La facile salita a Dazio passando per Cermeledo
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Campovico-Cermeledo-Cerido-Ca' Donai-Dazio |
1 h e 15 min. |
300 |
T |
SINTESI. Lasciamo la ss. 38 alla prima rotonda (per chi proviene da Milano) all’ingresso di Morbegno, prendendo a sinistra (indicazioni per
la Costiera dei Cech). Raggiunto il ponte sull’Adda, ci portiamo
sul lato opposto del fiume e prendiamo a destra, imboccando la strada
per Dazio. Al primo tornante sinistrorso, però (stop), la lasciamo subito,
staccandocene sulla destra, e scendendo al ponte di Ganda, per poi proseguire
verso est, cioè in direzione di Sondrio. La strada porta a Campovico. Giunti al centro, pieghiamo a sinistra e saliamo al parcheggio presso il cimitero (sotto la chiesa della Visitazione). Ci incmaminiamo salendo per un viottolo al sagrato della chiesa (m. 281) e proseguendo su una stradella che sale con tornanti regolari a monte della chiesa, portando a Cermeledo (m. 461). Da questo nucleo saliamo alla carozzabile Ponte di Ganda-Dazio e la seguiamo verso destra, entrando nell'ampia piana di Dazio e raggiungendo il paese. VARIANTE LUNGA: saliti da Cermeledo alla carozzabile, scendiamo per breve tratto a sinistra e ce ne stacchiamo sulla destra, imboccando la strada asfaltata che sale a Cerido. Giunti alle baite alte, proseguiamo salendo su una larga mulattiera che, dopo pochi tornanti, sale ad una cappelletta, dove troviamo un bivio segnalato. Qui prendiamo il sentiero di destra (segnalazione per Ca' Donai), che traversa nel bosco e scende ad una pista la quale porta a Ca' Donai, la frazione sul limite occidentale di Dazio. |
La via più agevole per raggiungere a piedi Dazio partendo
dal fondovalle è quella che parte da Campovico. Le possibilità,
per la verità, sono due: l’una passa per Cermeledo, la
seconda per i Torchi Bianchi e Categno.
Prima di prenderle in esame, vediamo come raggiungere Campovico. Se
proveniamo da Sondrio ci conviene staccarci dalla ss. 38 dello Stelvio,
sulla sinistra, appena prima di Talamona, allo svincolo per Paniga.
Invece di prendere a sinistra, per Talamona, prendiamo, poi, subito
a destra, passando sotto un viadotto e raggiungendo il ponte arcuato
di Paniga, sul quale il traffico, a senso unico alternato, è
regolato da un semaforo. Oltre il ponte, prendiamo a sinistra e, dopo
un lungo rettilineo, raggiungiamo Campovico (m. 235; attenzione: all’ingresso
del paese è posto un semaforo che si posiziona automaticamente
sul rosso se gli autoveicoli che sopraggiungono superano il limite di
velocità).
Se,
invece, proveniamo da Milano ci conviene lasciare la ss. 38 alla prima rotonda all’ingresso di Morbegno, prendendo a sinistra (indicazioni per
la Costiera dei Cech). Raggiunto il ponte sull’Adda, ci portiamo
sul lato opposto del fiume e prendiamo a destra, imboccando la strada
per Dazio. Al primo tornante sinistrorso, però (stop), la lasciamo subito,
staccandocene sulla destra, e scendendo al ponte di Ganda, per poi proseguire
verso est, cioè in direzione di Sondrio, senza impegnare il ponte.
Superiamo, quindi, una strettoia in corrispondenza dell’ex-centrale
idroelettrica della Società Strade Ferrate Meridionali, che ed
ha un motivo di grande interesse storico, essendo la prima della provincia
di Sondrio: risale, infatti, al 1900 e venne costruita per servire l’elettrificazione
delle linee Sondrio-Lecco e Colico-Chiavenna, le prime, in Italia, a
sfruttare l’alimentazione elettrica aerea. Poco oltre la strettoia,
ci troviamo al limite occidentale di Campovico: anche qui troviamo un
semaforo posto per indurre gli automobilisti a moderare la velocità.
Campovico (camvìich) è oggi frazione di Morbegno, ma fu, fino al 1938, comune autonomo. La sua orogine è assai antica: viene menzionato in un docuemtno del 1041 e compare nell'elenco dei comuni che, nel Medio-Evo, appartenevano alla pieve di Ardenno. Si staccò, nel 1470
dalla parrocchia di Ardenno divenendo parrocchia autonoma.Il vescovo di Como Feliciano Ninguarda, nella sue celebre visita pastorale del 1589, contò, a Campovico e nella frazione di mezza costa Cermeledo, 45 fuochi (200-250 abitanti), e scrisse: "Nel piano vicino all'Adda e non lontano dal ponte di Ganda c'è Campovico con la chiesa dedicata a S. Maria, incorporata al monastero dell' Isola. Non lontano c'è Cermeledo altrettanto sottomesso al predetto monastero, e la chiesa di S. Nazzaro. I due paesi contano oltre quarantacinque famiglie tutte cattoliche eccetto una che abita a Cermeledo, il cui capostipite fu il contadino chiamato Giovanni Lutero. Quando morì gli successero nell'eredità e nell'eresia due nipoti che occuparono la chiesa di S. Nazzaro..." L'isola di cui parla il vescovo è l'isola Comacina.
