), alla cui destra si aprono i passi gemelli di Primalpia (pàs de primalpia, m. 2477) e della bocchetta di Spluga o di Talamucca (bochèta de la möca, m. 2532), che congiungono l’alta Valle di Spluga alla Valle dei Ratti. Procedendo verso destra, notiamo, alle spalle della massiccia e severa costiera Cavislone-Lobbia, l’affilata cima del monte Spluga o Cima del Calvo (m. 2967), posto all’incontro di Valle di Spluga, Val Ligoncio e Valle dei Ratti.


Apri qui una panoramica su Corni Bruciati e Pizzo Bello visti dalla cima di Vignone

I più modesti pizzi Ratti (m. 2919) e della Vedretta (m. 2909) preparano l’arrotondata cima del pizzo Ligoncio (Ligunc’, m. 3038), che si innalza sopra una larga base di granito, nel catino glaciale che si apre sopra i Bagni di Masino (Val Ligoncio e Valle dell’Oro). Alla sua destra, la punta della Sfinge (m. 2802) precede la larga depressione sul cui è posto il passo Ligoncio (m. 2575), fra la valle omonima e la Valle d’Arnasca (Val Codera). A nord del passo si distinguono i modesti pizzi dell’Oro (meridionale, m. 2695, centrale, m. 2703 e settentrionale, m. 2576), seguiti dall’affilata punta Milano (m. 2610), che precede di poco la costiera del Barbacan, fra Valle dell’Oro e Val Porcellizzo, la quale culmina nella cima del Barbacan (m. 2738).
Proseguendo verso nord, la testata della Val Porcellizzo propone le poco pronunciate cime d’Averta (meridionale, m. 2733, centrale, m. 2861 e settentrionale, m. 2947), che sono, però, nascoste dalla cima di Arcanzo e dalla cima degli Alli, sulla costiera Remoulzza-Arcanzo (fra Val di Mello e Valle di Sasso Bisolo), che si propone in primo piano. Più a destra si vede appena il pizzo Porcellizzo (il pèz, m. 3075). Si riconoscono, poi, le più celebri cime della Val Porcellizzo: il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195), ed il secondo signore della valle, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367). Alla sua destra, da una prospettiva cursiosamente defilata, il pizzo del Ferro occidentale (o cima della Bondasca, m. 3267), il pizzo del Ferro centrale (m. 3287), il torrione del Ferro (m. 3070) ed il pizzo del Ferro orientale (m. 3200), che costituiscono la testata della Valle del Ferro (laterale della Val di Mello) e sono chiamati nel dialetto di Val Masino “sciöme do fèr”.


Apri qui una panoramica sulla Val Terzana dalla cima di Vignone

Le rimanenti cime del gruppo del Masino sono nascoste dalla costiera che separa la Val Terzana, che si apre, solitaria e bellissima, sotto di noi, e la Valle di Preda Rossa, che resta, invece, interamente nascosta ai nostri occhi. Su questa costiera, che si innalza gradualmente appena a destra del pizzo dell'Averta (sulla costiera Remoluzza-Arcanzo), dominata dalle tonalità rossastre, si distinguono, da sinistra, il Sasso Arso (m. 2314) e due delle tre punte dei Corni Bruciati, meridionale, m. 2958, e centrale, m. 3114: resta nascosta quella settentrionale (m. 3097). A destra della punta centrale si scorge un piccolissimo segmento del crinale terlinale del monte Disgrazia (m. 3678), seguito dal pizzo Cassandra (m. 3226: il nome rimanda alla profetessa che nell'antichità ebbe la triste sorte di preannunciare disgrazie - che poi sarebbero accadute - senza essere creduta da nessuno). In basso, fra i Corni Bruciati ed il monte Disgrazia, il passo di Scermendone (m. 2953).
A destra del pizzo Cassandra si vede, lontana, una porzione della sezione orientale della testata della Valmalenco: si distinguono i pizzi Argient (m. 3945) e Zupò (m. 3995) e la triplice innevata cima del pizzo Palù (m. 3823, 3906 e 3882). Poi il pizzo Bello (m. 2743) chiude l'orizzonte nord-orientale.


