Apri qui una panoramica della parete nord del monte Disgrazia dal rifugio Del Grande-Camerini (immagine del 2008)

DA CHIAREGGIO AL RIFUGIO DEL GRANDE-CAMERINI PER LA VALLE DEL MURETTO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Chiareggio - Alpe Vazzeda Inferiore - Alpe Vazzeda Superiore - Rifugio Del Grande-Camerini
3 h
980
E
SINTESI. Da Sondrio saliamo in Valmalenco, passando per Chiesa e proseguendo per San Giuseppe e Chiareggio. Qui giunti, scendiamo al parcheggio presso la riva del Mallero (m. 1612) e, senza risalire in paese, ci incamminiamo seguendo la pista sterrata (indicazioni per il rifugio Del Grande Camerini e per l'alpe Forbesina) che si porta alla pineta di Pian del Lupo, la attraversa e giunge al ponte sul Mallero del Muretto. Oltre il ponte, sempre seguendo le indicazioni per il rifugio Del Grande-Camerini e triangoli gialli dell'Alta Via della Valmalenco, III tappa, imbocchiamo sulla destra un sentiero che, ignorata una deviazione a sinistra, porta ad un ponticello in legno ed al limite dell'alpe di Vazzeda inferiore (m. 1832), che lasciamo però sulla nostra destra, piegando subito a sinistra e risalendo un ripido crinale erboso. Al termine del crinale, ritroviamo il sentiero (sul quale si alternano, come segnavia, i triangoli gialli, le bandierine rosso-bianco-rosse e quelle bianco-blu-bianche), che piega verso nord-nord-ovest (cioè a destra), superando una fascia di rada vegetazione, prima di approdare all'alpe di Vazzeda superiore (m. 2020), cui giungiamo passando attraverso una stretta porta nella roccia. Un'indicazione su un grande masso segnala che prendendo a destra si sale alla bocchetta del Forno: la ignoriamo e proseguiamo sul percorso della III tappa dell'Alta Via della Valmalenco (triangoli gialli), risalendo i prati dell’alpeggio e superando una sorta di corridoio fra rocce affioranti. Il sentiero si addentra poi, serpeggiando, in una fascia di radi larici. Terminato questo tratto con pendenza marcata, il sentiero piega a sinistra ed inizia un lungo traverso, con pendenza più moderata, attraversando numerosi corsi d'acqua e procedendo sempre diritto in direzione sud-sud-ovest prima, sud-sud-est poi, fino alla quota di 2475 metri circa, dove volge a destra assumendo l'andamento ovest. Dopo breve salita fra roccette, siamo al rifugio Del Grande-Camerini (m. 2564).



