SANTI (clicca qui per aprire la pagina relativa a questo giorno dal sito www.santiebeati.it):
Cristo re e S. Flora

PROVERBI

El vé gió l’acqua del vilà, l’è féna ma la pàsa ‘l gabà
(scende l’acqua del villano, è fine, ma passa attraverso il mantello – Morbegno)
Né a tàula né a lécc se vén mai vécc (a tavola e a letto non si invecchia)
A galantóm nàs prima fèmma e pö óm
(ad un galantuomo nasce prima una bambina, poi un bambino – Albosaggia)
A chìi g’à furtüna ànca ‘l gal ga fa öf (a chi ha fortuna anche il gallo fa le uova - Tirano)
L’àsan de natüra al cugnùs mìga la sùa scritüra
(l'asino di natura non conosce la propria scrittura - Tirano)
La bèla matèla la g’à sémpri chìi che ga cur rée
(la bella ragazza ha sempre qualcuno che le corre dietro - Tirano)
Fin che làsc’ al piòt al bel temp l'è mia scià
(finché brillano le pareti rocciose il bel tempo non è ancora arrivato - Villa di Chiavenna)
La menestra: düra; la pulenta cùme la vén (la minestra deve essere dura, la pontenta come viene - Poschiavo)

VITA DI UNA VOLTA

Nel “Dizionario etimologico grosino”, di Gabriele Antonioli e Remo Bracchi (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio), leggiamo:
"Avemarìa f. 1. preghiera mariana 2. rintocchi della campana che apre e chiude la giornata lavorativa. Il Anticamente, dopo il suono dell'avemaria vespertina, gli osti e i canepari del comune doveva­no scrupolosamente attenersi a certe prescrizioni: «sonata l'Ave Maria della salutazione angelica non possino, né debbino in modo alcuno lasciar giocare ad alcuna sorte di giuochi» (Stat. com. cap. 10, ed. 1607). Molte credenze e superstizioni sono legate al suono dell'avemaria. Si credeva infatti che, dopo tale segno, alla sera, si scatenassero le forze del male (al gira nóma i strìi e i strión). Pertanto era sconsigliato uscire di casa per qualsiasi motivo, anche per raccogliere l'insalata nell'orto (guai ramar su insalata dòpu l'avemarìa), peggio ancora se si usciva a capo scoperto. Gli anziani cercavano di dissuadere i giovani 'dall'uscire di casa, dicendo loro se savésuf cufa al vòl dir la nöc', meterìsuf gnè un dì fò de un böc' (se sapeste cosa significa la notte, non osereste mettere neppure un dito fuori da un buco). Occorreva inoltre che di notte non rimanessero appesi ad asciugare esternamente pannolini di neonati (patéi, fasi e pisareit), sempre per evitare malefici influssi. Chi doveva uscire di casa prima del suono dell'avemaria del mattino, doveva farsi il segno di croce come scongiuro."

