SANTI (clicca qui per aprire la pagina relativa a questo giorno dal sito www.santiebeati.it): S. Genoveffa

PROVERBI

El ginée s’ha ‘cciapàl cume l’è (gennaio bisogna prenderlo come viene - Montagna)
A galantóm nas prima fémna e pö óm (ad un galantuomo nasce prima una femmina, poi un maschio)
Fortünada quéla spusa se per primm ghe nas na tùsa
(fortunata quella sposa cui per prima nasce una femmina)
Ai büsàdri sa ga crét gnànca cùra che i dis la verità
(ai bugiardi non si crede neppure quando dicono la verità - Tirano)
Vargùt al va sémpru rut (qualcosa si rompe sempre - Tirano)
Pusèè l' carèl lè vècc’ mèi el gira (il filatoio più è vecchio, meglio gira - Sacco, Valgerola)
Ià fàc’ gnàa ‘l Dóom dè Milàa töt intü’na völta
(neppure il Duomo di Milano è stato fatto tutto in una volta - Val Tartano)
Tròt d’asän e serén de ğnadéc póch chi düra
(trotto d'asino e sereno improvviso dura poco - Villa di Chiavenna)
Dòppo dinadàa tüc’ i di l'è carnevàa (dopo Natale tutti giorni è carnevale - Villa di Chiavenna)
As sol ben dir, ca roba nu fa l'om (si ha un bel dire che non è la roba che fa l'uomo - Val Bregaglia)
Chi da giùan ciapa 'n vizi, al tend sempri a quel ufizi
(chi da giovane assume un vizio, poi tende a mantenerlo - Poschiavo)
Chi prest indenta, prest sa imparenta (chi mette presto i denti, presto si sposa - Poschiavo)

VITA DI UNA VOLTA

Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, nel bel volume “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo), riportano alcuni metodi curativi usati in passato:

"Come emostatico per le piccole ferite si usavano le ragnatele.
Come disinfettante: acqua bollita con sale, oppure orina di bambino (si raccomandava che fosse... maschio).
La piantaggine (plantèna) pestata e ridotta in poltiglia era usata come detergente delle ferite, le faceva cicatrizzare e suppurare.
Per curare ferite e piaghe purulente era anche usato un unguento preparato con resina e burro cotto (unguént de ràsgia e butér).
Per curare il raffreddore, il mal di gola, le affezioni bronchiali si ricorreva ai suffumigi (fumént) con fiori di tiglio, di sambuco, di camomilla, germogli di ginepro e bicarbonato. Con fiori di sambuco e di tiglio si preparavano anche infusi addolciti col miele.
La farina e i semi di lino (linósa) venivano usati per fare catapla­smi e impacchi (papina de lin) che, applicati caldi sul petto e rinnovati per alcune ore, curavano le affezioni bronchiali facendo «maturare» il catarro.
La malva era l'erba medicinale per eccellenza: per uso interno si preparava un decotto considerato efficace come calmante della tosse, lassativo e depurativo; per uso esterno si preparava l'acqua di malva per curare le infiammazioni degli occhi, della bocca, delle parti intime e le emorroidi.
Si faceva un bagno completo nell'acqua di malva ai lattanti che piangevano spesso e presentavano eruzioni cutanee.
Per le forme broncopolmonari gravi si ricorreva ad una cura molto drastica: immersioni in acqua molto calda alternate a spugnature con acqua fredda.
Come febbrifugo si usava un decotto di assenzio (ascénz)
Per le malattie degli occhi non si conoscevano rimedi: si consigliava di portare un orecchino d'oro nella speranza che potesse, in qualche modo, giovare."