Giovanni Guler von Weinceck, che fu governatore di Valtellina per le Tre Leghe Grigie dal 1587 al 1588, così scrive, nella sua opera "Rhaetia", pubblicata nel 1616: “Vicino ai
Torchi c’è Campovico, in basso nella pianura vicino all’impetuoso
torrente Tovate; è un villaggio assai antico che fu un giorno
molto fiorente, sia per la sua numerosa popolazione, sia ancora per
i mercati settimanali e per le fiere annuali che ivi si tenevano prima
che fossero trasferiti a Morbegno. L’Adda ed il torrente Tovate,
in mezzo ai quali sta Campovico, hanno poi rovinata e insabbiata non
solo la pianura che era vasta e ridente, ma anche il paese stesso; e
a tal segno che oggi si scorgono appena poche tracce della sua passata
floridezza, perché gli abitanti si sono trasferiti in alto, a
Cermeledo. Presso Campovico si combattè anticamente una sanguinosa
battaglia contro i Milanesi, i quali durante la guerra con Como volevano
occupare l’intera Valtellina; e avrebbero vinto i Milanesi, se
in Valtellinesi non fossero stati di grande aiuto ai Comaschi
e a loro favorevoli”.
Bene,
dopo aver gustato il fascino di questi luoghi, vediamo ora la duplice
via per la quale possiamo salire a Dazio. La più agevole e classica
parte alle spalle del sagrato della secentesca chiesa parrocchiale della
Visitazione (la "scgésa de camvìic", la cui costruzione iniziò nel 1613 e la cui consacrazione è del 1706), arroccata, a 281 metri, su un bel poggio che domina il
paese, a monte del cimitero (al cui parcheggio possiamo lasciare l’automobile).
Si tratta di una stradina (la "strada de scèrmelée", un tempo la più praticata della zona), con fondo in asfalto, cemento e, più
in alto, risc, che sale, con diversi tornanti, sull’aspro versante
montuoso che costituisce il fianco occidentale della Val Toate (o Tovate)
e sembra incombere su Campovico. Oltrepassiamo una cappelletta, prima
di attraversare la bella selva di castagni che precede le baite e le
case di Cermeledo ("scèrmelée", anch'essa frazione di Morbegno, e, prima del 1938, di Campovico), che si trovano,
a 461 metri, immediatamente a valle della strada asfaltata che da Morbegno
sale a Dazio.
Cediamo ancora la parola al von Weineck: “Mille passi al disopra
di Campovico, sopra un ameno ripiano del monte sta Cermeledo: fertile
paese, i cui campi, in parecchi punti vengono rinfrescati dai ruscelletti
che scendono da Roncaglia. La popolazione è numerosa; ma buona
parte di essa, essendo angusto il territorio, deve cercar lavoro in
paesi forestieri”. In passato questo nucleo rivestiva grande importanza: poco a monte, sul dosso del Visconte (dòs del viscùunt), si trovava un castello, nei pressi della chiesa che ancora oggi si può vedere appena a monte della strada asfaltata Morbegno-Dazio. Data la natura dei luoghi, gli abitanti di Campovico furono addirittura indotti, in passato, a trasferirsi qui in massa, per sfuggire alle conseguenze rovinose di alluvioni e vicende belliche. Per
raggiungere Dazio possiamo ora, semplicemente, salire alla strada asfaltata
e seguirla finché, dopo un tratto non lungo, ci conduce all’ingresso
occidentale della piana.
Vale però la pena scegliere una soluzione che allunga un po’
il percorso, ma lo rende assai più interessante e suggestivo.
Percorso un breve tratto in salita sulla strada asfaltata, lasciamola,
sulla sinistra, non appena troviamo le indicazioni per Cerido e la Centralina.
Parte di qui una stradina che sale a Cerido. A lato della stradina,
sulla sinistra, un sentiero porta, in breve, alla secentesca chiesa
di S. Nazzaro di Cermeledo, la cui importanza è testimoniata
dal fatto che nei secoli XVII e XVIII fu chiesa parrocchiale di Campovico, quando, come già ricordato, buona parte della popolazione del comune era concentrata qui.
