SANTI (clicca qui per aprire la pagina relativa a questo giorno dal sito www.santiebeati.it):
S. Lanfranco vescovo, Alice

PROVERBI

L’è la grassa che fa la pappa (è il letame che rende ricco il raccolto – Montagna)
Ai sposalìzi e ai murtòri se cugnóss el parentòri (a nozze e funerali si conosce il parentado)
Dim la cumpagnìa cun che ten ‘ndée e te diserò la fin che te farée
(dimmi con chi vai e ti dirò cosa farai – Teglio)
I paréncc sa i cunùs a nòzi e dòpu ‘l füneràl (i parenti li si conosce alle nozze e dopo il funerale - Tirano)
De gióen tanc’ e de véc tuc’ quànc’ (di giovani ne muoiono tanti, di vecchi tutti - Grosio)
I paròli i è fèmna e i facc mas’cc (le parole sono femmine ed i fatti maschi - Tirano)
ün pašt bun, fin pašt gram e n pašt mesèen al mantén al còrp sèen
(un buon pasto, un pasto limitato e poi uno a metà mantengono il corpo sano - Villa di Chiavenna)
Chi rit de giùen, pianc' de vécc (chi ride da giovane, piange da vecchio)
Begna sa cürà prim da sa malà (è bene curarsi rima di ammalarsi - Poschiavo)

VITA DI UNA VOLTA

Nella Credaro Porta, nel bell’articolo “Cucina di valle e di montagna” (contenuto nel volume di aa. vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio”, Silvana Editoriale, 1995), ci offre questo interessantissimo spaccato sulle minestre tipiche della civiltà contadina dei secoli scorsi:

"Classica dell'inverno è la minestra d'orzo (A). Ha rappresentato per le valli quello che è il «bottaggio» per la pianura lombarda. Nel momento della macellazione vi finivano infatti tutti gli scarti del maiale: cotenne, piedini, orecchie, ossa che, cotti per una giornata con l'orzo, rappresentavano un cibo per tutto il vicinato e per parecchi giorni (M).
A Sondalo la minestra d'orzo con cotenne e ritagli della macellazione si chiama céna dé mach (S2), dove céna significa anche minestra. A livello casalingo (A) si passano nel lardo soffritto con la cipolla, sedano, porro e carote a pezzettini; si aggiunge l'acqua in cui si buttano i fagioli secchi e l'orzo fatti rinvenire per una giornata, cotenne a pezzi e due foglie di salvia.
L'orzo non perlato richiedeva una cottura di tre ore. Una minestra di miglio pilato era ancora in uso tra i contadini fino agli anni Trenta e si chiamava panigàda (M). Si condiva con lardo a pezzetti, e si mangiava anche asciutta.


Panegàda veniva invece chiamata in Valchiavenna una polenta di panico. Una minestra tipica è il riso e latte (ris e laccA). Nel latte, a volte diluito, si butta un po' di riso e si porta a cottura. Un pezzetto di burro condisce ulteriormente il tutto. È classica l'aggiunta di castagne nelle zone di produzione. Le castagne venivano cotte nel latte per trenta minuti e poi si metteva il riso. Quando il riso era cotto, la minestra era pronta (C).
Val la pena di citare tra le minestre il mach della Valgerola (1975), in uso anche a Faedo (1989). Il nome, che è comune a cibi di aree diverse, come il macco del Catanese, che è fatto con fave e spaghetti rotti, ne testimonia l'antica diffusione. Nella versione nostrana gli ingredienti sono le castagne secche, che vengono cotte a lungo in acqua, a cui si uniscono semi di panico, latte, sale e burro. I tempi della cottura sono lunghissimi: un'ora e mezza per le castagne e altre due ore per il panico. Chi mi ha comunicato questa ricetta diceva che ormai al panico, che quasi nessuno più conosce, si può sostituire il riso.
Le castagne compaiono in quest'altra preparazione: castagne secche, un pezzo di pancetta a cubetti, burro e sale. Si bolle a lungo e si mangia quando l'acqua si è asciugata e le castagne sono cotte (B Sondrio).
Vicino a questo cibo possiamo mettere una panata di latte e riso, condita con lardo e formaggio, che nel Bormiese si mangiava l'antivigilia di Natale come piatto di magro (spèch).
A Samolaco c'era il fonnentìn (S1), una minestra in cui erano in egual misura impiegati latte e acqua. Portati a bollore ricevevano del riso e degli gnocchetti fatti di farina di frumento e latte.
Il risparmio di riso, ottenuto con l'aggiunta di gnocchetti di farina o con patate, è ovvio. Quasi ogni minestra valtellinese vede l'impiego di patate, aggiunte al riso e ad altre verdure e anche alla pasta in brodo.