Dal “Prodromo della flora valtellinese”, di Giuseppe Filippo Massara (Sondrio, G. B. Tipografo, 1834):
"ACHILLEA (Cl. SYNGENESIA POLYGAMIA SUPERFLUA).
NANA. Nelle alpi di Senevedo, Acqua negra e valle di Rezzel. Fiorisce in agosto.
CLAVENNE. Nell'alpe Painale, vicino al Pizzo Scalino. Fiorisce in luglio ed agosto.
MOSCHIATA. In quasi tutte le alpi. Fiorisce in luglio ed agosto.
var. CAMPHORATA (A. odore camphorce, fol.et pinnulis remotioribus, et gracilioribus guam in moschata). In valle di Togno.
MAGNA. Nei prati montani delle valli d'Ambria e di Togno. Fiorisce in estate.
TOMENTOSA. In valle di Toglio al Campeglio Fiorisce in estate.
ATRATA. Sui monti Braulio, Fraele e Scorlutz. Fiorisce in luglio ed agosto.
MILLEFOLIUM. Comunissima nei prati e nei campi sì del piano che montani od alpini.
Tutte queste achillee, l'ultima eccettuata, si noverano più o meno fra le specie rare. La moschata poi detta dai pastori erba Livia e dai contadinidanedino di monte od erba mascarpina, è quella che nel nostro territorio è in maggior pregio delle altre. Poichè si riguarda come un solenne rimedio contro le doglie di ventre prodotte da flatulenze. Nel qual caso i popolani o ne bevono l'infusione o ne mangiano le cime fiorite cotte nell'uova fresche. Alcuni speziali ne uniscono i fiori al diascordio, ed i nostri cuochi, introducendoli con miglior senno nel corpo degli uccelletti che preparansi arrosto, ci forniscono un'assai squisita vivanda
."