Apri qui una fotomappa della salita al rifugio Del Grande-Camerini

Chiareggio, in alta Valmalenco (m. 1612; cirècc, cirécc o ciarécc), è uno dei più famosi centri di villeggiatura estiva dell'intera Valtellina. Fra le attrattive che offre, vi è anche quella di essere base per numerose ed interessanti escursioni. Una delle più fruite porta al rifugio Del Grande-Camerini (m. 2585), posto su uno splendido poggio panoramico ai piedi della cresta del pizzo di Vazzeda. Un belvedere sulla splendida nord del Disgrazia (m. 3678), che gode probabilmente di un curioso primato: è il rifugio dal quale è possibile vedere in contemporanea il maggior numero di altri rifugi, (quasi) cinque. Da qui, infatti, possiamo vedere, ad est, il rifugio Longoni, l’ex-rifugio Entoca-Scercen ed il rifugio Palù; a sud, in Val Ventina, i rifugi Gerli-Porro e Ventina (non proprio dal rifugio, ma da un ampio tratto del sentiero che vi sale). Per raggiungerlo, dobbiamo lasciare l'automobile nel parcheggio che si trova al termine dell'abitato del paese, ed incamminarci sulla pista sterrata che attraversa il Pian del Lupo (cattiva trasposizione in italiano di cià lla lòp, o ciàn de la lòp, vale a dire il piano della loppa, o lolla, materiale di scarto derivato dalla cottura del ferro: niente a che fare con i lupi, dunque!), seguendo le indicazioni per i rifugi Tartaglione-Crispo e Del Grande-Camerini.
Durante il cammino, potremo gustare lo scenario superbo della testata della Val Sissone (val de sisùm) con le cime di Chiareggio al centro, ed ai lati, un po' defilati, la parete nord del monte Disgrazia (a sinistra) ed il monte Sissone (còrgn de sisùm, chiamato anche piz sisùm e, dai contrabbandieri, “el catapìz”, a destra).
La pista conduce al torrente Màllero, che scende dalla valle del Muretto; un ponte ci permette di guadagnarne la riva opposta, dove, seguendo i cartelli per il rifugio Del Grande-Camerini e la bocchetta del Forno, imbocchiamo un sentiero che se ne stacca sulla destra. I due segnavia accostati, il triangolo giallo e la bandierina bianco-blu-bianca, indicano che, in questa parte, sul sentiero si sovrappongono il percorso dell'Alta Via della Valmalenco (terza tappa, da Chiareggio a Chiareggio passando per la val Sissone ed il rifugio Del Grande-Camerini) e quello per la bocchetta del Forno ed il ghiacciaio omonimo.
Il sentiero corre sul fianco montuoso e, dopo aver piegato a sinistra, intercettando il sentiero che sulla nostra sinistra giunge dal rifugio Tartaglione-Crispo (sentiero 325/1; un cartello lo dà a mezzora), si porta al torrentello che scende dall'ampio terrazzo compreso fra la cima di Vazzeda (m. 3927) e la cima di val Bona (m. 3033), e lo supera con l'ausilio di un ponticello in legno. Poco oltre, raggiungiamo i prati dell'alpe di Vazzeda inferiore (m. 1832), che lasciamo però sulla nostra destra, piegando subito a sinistra e risalendo un ripido crinale erboso. Al termine del crinale, ritroviamo il sentiero (sul quale si alternano, come segnavia, i triangoli gialli, le bandierine rosso-bianco-rosse e quelle bianco-blu-bianche), che piega verso nord-nord-ovest (cioè a destra), superando una fascia di rada vegetazione, prima di approdare all'alpe di Vazzeda superiore (m. 2020), cui giungiamo passando attraverso una stretta porta nella roccia. Di fronte a noi si mostra l'elegante monte del Forno (fùren, o fórn, ma anche munt rus, m. 3214), che presidia il vertice settentrionale della val Bona. Qui, in corrispondenza di una baita, le strade dell'Alta Via della Valmalenco e del sentiero per la bocchetta del Forno si dividono: un'indicazione su un grande masso, infatti, ci informa prendendo a destra imbocchiamo il sentiero per la Val Bona e la bocchetta del Forno, che si affaccia sull’ampia ed omonima valle in territorio elvetico (un cartello dà l’alpe Monterosso inferiore a 40 minuti, l’alpe dell’Oro ad un’ora e 10 minuti, il passo del Forno a tre ore; sentiero 326).


Cima di Vazzeda

Noi, invece, restiamo sul sentiero principale, che risale i prati dell’alpeggio, supera una sorta di corridoio fra rocce affioranti e si addentra serpeggiando in una fascia di radi larici. Terminato questo tratto con pendenza marcata, il sentiero piega a sinistra ed inizia un lungo traverso, dalla pendenza più moderata, che taglia gli ampi pascoli disegnati ai piedi della Cima di Val Bona (m. 3033) e della Cresta di Vazzeda (m. 3301). L’affusolata punta della cime di Vazzeda (m. 3301) si affaccia, curiosa, dal lontano limite superiore dei pascoli. La monotonia della traversata è stemperata dai frequenti corsi d’acqua (sette in tutto) che si frappongono alla marcia: cinque corsi minori intervallati a due di proporzioni più importanti (il primo scende da una suggestiva gola rocciosa). Nessun problema, se non nel periodo del disgelo (maggio-inizi giugno) o dopo abbondanti precipitazioni: in tal caso sarà difficile guadarli senza bagnarsi scarponi e calze. La nostra salita non passerà inosservata al signore di questo comprensorio, il monte Disgrazia, che mostra di meritare appieno il titolo di picco Glorioso tributatogli dai suoi conquistatori giunti da oltremanica nel lontano 1862. È la parete nord, armoniosa ed insieme minacciosa, a guardare con stato d’animo indecifrabile quell’ennesimo spettacolo del piede umano che con fatica guadagna metro su metro per riscattarsi da chissà quali colpe, per espiare chissà quale ancestrale colpa. Meno spettacolare è la sagoma del rifugio, rallegrata dallo sventolio della bandiera italiana: si mostra, sembra prossima, ma poi anche si nasconde, rivela una lontananza inattesa. Gradualmente il pascolo cede il posto ad un terreno più scabro, di rocce affioranti e sfasciumi, ed anche la pendenza torna a farsi sentire. La traccia piega leggermente a destra e si destreggia fra qualche semplice ostacolo di roccia, prima di portarci proprio sotto il rifugio, annunciato da un grande ometto e dall’instancabile bandiera.


