SANTI (clicca qui per aprire la pagina relativa a questo giorno dal sito www.santiebeati.it):
S. Stefano

SANTI PATRONI: S. Stefano (Mazzo di Valtellina)

PROVERBI

Pasèe ‘l d’ Nadèe, ogni végia po’ balèe
(dopo il Natale, ogni vecchia può ballare, cioè è carnevale – Samolaco)
El cafè s'ha da bével sedént, sbruiént e per gnént
(il caffè va bevuto da seduti, molto caldo, ed offerto da altri)
La vìta l’è ‘n buf (la vita è un soffio - Tirano)
L’è abòt dùi fémni e ‘n òca par fa ‘n bacàn de mercàa
(bastano due donne ed un'oca per far baccano in un mercato - Tirano)
Mén s’ghé n’ha e méi se stà (meno si ha, meglio si sta - Teglio)
A quaràntä dì 'l matèn l'in vèen (la neoneta già a quaranta giorni ride - Villa di Chiavenna)
Na màzzà püsé la gùlä che la špàdä (ne uccide più la gola che la spada - Villa di Chiavenna)
Un bon disnà sa 'l pö anca fa senza sa maridà (un buon pranzo lo si può fare anche senza sposarsi - Poschiavo)

VITA DI UNA VOLTA

Negli Statuti di Valtellina del 1549 questa giornata, dedicata alla memoria di Santo Stefano martire, era considerata festiva, per cui non vi si poteva svolgere alcuna attività giudiziaria né costringere alcun contratto (art. 131: “che non si renda ragione, et che non si facciano esecutioni de contratti, o distratti, ne li quali si richiede il decreto del Giudice, overo del Consule”).

I ragazzi di Ardenno un tempo nel giorno di S. Stefano davano vita ad una sassaiola fra bande contrapposte, per ricordare la lapidazione alla quale era stato sottoposto il primo martire dell'era cristiana, S. Stefano.
Riportiamo, poi, alcuni passi da “La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, di Tullio Urangia Tazzoli (Anonima Bolis Bergamo, 1935):
Nella notte di S. Stefano, sebbene vada scomparendo, si mantiene tuttora nelle vallate di Valfurva, Valdidentro (Premadio), Valdisotto (Cepina) l'usanza di portare in giro su di un bastone una stella rischiarata da un cero: simbolo della stella celeste che indicò la via di Betlemme ai Re Magi.
I giovani di Premadio, ad esempio, preparano per questa sera una grande stella di carta colorata e, con essa, vanno a fare la questua per la dote a Gesù Bambino... Chi dà uova; chi dà segale, chi farina, chi lino, panni e così via. Cantansi nenie liturgiche intorno al leggendario viaggio dei Re Magi.
Scesa la notte i giovani vanno alla ricerca delle giovani (generalmente, e si capisce, secondo le simpatie reciproche più o meno pronunziate ed ufficialmente note) e salgono ai vicini Bagni Nuovi il cui territorio trovasi appunto nel comune di Valdidentro. Nel salone, privo in questa stagione come l'albergo di ospiti, si improvvisa una cenetta e si balla sino alle ore piccole. Non manca di presenziarvi qualche volta il parroco di Premadio. Vi è, immancabile, il Direttore dei Bagni che fa gli onori di casa e che in quella occasione, ma solo in quella occasione, anche lassù, nel suo regno, dimentica la sua veste ed il suo carattere burocratico officioso di rigido dirigente ed amministratore... Naturalmente la festa, che ha inizi e forme esteriori religiosi, finisce spesso all'alba con giocondi canti alla giovinezza ed all'amore... E fra tre giorni quando non da tutti ma in parecchie famiglie si attenderà l'anno nuovo, quando a mezzanotte squilleranno le campane annunzianti il gennaio che ricomincia il ritmo della vita bormiese riprenderà lento e tranquillo nell'antico borgo e nelle vallate. E nelle Onorate Valli e nella Magna Terra ricomincerà il ciclo delle poche caratteristiche feste che cercammo assai sommariamente di ricordare feste che segnano, quasi, una nota gaia e riposante nella rude, monotona ed alquanto melanconica vita della popolazione in maggioranza agricola e pastorale.”