Il primo nucleo della "scgésa de scèrmelée", dedicata ai santi Nazzaro e Celso, fu edificato, dalla famiglia Castelli sannazzaro, nel 1369 e fu poi ampliato nel 1624.
Cermeledo
Siamo in località Dosso del Visconte ("dossum sancti Nazarij, nel secolo XV, "dòs del viscùunt" o semplicemente "el dòs", con voce dialettale, forse dimora di un Visconte nell'alto medio-evo, in epoca carolingia, in un poderoso castello di cui oggi si sono perse le tracce), nei pressi del centro della
Comunità di recupero di ex-tossicodipendenti denominata “La
Centralina” (insediata nell'edificio dell'ex "colonia de scèrmelée", o "uspìzi", sede, fino al 1977, della Colonia estiva Martinelli dell'orfanotrofio femminile provinciale di Morbegno).
Ecco, di nuovo, cosa scrive il von Weineck di questi luoghi: “Dopo
Cermeledo vi è un luogo chiamato Dosso del Visconte: ivi in antico
sorgeva un vetusto castello, che in seguito passò alla famiglia
dei Castelli San Nazaro, patrizi di Como. Essi
poi, fra Cermeledo e il castello edificarono una chiesa in onore di
S. Nazaro, omonima ad altra chiesa che sorgeva in Como, presso il loro
castello, e donde la famiglia aveva assunto il suo titolo e nome di
Castelli San Nazaro.”
Torniamo sulla stradina per Cerido: percorrendola, in breve siamo alle
case di questo splendido borgo ("scerìi, m. 508), dove è anche possibile
visitare, ad orari stabiliti, un antico
torchio risalente al secolo XVII. Si tratta di un nucleo rurale piuttosto antico (è attestato per la prima volta in un documento del 1357, nella forma "Zerido"), con un'atmosfera unica e davvero suggestiva. Un nucleo ricco di storia e di una curiosa e simpatica umanità. Basti pensare ad alcuni soprannomi delle famiglie che un tempo lo popolavano, e che si sono trasferiti ai luoghi.
Un gruppo di case e terreni è chiamato "cagazéchìn": vi abitava un tal Venina, cui non faceva difetto certamente il buonumore, e che era solito raccontare, con aria serissima e compresa, delle straordinarie qualità del suo asino, parente, alla lontana, della famosa gallina dalle uova d'oro, dato che quello (l'asino, s'intende), quando andava di corpo, non deponeva a terra vile sterco, ma preziosissimi zecchini d'oro. Un altro gruppo di case è denominato "orài", dal soprannome di un ramo della famiglia Alberti, un componente della quale, emigrato in America e tornato al paese natìo, intercalava ogni frase con un sonoro "all right", nel quale esprimeva tutta l'ammirazione per quel lontano e grande paese. Un terzo gruppo di case era quello dei "giascgià", dal soprannome di un ramo della famiglia Busnarda, derivato dalla curiosa abitudine di un suo componente: lo incontravi, e ti salutava con un "Ehilà, ehilà."; gli chiedevi come stesse, e ti sentivi rispondere un "Bene, bene"; ti lamentavi che le stagioni non sono più quelle di una volta, ed avevi come risposta un cenno di assenso ed un convinto "Già, già..." Per chiudere con un'ultima pennellata queste scarne note di colore, varrà la pena di ricordare che a Cerido venne, molti e molti anni or sono, avvistato un animale più unico che raro, il "ghetùn ghèt", "gattone gatto", una sorta di folletto, alto un’ottantina di centimetri, con le orecchie appuntite e pelose, le lunghe braccia, le dita dotate di unghie affilate e gli occhi giallastri e fosforescenti, che brillavano, sinistri e diabolici, sul far della sera e nel cuore della notte, terrore dei bambini disubbidienti. Una lince, forse.
Da Cerido parte una mulattiera,
che in realtà è la prosecuzione di quella che da Campovico
sale a Cermeledo, che attraversa uno splendido bosco di castagni. Superato
un enorme masso, nella cui cavità è stato ricavata una
piccola cantina, giungiamo ad un bivio, presidiato da una cappelletta:
un cartello segnala che prendendo a destra imbocchiamo il sentiero che
conduce a Ca’ Donai, cioè il limite occidentale della parte
bassa di Dazio.
Potremmo, dunque, seguire tale sentiero per raggiungere Dazio, ma ci
conviene proseguire sulla mulattiera, cioè prendere il ramo di
sinistra, che corre a destra di un piccolo poggio boscoso. Oltrepassata
una seconda cappelletta, usciamo dalla selva in corrispondenza dei bei
prati che si stendono a valle della località Vallate, posta a
monte di Dazio. La mulattiera sale fino ad intercettare, in corrispondenza
di una cappelletta e di un grande castagno, la strada asfaltata che
da Dazio porta a Serone.