Novembre, mese dei morti. Molto interessanti sono le notizie sui rituali funebri nel bormiese che troviamo nel pregevole lavoro di Glicerio Longa ("Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice):
“Il campanaro tira a brevi intervalli di tempo la fune diuna grossa campana e segna quattro distinti rintocchi setrattasi di donna, cinque se d'un uomo, smentendocosì l'adagio: la morte è uguale per tutti... Se questa segue nottetempo il segnale dell'agonia è dato soltanto la dimane, dopo quello dell'Ave Maria, quando cioè il trapasso è giàavvenuto da parecchie ore.
Tutti smettono chiacchiere e lavoro e recitano le preghiere per gli agonizzanti, facendo seguire qualche commento sulla vita del moribondo: «L'à furnì i séi dì ènka lu... Ha finito anch'egli i suoi giorni...».
I segni del decesso sono dati da una campana più piccola,i cui rintocchi si susseguono sempre eguali e monotoni;magari per lo spazio di un'ora, se si tratta della morte d'un dovizioso; di pochi minuti, se di quella d'un miserabile.
All'annunzio di morte dato dalla campana si recitanole preghiere pei defunti.
Due parenti o amici del defunto sono incaricatidi comporre la salma (ordinàr al mòrt) ed hanno in compenso uno o due capi di vestiario del morto.
La salma è avvolta e cucita in un lenzuolo e, composta sul letto, viene ricoperta con una coperta colorata.
Altri due uomini —sempre parenti prossimi — sono incaricati di andare a «fare la elemosina» (far la limòsina), cioè il danaro in soldie soldoni, presso gli esercenti del paese, e a provvedere la cera necessaria pel funerale o da regalare alla chiesa e alla confraternita.
La sera stessadel giorno in cui avviene il decesso, e anchela sera dopo, se il funerale non vien fatto il mattino seguente, si recita, nelle chiese del paese, il rosario pel defunto. V'accorrono molti, anche delle altre frazioni, specialmente i ragazzi, per ricevere il soldo della liinòfina. Anche nel crudo inverno si fanno dai ragazzi lunghi tratti di strada, per andare — come si dice in Valfurva — a «ciapàr la palànga».
Appena spirato l'infermo, dopo il primo sfogo di pianto,in casasi recitano [il]De profundis, le litanie dei santi,eccetera, dai parenti o vicini presenti.
Fino a che la salma non è composta nella cassa (ciò che si fa soltanto il mattino del funerale), il morto non è mai lasciato solo. A una o più tavole siedono parecchie persone — generalmente donne — a leggere le offerte dei morti. A queste donne sicorrispondono venti centesimi per il giorno e venti per la notte. Vi accorrono anche non parenti e alle volte è una trentina di persone. A tutti si fornisce il cibo in abbondantissima quantità.

… I famigliari parlano del morto, tra un singhiozzo e l'altro, con frasi dolci e ricordano i meriti e le buone qualità del kar ómen iscì brào, del kar pa iscì bón, della kàra marna iscì sàja, della kàra sorèla iscì bèla. Anche il Venosta accenna a questa cerimonia, quando dice che, dopo il funerale, «tuttisi radunano nella casa del morto e il più saputo ne dice le lodi».
…I funerali degli adulti seguono quasi sempre al mattino, quelli dei bambini, invece, nel pomeriggio.
Le cerimonie funebri per i primi vanno molto per lelunghe, al canto lento e monotono del notturno seguendo quello della messa da requie e delle esequie, mentre al cimitero durano troppo spesso interminabili i sermoni e gli sproloqui, col necessario contorno dei gemiti muliebri e dei sospiri; e di quelli se ne fa ormai un abuso quasi intollerabile, sicché su per giù si potrebbe ripetere col Giusti:
Non crepa un asino
che sia padrone
d'andare al diavolo
senza un sermone.
Se il morto era celibe, è portato da giovanotti con una fascia rossa a tracolla.
Se è una giovane, la cassa è ricoperta da un velo bianco ornato di fiori e dai distintivi delle associazioni cristiane, a cui apparteneva, ed è circondata da un drappello di giovani biancovestite, con candela in mano.
Se sposa o vecchia, nulla sulla cassa fuor del nero panno.
Tutti gli altri — salvo infanti o ragazzi — sono portati da confratelli in abito bianco, i quali sono pagati ognuno con quaranta centesimi.
Tutti i membri della famiglia sogliono — specialmentenelle Valli — seguire il feretro, tenendo il primo posto; in Bormio invece è raro che al corteo intervenga il coniuge. Data l'usanza di distribuire l'elemosina in danaro, accorremolta gente coi ragazzi alle calcagna e bambini in braccio. La limòsina — uno o due soldi — è distribuita da due incaricati, che si mettono ai due lati della strada in un punto qualsiasi, per cui passerà il corteo.
Alcune mamme hanno persino sei o sette bambini, perché l'elemosina — almeno in Valfurva - è data in ragione delle teste.