STORIA

Cirillo Ruffoni, nel bel volume di memorie "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola" (Tipografia Bettini, Sondrio, 2003), relativo ai primi anni del secondo dopoguerra, così racconta l’eccezionale nevicata in Val Gerola del 3 gennaio 1951:
E la neve, invece, non è mancata nel 1951, anzi, madre Natura ne ha dispensata talmente tanta che per un certo periodo ne siamo rimasti come sommersi. Di quell'inverno eccezionale ricordo in particolare una giornata, perché è tra quelle che sono rimaste più profondamente impresse nella mia memoria. La mattina del 3 gennaio 1951 avevamo trovato come regalo della notte una generosa nevicata, una delle tante in quelle ultime settimane dominate dal brutto tempo. Mio padre era già stato ad accudire le mucche nella nostra stalla di Valle, aveva fatto una rapida colazione, poi era uscito sulla strada dove già stava arrivando lo spazzaneve per il consueto lavoro di sgombero. Io, come sempre, l'avevo seguito per assistere allo spettacolo. Ho sempre davanti agli occhi distintamente come in un film la neve che cade fittissima, come non l'avevo mai vista, a granellini minuscoli che crepitano sull'impermeabile militare di mio padre, il camion dell'Enrico Zugnoni che si ferma, il padre che sale velocemente nella cabina di guida con il nonno Nicola e altri uomini che non ricordo con precisione, lo spazzaneve che riparte e, dopo pochi metri, scompare nella tormenta.
Ero rientrato in casa. Sembrava una delle solite giornate di neve, quando le famiglie stanno raccolte nelle case al tepore della stufa, i grandi costruiscono o riparano gli attrezzi da lavoro, i bambini giocano, le donne filano la lana o sbrigano le faccende domestiche, i rumori si alternano a lunghi silenzi, dove non si sente altro che il monotono cloc cloc della sveglia che scandisce il tempo o il sommesso borbottare della pentola, dove lentamente cuociono i cotechini o
le rape o le patate per il pranzo di mezzogiorno. Non c'è nessun momento, come questo, in cui si percepisce in maniera così netta la consolante protezione delle mura domestiche, mentre fuori la Natura presenta una delle sue facce più ostili dell'intero ciclo delle stagioni.
Curioso, come sempre, dopo un'ora ero uscito per controllare la neve ed ero rimasto sbalordito: sulla strada c'era di nuovo uno strato alto come quando era passato lo spazzaneve... Adesso la situazione incominciava a farsi preoccupante. La neve continuava a cadere fittissima, al ritmo di trenta o quaranta centimetri all'ora, il tempo passava, lo spazzaneve, con i suoi uomini, non tornava e nostra madre riusciva sempre meno a mascherare la preoccupazione che si stava trasformando in angoscia. Avevamo pranzato in silenzio. Anche le prime ore del pomeriggio erano trascorse nell'attesa, mentre la tensione in casa nostra sembrava aumentare parallelamente al livello della neve. Nostra madre probabilmente riviveva le angosce di qualche anno prima, durante la guerra, quando si era trovata da sola con tre figli e con l'intera responsabilità
della casa. Adesso c'era anche il problema di accudire le mucche: se eravamo isolati, toccava a lei compiere questo lavoro. Dopo essere rimasta a lungo incerta, forse anche perché non riusciva più a reggere l'angoscia dell'attesa, nostra madre aveva deciso di approfittare dell'ultimo periodo di luce per uscire e tentare di raggiungere la stalla di Valle. Così eravamo rimasti in casa da soli come quattro uccellini abbandonati nel nido dai genitori. …
L'assenza della mamma, per fortuna sua e nostra, era stata piuttosto breve. Era tornata stanca e spaventata, perché la situazione era più grave di quanto avesse immaginato. Dopo essere arrivata a fatica fino al ponte di Valle, si era trovata in difficoltà, perché la neve caduta dai prati soprastanti ostruiva il percorso. Ma in quell'inferno bianco non era sola, in direzione opposta stava venendo il Silvestro soprannominato Biga, di ritorno dalla sua stalla dove si era recato ad accudire gli animali. Il vecchio, che aveva già visto nevicate eccezionali come quella, le aveva intimato di tornare indietro immediatamente, perché anche lui, poco prima era stato sfiorato da una valanga caduta sulla strada e per un vero miracolo non era rimasto sepolto. Nel frattempo era sopraggiunto anche Serafino Maxenti, che procedeva nella neve in modo impressionante facendosi largo con le braccia come se stesse nuotando, per tornare alla sua casa, che si trovava, con la segheria, al ponte di Valle. Mia madre aveva così rinunciato al suo proposito di recarsi dalle mucche ed era tornata a casa assieme al vecchio Silvestro.
Quando avvengono le nevicate abbondanti, c'è sempre un momento in cui lo spessore del manto nevoso sui pendii raggiunge il punto critico nell'equilibrio tra altezza della neve e forza di gravità ed allora, come se nei versanti delle montagne ci sia un grande accordo, una specie di spettacolare ola, in un breve arco di tempo si formano le valanghe e la neve cade a valle. Ebbene, nostra madre aveva avuto la sorte (o l'imprudenza) di uscire di casa e di avventurarsi nel suo viaggio proprio durante questo momento critico, il momento peggiore, ma per fortuna era andato tutto bene.
Intanto l'intensità della neve aveva rallentato un po' il ritmo forsennato della mattina. La gente non se ne stava tappata in casa, ma andava al negozio, qualcuno passava di casa in casa per scambiarsi notizie e impressioni e così giravano le notizie più inverosimili. Una, nata chissà dove, diceva addirittura che camion e spazzaneve erano finiti sotto un valanga con tutti gli uomini e potete ben immaginare quale fosse lo stato d'animo in casa nostra. La nonna Elisabetta andava e veniva dalla su casa alla nostra in preda all'angoscia per i suoi che erano lontani e ogni tanto guardava sulla strada per vedere se compariva qualcuno. A me sembrava di percepire nell'aria come un sentore di pericolo incombenti quando il confine della vita si fa sottile e la morte sembra aleggiare minacciosa sopra di noi. Allora basta un evento piccolissimo, un fatto anche banale per provocare l'irreparabile. Mia sorella Giovanna mi ha ricordato un particolare drammatico che io non avevo presente. Quando già era scesa la sera, si era presentata in casa nostra Odilia Maxenti, figlia del Felice, soprannominato Mezzalira, molto preoccupata perché suo fratello Silvestro, partito con gli sci per andare nella stalla che si chiama la Paiàda, poco distante dalla nostra, per accudire le sue capre, non era più tornato. Voleva sapere se qualcuno noi l'aveva visto. Nella sua sensibilità femminile, la ragazza presagiva dramma del fratello. Lei non lo sapeva ancora, ma la morte, che aveva aleggiato sul paese per tutta la giornata, si era già scelta la sua vittima. Mia madre era stata spiacente di rispondere che non era nemmeno arrivata alla stalla, perché era stata costretta a tornare indietro.
Dai racconti fatti in seguito avevamo saputo che il povero Silvestro era passato dalla segheria del Serafino. Questi gli aveva raccomandato stare molto attento, perché la situazione era pericolosa. Il giovane aveva proseguito sulla strada, procedendo nella neve con gli sci, poi aveva risalito il versante della montagna, ma proprio mentre attraversava diagonalmente il pendio per raggiungere la stalla, era stato investito da una valanga che l'aveva trascinato in basso. Dalle case di Valle, però, qualcuno lo aveva seguito con lo sguardo, l'aveva visto scomparire in un turbine di neve e aveva dato immediatamente l'allarme. Erano accorsi numerosi uomini che avevano incominciato febbrilmente le ricerche, ma, sfortunatamente per il povero Silvestro, avevano impiegato troppo tempo per trovarlo, benché fosse sepolto solamente da mezzo metro di neve. Quando lo avevano riportato alla luce non c'era già più niente da fare nonostante i tentativi per rianimarlo.