Apri qui una fotomappa della Val Sissone

Alla fine eccolo, a pochi metri. Il rifugio Del Grande Camerini (m. 2564), di proprietà del CAI di Sovico, è intitolato a Mario Del Grande, perito sulla Punta Rasica nel 1936, ed a Remo Camerini, precipitato nel 1926 dal Sigaro in Grigna Meridionale (cfr. il sito www.caisovico.it/rifugio/rifugio.html). È posto a poca distanza della Bocchetta Piattè, all'inizio della cresta est del Monte Vazzeda (m. 3301). Per la bocchetta, posto un po’ più in basso, passa la terza tappa dell’Alta Via della Valmalenco, scendendo poi in Val Sissone e tornando infine a Chiareggio. Durante il periodo di chiusura si possono reperire le chiavi presso l'Albergo Genziana di Chiareggio (tel. 0342 451005). Il consueto momento del computo ci porta a calcolare 973 metri teorici (in pratica, qualcuno di più) di dislivello in salita. Un controllo all’orologio ci informa che abbiamo lasciato Chiareggio da circa tre ore.
Il riposo non può che essere dedicato alla contemplazione del picco Glorioso e del suo ghiacciaio che, pur essendo ben lontano dall’ottocentesca imponenza, spaventa ancora per l’orrida crepacciatura. Ma anche sul lato opposto lo scenario è di prim’ordine. In particolare, la regolare e slanciata piramide del monte del Forno (m. 3214) non soffre di troppi complessi di inferiorità rispetto all’ingombrante vicino. Vista da qui, sembra proporre difficoltà alpinistiche, mentre in realtà è alla portata di un escursionista esperto, anche se il dislivello per raggiungerne la cima da Chiareggio è ragguardevole (1600 metri abbondanti). Alla sua destra, il passo del Muretto, denso di storiche suggestioni ed attraversato nei secoli da mercanti di vino e truppe grigione in discesa verso la Valtellina. La mente corre a Nicolò Rusca, arciprete di Sondrio che passò di lì legato sotto il dorso di un mulo per essere portato a morire sotto tortura nella più fredda Thusis (correva l’anno 1618, correvano i giorni tragici dell’eversione di Piuro, agli inizi di settembre).


Apri qui una panoramica dal rifugio Del Grande-Camerini

Presidio orientale del passo, l’amplissimo versante sormontato dalla triade monte Muretto-monte dell’Oro-Sassa di Fora. Ad est, l’orizzonte si apre e svela, sul fondo, l’arcana piramide del pizzo Scalino, il monte magico legato a leggende che lo vogliono segreto castello dal quale escono per notturni tornei e caccie cavalieri e corteggi di dame.


Monte del Forno, Valle del Muretto e Monte dell'Oro visti dal sentiero per il rifugio Del Grande-Camerini

Verso sud-est, infine, la ferrigna mole dei pizzi Rachele e Ventina incornicia il passo di Ventina, nella valle omonima. Il ritorno a Chiareggio, oltre che per la medesima via di salita, può avvenire, con un po’ più di tempo, seguendo a ritroso l’itinerario della terza tappa dell’Alta Via della Valmalenco (i triangoli gialli, superato un tratto con corda fissa, portano alla bocchetta di Piattè e di qui alla lunga traversata del fianco occidentale della Val Sissone, con successiva discesa sul fondovalle e ritorno a Pian del Lupo passando per l’alpe Forbesina).