Santo Stefano è il protagonista di due curiose leggende, per così dire, gemelle, che si raccontavano, un tempo, sugli opposti versanti retico ed orobico fra Tresivio e Briotti.
Raccontano, in quel di Sant'Antonio (frazione alta di Tresivio), che una volta, quando si saliva ai maggenghi per la mulattiera S. Antonio-Desì, i genitori, passando per quel punto, dicevano ai bambini: "Guardate, questa è l'impronta di S. Stefano. Mettete anche voi il piede nell'impronta che ha lasciato il santo". Cosa c'entra Santo Stefano con questi luoghi? La storia è un po' lunga, e va presa dall'inizio.
L'inizio è l'antichissima rivalità fra versante retico ed orobico, che troviamo diffusa un po' in tutta la media e bassa Valtellina. Nel nostro caso si fronteggiavano, è proprio il caso di dirlo, soprattutto Castello dell'Acqua e Chiuro (Castello, fino al 1858, dipendeva amministrativamente da Chiuro, pur mordendo, come si suol dire, il freno per avere piena autonomia). Ma la rivalità, evidentemente, si è estesa anche a Tresivio. Motivo della contesa era l'esistenza di due chiesette, sugli opposti versanti, ed a quota singolarmente analoga (poco sopra i 1700 metri) entrambe dedicate a Santo Stefano. Evidentemente non potevano che avere una comune origine, e, nella fantasia popolare, l'origine fu la presenza del santo, sì, proprio di Santo Stefano in carne ed ossa. Ma, e qui nasce il problema, come e perché il santo passò da un versante all'altro?
In quel di Castello dell'Acqua la raccontano così (nella raccolta “Storie e leggende dei nostri paesi”, curata, nel 1976, dalla classe IV B della scuola elementare di Chiuro sotto la guida dell’insegnante Armida Bombardieri). Santo Stefano, come si sa, fu il primo martire; ma, prima di andare incontro al martirio per lapidazione in Terra Santa, capitò in quel di Valtellina, per predicare il Vangelo. Non ebbe, però, buona accoglienza nei paesi di fronte a Castello, sul versante retico. Nessuno mise mano alle pietre, non era ancora la sua ora, ma, insomma, venne più o meno cortesemente invitato a cambiare aria. Raggiunse, allora, l’opposto versante, quello orobico, passando per Castello dell’Acqua e proseguendo nella salita ai monti sopra il centro del paese, dove poté finalmente trovare rifugio. Ma i santi sono sempre in cammino, e lui li attraversò, quei monti, sostando in diversi luoghi per riposare e per rifocillarsi, usando un piccolo attrezzo, il “cazzett”, con il quale quagliava il latte che il buon cuore dei contadini gli offriva.
Operò anche molti miracoli, nel periodo nel quale rimase, come eremita, in quei luoghi ritirati: molti salirono fino a lui, ottenendo, come premio per la loro fede, la guarigione dalle menomazioni che avevano loro imposto grucce e stampelle. Ma la sua meta era la cime del monte sul lato opposto della valle d’Arigna, il monte che ancora oggi reca il suo nome.
Per questo, un giorno, spiccò letteralmente il volo, raggiungendo la media costa in località Briotti. Ma prima di spiccare il prodigioso balzo verso il lato opposto della valle, il santo si fermò a riposare su un sasso, imprimendovi il segno dei suoi piedi e del cazzett. Era nei pressi dei prati di Pòrtola. Il santo lasciò i luoghi, mentre il masso rimase, e con esso rimase anche la profezia inquietante, che rivaleggia con quelle più famose di Nostradamus: quando il terreno l’avrà ricoperto, il mondo terminerà.
In quel di Tresivio, invece, la raccontano a rovescio: Santo Stefano fu prima sul versante orobico, dal quale, evidentemente per la poca devozione della gente, spiccò un prodigioso balzo che lo fece atterrare proprio sul masso in questione, dove lasciò l'impronta del suo piede. Il masso gli servì solo come appoggio per spiccare un secondo prodigioso balzo, che lo portò direttamente alla pianetta dove ora si trova la chiesa di Santo Stefano, sulla mulattiera che sale da Boirolo all'alpe Rogneda. Qui rimase per qualche tempo, venerato dalla gente di Tresivio, prima di andare incontro al suo destino di martirio: "Meglio farsi tirare le pietre che fardi tirare la tunica da parti opposte in una contesa fra devoti e campanili", avrà pensato (ma forse questa è solo una malignità).
Ora, chi avrà ragione? Difficile dirlo. Così come è difficile dire dove sia esattamente il masso in questione. Percorrendo la mulattiera, poco sopra il "capitèl", là dove questa comincia a piegare a sinistra, si nota, sul suo limite di destra, un masso che reca sul dorso l'evidente segno di un incavo a forma di piede. E' l'unico, sulla mulattiera, a presentare tale segno.