Il mattino dopo, il sole, tornando, aveva illuminato un incredibile paesaggio sepolto sotto due metri di neve. Gli uomini si erano mi immediatamente al lavoro per ripristinare le comunicazioni interrotte. Mio padre aveva potuto finalmente accudire e mungere le mucche, aveva dovuto scavare una galleria nella neve per attingere di nuovo acqua dal ruscello, che era rimasto sepolto sotto una enorme valanga. La strada che scende a Morbegno aveva dovuto essere spalata a m2 dagli uomini. Ricordo che dietro casa nostra gli spalatori avevano dovuto togliere la neve procedendo su tre livelli, prima in alto, poi nella parte centrale, poi in basso. Ricordo il nonno intento a stilare lunghi elenchi di persone, con accanto le ore di lavoro e le somme da pagare... Anch’io mi ero divertito lavorando per un certo periodo a pulire la strada colla mia pala, con gli altri uomini, ma il mio nome, chissà perché, non era mai comparso in quelle liste. Solamente una settimana dopo gli uomini erano riusciti a ripristinare le comunicazioni. Ricordo che ero nella località Costa ad osservare gli spalatori, quando era passato il camion dell'Enrico Zugnoni che tornava a Gerola con lo spazzaneve. La carreggiata era così stretta che l'automezzo passava a fatica tra due enormi muri di neve. La corriera, poi, quando aveva ripreso le sue corse regolari, scompariva tra le pareti di neve che erano più alte di lei.
Oltre a questa nevicata eccezionale, l'inverno del '51 ne ha dispensate numerose altre di minore entità, ma che hanno fatto raggiungere alla neve livelli da record. Il parroco del tempo, don Giuseppe Canclini, ha lasciato scritto che nella piazza della chiesa il livello della neve era arrivato a coprire il monumento ai caduti (chi vuole farsi un'idea precisa tenga presente che il nuovo monumento ricalca sostanzialmente l'altezza di quello precedente). Gli operai della Società Orobia, che compiono giornalmente i rilevamenti meteorologici, sommando tutte le nevicate, erano arrivati a misurare dodici metri di neve presso la centrale di Gerola e ben quindici metri al lago Inferno. Proprio lì, il guardiano Manni Efrem, che passava tutto l'inverno da solo, era rimasto sepolto sotto la neve scivolata dal muraglione della diga ed era riuscito salvarsi per miracolo.”

