CARTA DEI PERCORSI sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la mappa on-line

 
Portiamoci al ponte della Sirta e guardiamo verso sud, volgendo lo sguardo leggermente a destra: davanti a noi si aprirà il selvaggio versante settentrionale del grande bastione che presidia il fianco occidentale della val Fabiolo e che culmina in un piccolo ripiano che, peraltro, da qui non è ben visibile. Si tratta del Crap del Mezzodì, che deve la sua denominazione al fatto che, per chi lo osservi dal versante retico sopra Ardenno, è posto esattamente a mezzogiorno, cioè a sud.
La denominazione potrebbe suggerire un’immagine solare, ma dal punto in cui siamo le cose appaiono ben diverse: il versante è ripido, aspro, propone una vertiginosa successione di spuntoni di roccia semiricoperti dalla tenace vegetazione e dai pochi alberi, distribuiti in ardite macchie, qua e là. È veramente un Crap, insomma, cioè una roccia strapiombante.
L’impressione è piuttosto cupa, sia per la conformazione del versante, sia per l’ombra che lo avvolge per buona parte dell’anno. Non è un caso, quindi, che questa formazione sia legata a leggende di streghe e spiriti malefici. La modesta piana di San Gregorio, che sta proprio sotto la cima del Crap, pare sia stata un luogo di supplizio delle streghe, così come il Crap uno dei ritrovi di queste maliarde per il convegno con il diavolo, il sabba. Ormai di streghe non si parla più da gran tempo, se non metaforicamente, eppure il luogo è ancora circonfuso di un forte alone di mistero, come se avesse conservato interamente la sua natura di luogo magico.
 
Pensiero e desiderio volano quindi al suo pianoro sommatale: sarà possibile visitarlo? No, se intendiamo partire dalla piana di San Gregorio e risalirne il versante nord. È possibile, invece, ed anche relativamente facile salire ai 1031 metri della sommità del Crap sfruttando il breve versante opposto, quello sud, e partendo dalla bocchetta che si apre, a quota 977 metri, fra sul fianco occidentale della val Fabiolo, cioè sul lungo crinale che la separa dalla bassa Valtellina e che prosegue, a sud, fino alla cime del Culmine di Campo. Si tratta della sella posta a monte di Sostila, il suggestivo paesino abbarbicato sul fianco occidentale della media val Fabiolo, ad 831 metri.
 
Punto di partenza di questa salita al mistero è dunque la sella di quota 977. Possiamo arrivarci per due più vie. La più breve, ma per qualche aspetto insidiosa, ha come punto partenza la strada per Campo Tartano, cioè la carrozzabile costruita negli anni Cinquanta proprio sull’aspro fianco occidentale del Crap, per consentire di unire la Val di Tartano al fondovalle. Dopo il suo decimo tornante, destrorso, l’ultimo prima della breve galleria che dà accesso alle frazioni basse di Campo, percorriamo ancora un tratto di strada, fino a trovare la statua di una Madonnina, in corrispondenza di un punto di fermata dei bus di linea che servono la valle. Qui, ad una quota approssimativa di 700 metri, uno slargo consente anche di parcheggiare l’automobile. Il panorama sulla bassa Valtellina, sulla Costiera dei Cech e sull’alto Lario, da qui e da molti altri punti della strada per Campo, è davvero impagabile.
Dopo averlo gustato, volgiamo lo sguardo a monte, cioè ad est: noteremo la ripida partenza di un sentierino, che si inerpica sul fianco del Crap.
Dopo il primo tratto, assai ripido, intercettiamo una traccia che proviene da destra (si tratta del sentiero che parte dalla frazione di Campo denominata Case di Sopra), e la seguiamo verso sinistra, attraversando, con andamento assai più tranquillo, una fascia boscosa. Il sentiero si avvicina, quindi, al cuore del vallone che scende verso ovest dalla sella sul crinale, e supera alcuni punti esposti, che richiedono quindi grande cautela. Il punto più esposto è quello nel quale la traccia, volgendo leggermente a destra, supera il fianco di un incombente roccione. Seguono alcuni tornantini, che ci portano nel cuore del canalone risalendo il quale, alla fine, guadagniamo la bocchetta di quota 977. Nell’ultimo tratto il sentiero corre proprio a ridosso di un’impressionante fascia di rocce che dal Crap scende verso sud-ovest.
 