Per andarlo a vedere possiamo regolarci così: salendo sulla strada per Prasomaso e Boirolo, oltrepassate le case della frazione Sant'Antonio (l'ultima che si trova sopra Tresivio) incontriamo una sequenza di tornanti dx-sx-dx-sx. Dopo quest'ultimo tornante, procediamo per breve tratto, fino al punto in cui la strada accenna ad una semicurva a destra: lì, sul lato destro, potremo notare la larga mulattiera, che sale da Sant'Antonio, taglia la strada e prosegue nella salita. Pochi metri oltre, sul lato sinistro, c'è uno slargo al quale possiamo lasciare l'automobile per salire a cercare il masso. La mulattiera sale abbastanza ripida e descrive un'ampia curca a sinistra, delimitata, sul lato sinistro, da un alto muro a secco di contenimento. Dopo la curva, troviamo, sul lato sinistro, la cappelletta e, alle sue spalle, un rudere di baita. In effetti possiamo vedere che le sue pareti sono interamente ricoperte di nomi. Una grata difende dalla mania degli autografomani il dipinto della Madonna con Bambino adorata da due santi, probabilmente San Francesco e Santa Caterina da Siena. In alto si legge: "Dignare me laudare te Virgo Sacrata - Da mihi virtutem contra hostes tuos", cioè "Rendimi degno di lodarti, o Vergine consacrata - Dammi la virtù contro i tuoi nemici".

 

 


STORIA
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AMBIENTE

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I PROVERBI SONO IN GRAN PARTE TRATTI DAI SEGUENTI TESTI:

Gaggi, Silvio, "Il volgar eloquio - dialetto malenco", Tipografia Bettini, Sondrio, 2011
Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996)
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003
Pier Antonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996
Pier Antonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999
Pier Antonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Pier Antonio Castellani, "Detti e citazioni della Valdidentro", I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Luigi Godenzi e don Reto Crameri, "Proverbi, modi di dire, filastrocche raccolti a Poschiavo, in particolare nelle sue frazioni", con la collaborazione di alcune classi delle Scuole di Avviamento Pratico, Tip. Menghini, Poschiavo (CH), 1987
Lina Lombardini Rini, "Favole e racconti in dialetto di Valtellina", Edizioni Sandron, Palermo-Roma, 1926
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)


Utilissima anche la consultazione di Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001

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PRINCIPALI TESTI CONSULTATI:

Laura Valsecchi Pontiggia, “Proverbi di Valtellina e Valchiavenna”, Bissoni editore, Sondrio, 1969
Gabriele Antonioli, Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino" (Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca comunale di Grosio)
Dott. Omero Franceschi, prof.ssa Giuseppina Lombardini, "Costumi e proverbi valtellinesi", Ristampa per l'Archivio del Centro di Studi Alpini di Isolaccia Valdidentro, 2002
Tullio Urangia Tazzoli, "La contea di Bormio – Vol. III – Le tradizioni popolari”, Anonima Bolis Bergamo, 1935;
AA.VV. "A Cà Nossa ai le cünta inscì", a cura della Biblioteca Comunale di Montagna in Valtellina, Piccolo Vocabolario del dialetto di Montagna con detti, proverbi, filastrocche e preghiere di una volta (1993-1996);
Giuseppina Lombardini, “Leggende e tradizioni valtellinesi”, Sondrio, ed. Mevio Washington, 1925;
Lina Rini Lombardini, “In Valtellina - Colori di leggende e tradizioni”, Sondrio, Ramponi, 1950;
Glicerio Longa, "Usi e Costumi del Bormiese”, ed. "Magnifica Terra", Sondrio, Soc. Tipo-litografica Valtellinese 1912, ristampa integrale nel 1967 a Bormio e II ristampa nel 1998 a Bormio a cura di Alpinia Editrice;
Glicerio Longa, "Vocabolario Bormino”, Perugia, Unione Tipografica Cooperativa, 1913;
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – La nascita e l'infanzia” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2000);
Marcello Canclini “Raccolta di tradizioni popolari di Bormio, Valdisotto, Valfurva, Valdidentro e Livigno – Il ciclo della vita – Fidanzamento e matrimonio” (Centro Studi Storici Alta Valtellina, 2004);
Luigi De Bernardi, "Almanacco valtellinese e valchiavennasco", II, Sondrio, 1991;
Giuseppe Napoleone Besta, "Bozzetti Valtellinesi", Bonazzi, Tirano, 1878;
Ercole Bassi, “La Valtellina (Provincia di Sondrio) ”, Milano, Tipografia degli Operai, 1890;
"Ardenno- Strade e contrade", a cura della cooperativa "L'Involt" di Sondrio;
"Castione - Un paese di Valtellina", edito a cura della Biblioteca Comunale di Castione, in collaborazione con il Sistema Bibliotecario di Sondrio;
don Domenico Songini, “Storie di Traona – terra buona”, vol. II, Bettini Sondrio, 2004;
don Domenico Songini, “Storia e... storie di Traona – terra buona”, vol. I, Bettini Sondrio, 2001;
Scuola primaria di Sirta: calendari 1986 e 1991 (a cura dell'insegnante Liberale Libera);
Luisa Moraschinelli, “Uita d'Abriga cüntada an dal so dialet (agn '40)”;
Giovanni Bianchini e Remo Bracchi, "“Dizionario etimologico dei dialetti della Val di Tartano”, Fondazione Pro Valtellina, IDEVV, 2003;
Rosa Gusmeroli, "Le mie care Selve";
Cirillo Ruffoni, "Ai confini del cielo - la mia infanzia a Gerola", Tipografia Bettini, Sondrio, 2003;
Cirillo Ruffoni, "Chi va e chi resta - Romanzo storico ambientato in bassa Valtellina nel secolo XV", Tipografia Bettini, Sondrio, 2000;
Cirillo Ruffoni, "In nomine Domini - Vita e memorie di un comune della Valtellina nel Trecento", Tipografia Bettini, Sondrio, 1998;
Mario Songini (Diga), "La Val Masino e la sua gente - storia, cronaca e altro", Comune di Val Masino, 2006;
Tarcisio Della Ferrera, "Una volta", Edizione Pro-Loco Comune di Chiuro, 1982;
"Parla 'me ta mànget - detti, proverbi e curiosità della tradizione comasca, lecchese e valtellinese", edito da La Provincia, 2003;
Massimiliano Gianotti, "Proverbi dialettali di Valtellina e Valchiavenna", Sondrio, 2001;