Tipica per il recupero di piccole quantità di ingredienti è una minestra in cui ci sono contemporaneamente: riso, pasta rotta e piccoli quadrucci di pasta di pizzoccheri che vengono cotti in acqua e latte. Potrebbe trattarsi di un pastone casuale se non avesse il suo specifico nome, minèstra mal maridada (M).
Ma come si preparava il brodo delle minestre, dato che non c'era quasi mai una gallina da lessare e la macelleria non esisteva neppure nei paesi?
Abbiamo visto il latte in sostituzione del brodo nel riso e latte e in varie ricette di gnocchetti o di pappine mangiate col cucchiaio. Negli altri casi c'erano due possibilità. Nel primo, in cui si impiegavano verdure o anche solo patate, queste venivano passate nel burro e, più spesso, nel lardo pestato soffritto con cipolla, poi diluite con acqua e completate con riso o pasta. Nel secondo caso si univa all'acqua él cunsc, chiamato a Bormio cunciamént (R), che era sego salato e secco di pecora, capra, bue o maiale, a seconda delle zone.
Sul maggengo poi ci si accontentava di fare la minestra, quando si trovavano erbe selvatiche, messe nella pentola col riso, con acqua e un pezzetto di burro. Delle erbe selvatiche più usate si è già detto; qui possiamo aggiungere che in minestra venivano consumati: ortiche, purüch o farinéi, gli s'ciupét, il cügui, gli asparagi selvatici e i levertüs, se non erano sufficienti a costituire, come si faceva con i grügn e i falsi asparagi, una verdura condita con formaggio e burro fritto.
Altre minestre di verdura erano quelle di riso e rape, di cipolle, di verze. Tra la minestra e il piatto asciutto era él maserdat dell'Aprica (1980). Se cucinato in momenti di magra, consisteva solo di cipolla, patate a pezzetti, verze tagliate a strisce o coste soffritte nel burro o nello strutto e portate a cottura con acqua.
Nel periodo della maciglia si arricchiva di salsicce o cotenne. Varie zuppe reimpiegavano il pane raffermo. Tra tutte si segnalano pancotto e pantrito. «Pancotto ben cotto; pantrito ben trito», si diceva alle giovani che iniziavano ad occuparsi di cucina e in realtà non c'era altro da fare, se non mettere i tozzi di pane o il pane tritato nell'acqua leggermente salata; farlo bollire e condire con un pezzetto di burro (A).
Stipa dé can (M) si chiama quest'altra zuppa tiranese, che, in contrasto col nome, è abbastanza ricca. È composta di tozzi di pane raffermo a cui si uniscono uova e formaggio di grana. Vi si butta sopra brodo o acqua bollente in modo che le uova si rapprendano e si completa con burro fritto con cipolla.
Altre due zuppe analoghe impiegano pane raffermo in pezzi. Nella prima al pane si unisce burro fritto con cipolla e, se si vuole, anche pancetta in pezzettini. Si cospargono scaglie di formaggio semigrasso e su tutto si versa il brodo bollente. La seconda è più leggera. Il pane a fette, posto in una terrina, si cosparge di prezzemolo e aglio tritati e di formaggio a pezzetti. Si versa sopra il brodo; si mette al forno e si aggiunge altro brodo se serve. Ma qui già gli strumenti usati (la terrina, il forno) indicano uno sbocco verso una cucina borghese (Chiuro 1980).
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STORIA
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AMBIENTE

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I PROVERBI SONO IN GRAN PARTE TRATTI DAI SEGUENTI TESTI:

Gaggi, Silvio, "Il volgar eloquio - dialetto malenco", Tipografia Bettini, Sondrio, 2011
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996)
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003
Pier Antonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pier Antonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pier Antonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Pier Antonio Castellani, "Detti e citazioni della Valdidentro", I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Luigi Godenzi e don Reto Crameri, "Proverbi, modi di dire, filastrocche raccolti a Poschiavo, in particolare nelle sue frazioni", con la collaborazione di alcune classi delle Scuole di Avviamento Pratico, Tip. Menghini, Poschiavo (CH), 1987
Lina Lombardini Rini, "Favole e racconti in dialetto di Valtellina", Edizioni Sandron, Palermo-Roma, 1926
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)


Utilissima anche la consultazione di Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001

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PRINCIPALI TESTI CONSULTATI:

Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
Tullio Urangia Tazzoli, "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, Anonima Bolis Bergamo, 1935;
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996);
Giuseppina Lombardini, “Leggende e tradizioni valtellinesi”, Sondrio, ed. Mevio Washington, 1925;
Lina Rini Lombardini, “In Valtellina - Colori di leggende e tradizioni”, Sondrio, Ramponi, 1950;
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice;
Glicerio Longa, "Vocabolario Bormino”, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1913;
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – La nascita e l'infanzia” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2000);
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – Fidanzamento e matrimonio” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2004);
Luigi De Bernardi, "Almanacco valtellinese e valchiavennasco", II, Sondrio, 1991;
Giuseppe Napoleone Besta, "Bozzetti Valtellinesi", Bonazzi, Tirano, 1878;
Ercole Bassi, “La Valtellina (Provincia di Sondrio) ”, Milano, Tipografia degli Operai, 1890;
"Ardenno- Strade e contrade", a cura della cooperativa "L'Involt" di Sondrio;
"Castione - Un paese di Valtellina", edito a cura della Biblioteca Comunale di Castione, in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Sondrio;
don Domenico Songini, “Storie di Traona – terra buona”, vol. II, Bettini Sondrio, 2004;
don Domenico Songini, “Storia e... storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001;
Scuola primaria di Sirta: calendari 1986 e 1991 (a cura dell'insegnante Liberale Libera);
Luisa Moraschinelli, “Uita d'Abriga cüntada an dal so dialet (agn '40)”;
Giovanni Bianchini e Remo Bracchi, "“Dizionario etimologico dei dialetti della Val di Tartano”, Fondazione Pro Valtellina, IDEVV, 2003;
Rosa Gusmeroli, "Le mie care Selve";
Cirillo Ruffoni, "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola", Tipografia Bettini, Sondrio, 2003;
Cirillo Ruffoni, "Chi va e chi resta - Romanzo storico ambientato in bassa Valtellina nel secolo XV", Tipografia Bettini, Sondrio, 2000;
Cirillo Ruffoni, "In nomine Domini - Vita e memorie di un comune della Valtellina nel Trecento", Tipografia Bettini, Sondrio, 1998;
Mario Songini (Diga), "La Val Masino e la sua gente - storia, cronaca e altro", Comune di Val Masino, 2006;
Tarcisio Della Ferrera, "Una volta", Edizione Pro-Loco Comune di Chiuro, 1982;
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003;
Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001;
Associazione Archivio della Memoria di Ponte in Valtellina, "La memoria della cura, la cura della memoria", Alpinia editrice, 2007;
Luisa Moraschinelli, "Come si viveva nei paesi di Valtellina negli anni '40 - l'Aprica", Alpinia editrice, 2000;
Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina", Jaca Book, 1982;
Patrizio Del Nero, “Albaredo e la via di San Marco – Storia di una comunità alpina”, Editour, 2001;
Amleto Del Giorgio, "Samolaco ieri e oggi", Chiavenna, 1965;
Ines Busnarda Luzzi, "Case di sassi", II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994;
aa.vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Silvana editoriale, 1995) Pierantonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996 Pierantonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999 Pierantonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Pietro Ligari, “Ragionamenti d’agricoltura” (1752), Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1988
Saveria Masa, “Libro dei miracoli della Madonna di Tirano”, edito a cura dell’Associazione Amici del Santuario della Beata Vergine di Tirano” (Società Storica Valtellinese, Sondrio, 2004)
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890

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