Eccoci, infine, alla bocchetta, che ci apre un suggestivo colpo d’occhio sulla media val Fabiolo e sul paesino di Sostila, che vediamo circa 150 metri più in basso. La salita dalla strada per Campo Tartano alla bocchetta richiede circa 45 minuti, necessari per superare un dislivello approssimativo di 270 metri.
Possiamo giungere fin qui per una via molto più lunga, ma anche assai più suggestiva, salendo cioè lungo la val Fabiolo per la mulattiera che parte dalla Sirta,
e dalla quale ci stacchiamo per raggiungere Sostila. Alle spalle della chiesa di S. Giuseppe alla Sirta (m. 289)
 
parte, dalle ultime case del paese,
la via alla Sostila, cioè la bella mulattiera che percorre l’intera val Fabiolo e termina alla sella di Campo, immediatamente ad est di Campo Tartano. Imbocchiamola, dunque: dopo un primo traverso verso destra, nel quale incontriamo una prima capelletta, ed uno successivo verso sinistra, raggiungiamo il punto nel quale il tracciato si inoltra nella selvaggia stretta terminale della valle.
Prima, però, ci regala un ottimo colpo d'occhio sul paesino
e sulla Caurga, l'imponente roccione che lo sovrasta.
Dopo un tratto in leggera discesa, usciamo dalle pareti incombenti e, poco oltre un enorme masso erratico, troviamo il ponte d’inèm la val (cioè di inizio della valle), presso una cappelletta. Il ponte conduce al sentiero che, tagliato il fianco orientale della valle, torna ad affacciarsi sul versante che guarda alla Valtellina, appena sopra i prati di Lavisòlo; noi lo lasciamo alla nostra sinistra e proseguiamo sul bel tracciato della mulattiera, fino ad un secondo ponte, che ci porta a sinistra del torrente Fabiolo. Ci circondano versanti sempre ripidi ed aspri, ma il fondovalle non è ripido, tanto che la mulattiera non ha bisogno se non di tornanti per risalirlo.
Poi la valle si allarga un po’, diviene più luminosa e gentile: siamo ai prati della località Bures, o Bores (m. 650), le cui baite restano alla nostra destra, oltre il torrente. Dopo un breve tratto, prima di raggiungere il punto nel quale la mulattiera scarta decisamente a sinistra (est), un ponticello ci riporta alla destra del torrente
 
e qui troviamo la deviazione, sulla nostra destra, per Sostìla (la segnala un cartella, ora in cattive condizioni, della Comunità Montana Valtellina di Morbegno). Un comodo sentiero passa a monte dei prati di Bures e, in una splendida cornice di castagni, sale, con qualche tornante,
fino all’incantevole paesino di Sostìla (m. 821), una delle più suggestive testimonianze di una civiltà contadina che affonda le sue radici in un passato non lontano.
Passiamo di fronte alla chiesetta dedicata alla Madonna della Neve ed al piccolo cimitero, prima di proseguire per la frazione di Arèt, dove la mulattiera volge bruscamente a sinistra, e comincia a salire in direzione della località del Prato.
 