Associazione Archivio della Memoria di Ponte in Valtellina, "La memoria della cura, la cura della memoria", Alpinia editrice, 2007;
Luisa Moraschinelli, "Come si viveva nei paesi di Valtellina negli anni '40 - l'Aprica", Alpinia editrice, 2000;
Aurelio Benetti, Dario Benetti, Angelo Dell'Oca, Diego Zoia, "Uomini delle Alpi - Contadini e pastori in Valtellina", Jaca Book, 1982;
Patrizio Del Nero, “Albaredo e la via di San Marco – Storia di una comunità alpina”, Editour, 2001;
Amleto Del Giorgio, "Samolaco ieri e oggi", Chiavenna, 1965;
Ines Busnarda Luzzi, "Case di sassi", II, L'officina del Libro, Sondrio, 1994;
aa.vv. “Mondo popolare in Lombardia – Sondrio e il suo territorio” (Silvana editoriale, 1995) Pierantonio Castellani, “Cento proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1996 Pierantonio Castellani, “Cento nuovi proverbi, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 1999 Pierantonio Castellani, “Cento altri, detti e citazioni di Livigno” I Libri del Cervo, Sondrio, 2000
Cici Bonazzi, “Detti, proverbi, filastrocche, modi di dire in dialetto tiranese”, ed. Museo Etnografico Tiranese, Tirano, 2000
Luisa Moraschinelli, "Dizionario del dialetto di Aprica", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Tarcisio Della Ferrera, Leonardo Della Ferrera (a cura di), "Vocabolario dialettale di Chiuro e Castionetto", Comune di Chiuro ed IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2008 (cfr. anche www.dialettochiuro.org)
Giovanni Giorgetta, Stefano Ghiggi (con profilo del dialetto di Remo Bracchi), "Vocabolario del Dialetto di Villa di Chiavenna", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2010
Luigi Berti, Elisa Branchi (con contributo di Remo Bracchi), "Dizionario tellino", IDEVV (Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca"), Sondrio, 2003
Pietro Ligari, “Ragionamenti d’agricoltura” (1752), Banca Popolare di Sondrio, Sondrio, 1988
Saveria Masa, “Libro dei miracoli della Madonna di Tirano”, edito a cura dell’Associazione Amici del Santuario della Beata Vergine di Tirano” (Società Storica Valtellinese, Sondrio, 2004)
Sergio Scuffi (a cura di), "Nü’n cuštümàva – Vocabolario dialettale di Samolaco", edito nel 2005 dall’Associazione Culturale Biblioteca di Samolaco e dall’Istituto di Dialettologia e di Etnografia Valtellinese e Valchiavennasca. Giacomo Maurizio, "La Val Bargaia", II parte, in "Clavenna" (Bollettino della Società Storica Valchiavennasca), 1970 Gabriele Antonioli e Remo Bracchi, "Dizionario etimologico grosino", Sondrio, 1995, edito a cura della Biblioteca Comunale di Grosio.
Silvana Foppoli Carnevali, Dario Cossi ed altri, “Lingua e cultura del comune di Sondalo” (edito a cura della Biblioteca Comunale di Sondalo)
Serafino Vaninetti, "Sacco - Storia e origini dei personaggi e loro vicissitudini degli usi e costumi nell'Evo", Edizioni Museo Vanseraf Mulino del Dosso, Valgerola, 2003
Sito www.fraciscio.it, dedicato a Fraciscio
Sito www.prolocodipedesina.it, dedicato a Pedesina
Massara, Giuseppe Filippo, "Prodromo della flora valtellinese", Sondrio, Della Cagnoletta, 1834 (ristampa anastatica Arnaldo Forni Editore)
Galli Valerio, Bruno, "Materiali per la fauna dei vertebrati valtellinesi", Sondrio, stab. tipografico "Quadrio", 1890

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