Cima del Cavalcorto, pizzo Cengalo e pizzi del Ferro visti dall'Alpe Granda

Ad est, sul fondo, il gruppo dell'Adamello, mentre il panorama di sud-est, sud e sud-ovest è interamente occupato dalla catena orovica, che si mostra in tutta la sua ampiezza, chiusa, a destra, dall'inconfondibile corno del monte Legnone.
È tempo di scendere: per la medesima via di salita torniamo al bivacco Scermendone. Possiamo, per la verità, anche scendere per il crinale opposto, su un ripido sentierino, ad una bocchetta dalla quale, piegando a sinistra, si raggiunge facilmente, percorrendo un largo canalone, la parte alta della Val Terzana; anche da qui, scendendo sul sentiero verso sinistra, possiamo tornare al bivacco Scermendone.
Appena prima del bivacco, sulla destra del punto terminale della pista che dalla Val Terzana raggiunge l'alpe Scermendone, troviamo un sentiero che scende all'alpe di Scermendone basso (dalla quale, tagliando il fianco della frana scesa dal Sasso Arso, si può traversare alla piana di Preda Rossa).
Noi, invece, cominciamo una lunga e, nelle giornate limpide, memorabile traversata dell'alpe, fino al suo limite sud-occidentale. Se amiamo la compagnia, dobbiamo effettuare questa escursione la seconda domenica di luglio, quanto la piana si popola di tende e sacchi a pelo: si festeggia, infatti, san Quirico, con una messa nella chiesetta. Potremmo anche approfittarne per sperimentare le proprietà terapeutiche dell'acqua di una piccola sorgente che scaturisce nei pressi del lungo ricovero posto poco ad ovest della chiesetta: si tratta di un'acqua che la tradizione e la devozione al santo vogliono benefica per gli occhi. Mettiamoci, dunque, in cammino, godendo della vista superba che si apre verso nord-est: la piana di Preda Rossa ci si presenta, infatti, in tutta la sua bellezza, dominata dalla mole regale del monte Disgrazia e contornata dai Corni Bruciati, a destra, e della punta d'Averta, a sinistra. Più a destra lo sguardo può dominare la nascosta e misteriosa val Terzana (chiamata anche Valle di Scermendone: così, per esempio, nella carta della Val Masino curata dal conte Lurani, nel 1881-1882, che confluisce, da nord-est, nella Valle di Sasso Bisòlo, la più orientale delle valli che costituiscono la Val Masino), fino al visibile intaglio del passo di Scermendone.


Il rifugio Alpe Granda

Superati una baita ed un piccolo specchio d'acqua, giungiamo alla casera dell'alpe; proseguendo ancora, eccoci ai resti di un'ultima baita, alla sommità di un prato. Segnalo un'interessante variante, che parte proprio da qui. Invece di scendere al prato, proseguiamo verso il lembo estremo dell'alpe, dove il crinale si stringe, in corrispondenza della cima quotata 2127 metri (il monte Scermendone). Un sentierino permette di salire facilmente da sud alla cima, anch'essa estremamente panoramica. Lo stesso sentierino, non sempre molto visibile, percorre poi il brullo crinale, fino al pizzo Mercantelli (m. 2070), alla cui bandierina tricolore saliamo dopo essere scesi ad una piccola sella erbosa. Il pizzo è, dopo la cima di Granda, la seconda elevazione del lungo crinale Granda-Scermendone.
Torniamo ora ai resti dell'ultima baita dell'alpe: scendiamo al limite inferiore del prato, dove scorgeremo la partenza di un sentierino, che ci fa perdere rapidamente quota, con brevi e ripidi tornanti nel bosco. Ben presto intercettiamo una comoda pista tracciata di recente, in occasione della costruzione dell'acquedotto di Buglio: scendendo verso destra, guadagniamo un piccolo poggio, con una croce di legno, dove possiamo staccarci dalla pista per scendere, verso sinistra, all'alpe Merla e di qui all'automobile. Vale però la pena proseguire sulla pista fino al limite di nord-est dell'alpe Granda, meno ampia di quella di Scermendone, ma non meno suggestiva. Dopo un breve tratto, siamo alla cima di Granda (m. 1705), ottimo belvedere sulla cima di Cavalcorto e sui pizzi del Ferro (sciöma dò fèr).


Apri qui una panoramica dell'Alpe Granda e del rifugio Alpe Granda

Se vogliamo pernottare qui, durante l'estate, dobbiamo proseguire verso il limite sud-occidentale dell'alpe, dove si trova il rifugio Alpe Granda, sul limite del bosco che occupa una parte del crinale residuo. In caso contrario, torniamo dalla cima sui nostri passi, dirigendoci però verso destra (sud-est) e raggiungendo una piccola baita solitaria. Proseguendo verso sud-est, in direzione del limite del bosco, troveremo la partenza di un marcato sentiero che, tagliando il fianco del monte, ci riporta ad Our di Cima (si tratta dello stesso sentiero che, all'andata, abbiamo ad un certo punto lasciato per salire all'alpe Merla).
Termina così, dopo circa sette ore di cammino, oppure otto con la puntata al pizzo Mercantelli (sciöma dè Mercantéi), ed un dislivello in salita di circa 1200 metri, un'escursione di raro valore panoramico, che si presta, peraltro, a diverse varianti e che non presenta difficoltà particolari (a parte la lunghezza).


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CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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