 

STORIA
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AMBIENTE

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I PROVERBI SONO IN GRAN PARTE TRATTI DAI SEGUENTI TESTI:

Gaggi, Silvio, "Il volgar eloquio - dialetto malenco", Tipografia Bettini, Sondrio, 2011
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996)
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003
Pier Antonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pier Antonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pier Antonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Pier Antonio Castellani, "Detti e citazioni della Valdidentro", I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Luigi Godenzi e don Reto Crameri, "Proverbi, modi di dire, filastrocche raccolti a Poschiavo, in particolare nelle sue frazioni", con la collaborazione di alcune classi delle Scuole di Avviamento Pratico, Tip. Menghini, Poschiavo (CH), 1987
Lina Lombardini Rini, "Favole e racconti in dialetto di Valtellina", Edizioni Sandron, Palermo-Roma, 1926
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)


Utilissima anche la consultazione di Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001

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PRINCIPALI TESTI CONSULTATI:

Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
Tullio Urangia Tazzoli, "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, Anonima Bolis Bergamo, 1935;
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996);
Giuseppina Lombardini, “Leggende e tradizioni valtellinesi”, Sondrio, ed. Mevio Washington, 1925;
Lina Rini Lombardini, “In Valtellina - Colori di leggende e tradizioni”, Sondrio, Ramponi, 1950;
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice;
Glicerio Longa, "Vocabolario Bormino”, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1913;
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – La nascita e l'infanzia” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2000);
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – Fidanzamento e matrimonio” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2004);
Luigi De Bernardi, "Almanacco valtellinese e valchiavennasco", II, Sondrio, 1991;
Giuseppe Napoleone Besta, "Bozzetti Valtellinesi", Bonazzi, Tirano, 1878;
Ercole Bassi, “La Valtellina (Provincia di Sondrio) ”, Milano, Tipografia degli Operai, 1890;
"Ardenno- Strade e contrade", a cura della cooperativa "L'Involt" di Sondrio;
"Castione - Un paese di Valtellina", edito a cura della Biblioteca Comunale di Castione, in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Sondrio;
don Domenico Songini, “Storie di Traona – terra buona”, vol. II, Bettini Sondrio, 2004;
don Domenico Songini, “Storia e... storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001;
Scuola primaria di Sirta: calendari 1986 e 1991 (a cura dell'insegnante Liberale Libera);
Luisa Moraschinelli, “Uita d'Abriga cüntada an dal so dialet (agn '40)”;
Giovanni Bianchini e Remo Bracchi, "“Dizionario etimologico dei dialetti della Val di Tartano”, Fondazione Pro Valtellina, IDEVV, 2003;
Rosa Gusmeroli, "Le mie care Selve";
Cirillo Ruffoni, "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola", Tipografia Bettini, Sondrio, 2003;
Cirillo Ruffoni, "Chi va e chi resta - Romanzo storico ambientato in bassa Valtellina nel secolo XV", Tipografia Bettini, Sondrio, 2000;
Cirillo Ruffoni, "In nomine Domini - Vita e memorie di un comune della Valtellina nel Trecento", Tipografia Bettini, Sondrio, 1998;
Mario Songini (Diga), "La Val Masino e la sua gente - storia, cronaca e altro", Comune di Val Masino, 2006;
Tarcisio Della Ferrera, "Una volta", Edizione Pro-Loco Comune di Chiuro, 1982;
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003;
Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001;
Associazione Archivio della Memoria di Ponte in Valtellina, "La memoria della cura, la cura della memoria", Alpinia editrice, 2007;
Luisa Moraschinelli, "Come si viveva nei paesi di Valtellina negli anni '40 - l'Aprica", Alpinia editrice, 2000;
Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina", Jaca Book, 1982;
Patrizio Del Nero, “Albaredo e la via di San Marco – Storia di una comunità alpina”, Editour, 2001;
Amleto Del Giorgio, "Samolaco ieri e oggi", Chiavenna, 1965;
Ines Busnarda Luzzi, "Case di sassi", II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994;
aa.vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Silvana editoriale, 1995) Pierantonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996 Pierantonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999 Pierantonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Pietro Ligari, “Ragionamenti d’agricoltura” (1752), Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1988
Saveria Masa, “Libro dei miracoli della Madonna di Tirano”, edito a cura dell’Associazione Amici del Santuario della Beata Vergine di Tirano” (Società Storica Valtellinese, Sondrio, 2004)
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890

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