AMBIENTE

Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890:

 

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I PROVERBI SONO IN GRAN PARTE TRATTI DAI SEGUENTI TESTI:

Gaggi, Silvio, "Il volgar eloquio - dialetto malenco", Tipografia Bettini, Sondrio, 2011
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996)
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003
Pier Antonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pier Antonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pier Antonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Pier Antonio Castellani, "Detti e citazioni della Valdidentro", I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Luigi Godenzi e don Reto Crameri, "Proverbi, modi di dire, filastrocche raccolti a Poschiavo, in particolare nelle sue frazioni", con la collaborazione di alcune classi delle Scuole di Avviamento Pratico, Tip. Menghini, Poschiavo (CH), 1987
Lina Lombardini Rini, "Favole e racconti in dialetto di Valtellina", Edizioni Sandron, Palermo-Roma, 1926
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)


Utilissima anche la consultazione di Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001

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PRINCIPALI TESTI CONSULTATI:

Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
Tullio Urangia Tazzoli, "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, Anonima Bolis Bergamo, 1935;
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996);
Giuseppina Lombardini, “Leggende e tradizioni valtellinesi”, Sondrio, ed. Mevio Washington, 1925;
Lina Rini Lombardini, “In Valtellina - Colori di leggende e tradizioni”, Sondrio, Ramponi, 1950;
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice;
Glicerio Longa, "Vocabolario Bormino”, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1913;
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – La nascita e l'infanzia” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2000);
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – Fidanzamento e matrimonio” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2004);
Luigi De Bernardi, "Almanacco valtellinese e valchiavennasco", II, Sondrio, 1991;
Giuseppe Napoleone Besta, "Bozzetti Valtellinesi", Bonazzi, Tirano, 1878;
Ercole Bassi, “La Valtellina (Provincia di Sondrio) ”, Milano, Tipografia degli Operai, 1890;
"Ardenno- Strade e contrade", a cura della cooperativa "L'Involt" di Sondrio;
"Castione - Un paese di Valtellina", edito a cura della Biblioteca Comunale di Castione, in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Sondrio;
don Domenico Songini, “Storie di Traona – terra buona”, vol. II, Bettini Sondrio, 2004;
don Domenico Songini, “Storia e... storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001;
Scuola primaria di Sirta: calendari 1986 e 1991 (a cura dell'insegnante Liberale Libera);
Luisa Moraschinelli, “Uita d'Abriga cüntada an dal so dialet (agn '40)”;
Giovanni Bianchini e Remo Bracchi, "“Dizionario etimologico dei dialetti della Val di Tartano”, Fondazione Pro Valtellina, IDEVV, 2003;
Rosa Gusmeroli, "Le mie care Selve";
Cirillo Ruffoni, "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola", Tipografia Bettini, Sondrio, 2003;
Cirillo Ruffoni, "Chi va e chi resta - Romanzo storico ambientato in bassa Valtellina nel secolo XV", Tipografia Bettini, Sondrio, 2000;
Cirillo Ruffoni, "In nomine Domini - Vita e memorie di un comune della Valtellina nel Trecento", Tipografia Bettini, Sondrio, 1998;
Mario Songini (Diga), "La Val Masino e la sua gente - storia, cronaca e altro", Comune di Val Masino, 2006;
Tarcisio Della Ferrera, "Una volta", Edizione Pro-Loco Comune di Chiuro, 1982;
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003;
Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001;
Associazione Archivio della Memoria di Ponte in Valtellina, "La memoria della cura, la cura della memoria", Alpinia editrice, 2007;
Luisa Moraschinelli, "Come si viveva nei paesi di Valtellina negli anni '40 - l'Aprica", Alpinia editrice, 2000;
Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina", Jaca Book, 1982;
Patrizio Del Nero, “Albaredo e la via di San Marco – Storia di una comunità alpina”, Editour, 2001;
Amleto Del Giorgio, "Samolaco ieri e oggi", Chiavenna, 1965;
Ines Busnarda Luzzi, "Case di sassi", II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994;
aa.vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Silvana editoriale, 1995) Pierantonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996 Pierantonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999 Pierantonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Pietro Ligari, “Ragionamenti d’agricoltura” (1752), Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1988
Saveria Masa, “Libro dei miracoli della Madonna di Tirano”, edito a cura dell’Associazione Amici del Santuario della Beata Vergine di Tirano” (Società Storica Valtellinese, Sondrio, 2004)
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890

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