Per scendere a Dazio possiamo sfruttare questa strada, oppure, meglio,
un tratto del sentiero Anna. Troviamo la segnalazione di questo tratto
presso il punto nel quale la mulattiera Cerido-Vallate confluisce nella
strada asfaltata, a 697 metri: il sentiero da percorrere, infatti, parte
da qui e, portatosi, sul lato opposto (settentrionale) di un torrentello
che, più in basso, confluisce nel Toate, scende, nella cornice
di un bel bosco di castagni, fino a Ca’ Brunai, sul limite occidentale
di Dazio.
La salita da Campovico a Dazio per questo percorso più lungo
richiede circa un’ora ed un quarto, e comporta un dislivello in
salita approssimativo di 420 metri.
Consideriamo,
ora, la seconda possibilità di salita a Dazio da Campovico. Un
tempo questa salita poteva avvenire sfruttando la mulattiera di Categno
e passando per i Torchi Bianchi (tòorc'), ora paese fantasma, devastato da un
incendio e quindi pericolante, per cui è vietato il transito
fra le sue case. Si tratta di un borgo un tempo assai importante. Di
esso scrive il von Weineck: “Dopo duecento passi da Desco si arriva
alla frazione chiamata Torchi, perché è una distesa di
pregiate vigne sino a Cattegno: altro paesello che si eleva a circa
cinquecento passi sopra l’Adda e che produce molti buoni vini,
come le altre plaghe circostanti”.
Se vogliamo visitare, tenendoci a debita distanza, questo paese dobbiamo
staccarci, sulla sinistra, dalla strada che congiunge Campovico a Paniga
poco oltre Campovico. Lasciamo la provinciale Valeriana per imboccare
una stradina sterrata, sulla destra, che porta al piede del monte. Qui
possiamo lasciare l’automobile e cominciare a salire seguendo
una carrozzabile asfaltata o la vecchia mulattiera che la taglia (strada di tòorc'), fino
ad incontrareil
cartello che segna l’inizio della zona di transito vietato, nei
presso della chiesa di S. Abbondio (scgésa di tòorc'), appartenente alla parrocchia di Campovico, che si erge su un imponente terrapieno.
Non ci resta che alzare lo sguardo e guardare al triste scenario delle
case in rovina. Per aggirare l’ostacolo del tratto vietato, dobbiamo
sfruttare un sentiero che intercetta la mulattiera per Categno più
in alto.
Torniamo, allora, a Campovico e portiamoci al centro del paese, sotto
la chiesa parrocchiale. Dirigiamoci, poi, ad est, verso il limite del
paese, nei pressi del torrente Toate, e percorriamo la pista che ne
fiancheggia l’argine fino a trovare un ponticello in metallo,
che ci porta sul lato opposto, dove parte un sentiero segnalato da bolli
rossi. Si tratta di un sentiero davvero suggestivo, a tratti scavato
nella roccia, che sale ripido, raggiungendo una casupola isolata, con
un ottimo colpo d’occhio sull’aspra ed impressionante forra
terminale della val Toate (l’unica valle di una certa importanza
sulla Costiera dei Cech). Il sentiero prosegue fino ad intercettare
la mulattiera per Categno, a monte dei Torchi Bianchi.Se
percorriamo la mulattiera in discesa, cioè verso destra, potremo,
quindi, raggiungerne il limite alto, occidentale: tenendoci a debita
distanza, per evitare rischi, avremo, così, modo di osservare
più da vicino gli scheletri delle abitazioni raggiunte dalle
fiamme.
Torniamo, quindi, sui nostri passi e proseguiamo la salita (superando
anche una cappelletta ed un punto panoramico dal quale si mostra la
forra della val Toate in tutta la sua selvaggia bellezza) fino ad intercettare
una carrozzabile con fondo in terra battuta, che, percorsa per un tratto
verso destra, porta al bellissimo balcone panoramico di Categno ("catègn", m.
488), dove si trovano la chiesetta dedicata alla Beata Vergine delle Grazie ("scgésa de catègn", della parrocchia di Dazio) e l’agriturismo dell’antica osteria
di Categn. Percorriamo, ora, la pista in senso opposto, fino ad intercettare
la strada asfaltata che dal ponte sull’Adda a nord di Morbegno
sale a Dazio. Siamo al limite occidentale della piana, già in vista del paese, che raggiungiamo in breve, dopo circa un’ora
di cammino, necessaria per superare un dislivello in salita approssimativo
di 330 metri.
Un'ultima
osservazione: la salita da Campovico a Dazio passando per Cermeledo
è anche un ottimo percorso di mounain-bike, che si può
combinare ad anello con altri.
CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line
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