Da qui
alla bocchetta di quota 977 il passo, si può ben dire, è breve.
Splendido è lo scenario che si apre sulla bassa Valtellina, la Costiera dei Cech e l’alto Lario. Alla nostra sinistra (sud-ovest) vediamo uno scorcio del fianco occidentale della Val Gerola, con il pizzo di Olano ed il pizzo dei Galli; alle sue spalle, l’inconfondibile corno del monte Legnone, che segna il confine occidentale della catena orobica. Sul fondo, l’alto lago di Como ed un ampio scorcio delle alpi Lepontine dell’alto comasco. Sulla nostra destra (nord-ovest), l’imponente Costiera dei Cech, con in primo piano il Culmine di Dazio. Interessante è anche il panorama in direzione nord-est: uno scorcio del versante retico mediovaltellinese che mostra, da sinistra, le seminascoste cime di Vicima, del monte Disgrazia e dei Corni Bruciati, dietro la lunga alpe Scermendone, mentre in primo piano si mostrano il pizzo Bello, sopra l’alpe Vignone, e, più a destra, il monte Canale, sentinella del fianco sud-occidentale della Valmalenco.
Se guardiamo a sud dominiamo con lo sguardo il crinale che sale fino al Culmine di Campo: un sentierino lo percorre interamente, conducendo fino alla cima.
Ma diversa è la nostra meta: la vediamo bene guardando verso nord. Il Crap è là, non troppo lontano, anche se una breve fascia di rocce sembra frapporre un ostacolo insormontabile. Non è così: sul lato orientale (alla nostra destra, se guardiamo in direzione del Crap) troviamo una traccia di sentiero, un po’ esposta sulla destra (c’è anche un abbozzo di protezione). Percorriamola per un breve tratto: dobbiamo poi mettere le mani sulla nuda roccia, per pochi semplici passi di arrampicata, prima di guadagnare il largo fino del dosso che conduce alla sommità del Crap.
Ritroviamo la traccia di sentiero, e la seguiamo (ignorando una deviazione a sinistra che tende a scendere), nel suggestivo scenario di brevi macchie di betulle e pini silvestri.
Poi, improvviso ed arcano, ecco un roccione arrotondato: è questo il Crap? Parrebbe, infatti, visto da qui, la massima elevazione, ma il sentiero lo aggira sulla destra e ci porta ad un pianoro superiore, dove troviamo alcune formazioni rocciose minori.
 
La cima è qui, a 1031 metri, incoronata da una rada macchia di pallide betulle, trafitta, da ogni lato, da una luce magica, avvolta da un’atmosfera misteriosa, come un antichissimo enigma che nessun uomo può sciogliere. Percorrendo qualche passo verso est, dominiamo la media Valtellina fino al colle di Triangia; scendendo un po’ ad un pianoro inferiore, a nord, ci affacciamo (con la massima prudenza, s’intende!) alla piana di Ardenno. A nord si vedono alcune cime del gruppo del Masino: da sinistra, il monte Spluga, o cima del Calvo, le cime della Merdarola, i pizzi Badile e Cengalo (quest’ultimo seminascosto dal cannone del Cavalcorto), i pizzi del Ferro e la cima di Zocca. Guardando, infine, verso sud-est si impone la quasi omonima ma ben più modesta cima della Zocca, che sovrasta, con il suo profilo breve e sfuggente, un poderoso contrafforte montuoso, spaccato quasi in due dal ripido solco della valle d’Assola.
 
Vinciamo la tentazione di avventurarci in una pericolosa discesa verso nord, nord-ovest o nord-est; teniamo presente, in particolare, che ad ovest della cima si trova un pericolosissimo dirupo di qualche decina di metri. Non vale davvero la pena di rovinare l’incomparabile fascino di questi luoghi con avventure problematiche. Semplicemente, sediamoci, a pensare, prima del ritorno, per la medesima via di salita, alla bocchetta sopra Sostila.
 
Il ritorno può ovviamente proseguire, se disponiamo di due automobili, sfruttando il versante opposto, di Sostila o della strada carrozzabile, rispetto a quello di salita (attenzione, però, se scendiamo sul lato della bassa Valtellina, ai passaggi esposti del sentiero).
La salita al Crap richiede circa due ore e mezza dalla Sirta (850 metri è il dislivello in salita) e un’ora circa dalla strada per Campo (in questo caso il dislivello è di 340 metri).
Teniamo presente anche questa interessante possibilità di un ritorno ad anello: scendendo verso la strada per Tartano, poco prima di raggiungerla prendiamo a sinistra, imboccando un sentiero
che, con qualche tratto un po' esposto,
porta
alle Case di Sopra, frazione di Campo Tartano.
Proseguendo, scendiamo alla strada per Campo, lasciandola appena possibile
per salire su una bella mulattiera
nel cuore
del paese.
Proseguiamo, ora, verso il cimitero e la sella di campo, dalla quale si gode di un ottimo panorama, a nord, sul gruppo del Masino. Qui troviamo una cappelletta
nei pressi della quale parte il sentiero che scende in Val Fabiolo,
passando vicino alle cascate del torrente Assola, raggiungendo la località della Sponda e proseguendo nella discesa fino ad intercettare il bivio per Sostila. Da qui il ritorno alla Sirta avviene ripercorrendo l'itinerario sfruttato per la salita.

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