Val Ventina

DA CHIAREGGIO AL RIFUGIO DEL GRANDE-CAMERINI PER LA VAL SISSONE

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Chiareggio-Alpe Forbesina-Alpe Laresin-Val Sissone-Passo della Corna di Sissone di Dentro-Rifugio Del Grande-Camerini-Alpe Sissone-Chiareggio
6-7h
1020
EE
SINTESI. Da Sondrio saliamo in Valmalenco, passando per Chiesa e proseguendo per San Giuseppe e Chiareggio. Qui giunti, scendiamo al parcheggio presso la riva del Mallero (m. 1612) e, senza risalire in paese, ci incamminiamo seguendo la pista sterrata (indicazioni per il rifugio Del Grande Camerini e per l'alpe Forbesina) che si porta alla pineta di Pian del Lupo, la attraversa e giunge al ponte sul Mallero del Muretto. giungendo all'alpe Forbesina, dove intercettiamo il sentiero che proviene dal ponte sul Mallero del Muretto. Prendiamo a sinistra (sud-ovest), seguendo i triangoli gialli, in direzione della Val Sissone e raggiungiamo le baite dell'alpe Laresìn (m. 1710). Ignorata anche la deviazione che sale a destra nel bosco alla volta dell'alpe Sissone (sisùm de fò), proseguiamo verso sud-ovest, su un sentiero spesso faticoso perché disseminato di massi, che si addentra nella valle, lasciandosi alle spalle gli ultimi radi larici. Passiamo a valle di una pronunciata gola rocciosa, ben visibile alla nostra destra. ad un certo punto il tracciato devia a destra e risale il fianco della valle, seguendo una traccia molto incerta fra magri pascoli. Raggiungiamo così un piccolo pianoro e ci troviamo di fronte ad una cascata di portata limitata ma dal salto considerevole. Attraversato il torrentello, riprendiamo la salita, che si fa più ripida. Ora la traccia piega a destra, descrivendo un ampio arco, salendo gradualmente e superando un grosso e caratteristico masso biancastro. Procediamo ora in direzione nord-ovest. Oltrepassati alcuni valloncelli, puntiamo in direzione del crinale roccioso che scende dal fianco sud-orientale della cima di Vazzeda. Il sentiero raggiunge una ben visibile spaccatura nella roccia: si tratta del Passo della Corna di Sissone di dentro (m. 2438), che permette di passare dall'alpe Sissone di dentro all'alpe Sissone. La discesa all'alpe è facile e sfrutta, nel primo tratto, un bel sentiero scalinato. Segue una nuova traversata sostanzialmente pianeggiante, finché giungiamo al punto (m. 2290) in cui l'Alta Via intercetta il sentiero che sale direttamente dall'alpe Laresin all'alpe Sissone (segnavia rosso-bianco-rossi). Ora il sentiero piega a sinistra (nord-nord-ovest e nord), salendo ripido alla costiera ("i curnèli") che separa l'alpe Sissone dall'ampio terrazzo che si trova sotto la piccola vedretta di Vazzeda. Raggiunta la base del crinale roccioso, dobbiamo superarlo con qualche semplice passo di arrampicata (tratto attrezzato al buchelìgn). Dopo un'ultima breve salita siamo quindi al rifugio Del Grande-Camerini (m. 2580). Ridiscendiamo dal rifugio all'ampio anfiteatro dell'alpe Sissone, ripercorrendo il sentiero fino al cartello che segnala l'alpe Sissone. Qui lasciamo il percorso dell'Alta Via, che prosegue diritto, scendendo a sinistra lungo il sentiero 305, in direzione est-sud-est, non lontano dal versante meridionale del monte Mottuccio, fino alle baite diroccate dell'alpe Sissone (m. 2290). Seguendo attentamente traccia e segnavia proseguiamo nella medesima direzione, con diversi tornantini, portandoci ai piedi dello spigolo del monte Mottuccio. Ci portiamo oltre lo spigolo ed i pascoli ora lasciano il posto alle roccette e ad un bosco di ontani. Sempre prestando molta attenzione alla traccia ed ai segnavia, pieghiamo leggermente a sinistra (nord) e ci affacciamo al versante meridionale di un ripido canalone, nel quale il sentiero, piegando a destra, si infila. La traccia, che impone di non allentare l'attenzione, scende ripida a ridosso della parete rocciosa del canalone, verso est, poi piega a sinistra, attraversando il centro del canalone ed subito dopo un canalino detritico secondario. Ci portiamo così sul più tranquillo versante ricoperto da una fitta peccete. Qui il sentiero, piegando di nuovo a destra, ricomincia a scendere perdendo rapidamente quota con serrate serpentine. La discesa termina all'uscita dalla pecceta in corrispondenza dell'alpe Laresin (m. 1710), dove ci ricongiungiamo con il percorso dell'Alta Via della Valmalenco. Procedendo verso sinistra, ripercorriamo i passi dell'andata, passando per l'alpe Forbesina e per il ponte sul Mallero prima di tornare a Chiareggio sulla pista del Pian del Lupo.


Torrente Mallero e Val Sissone

Fra le attrattive che offre, vi è anche quella di essere base per numerose ed interessanti escursioni. Ma c'è anche chi preferisce il relax di una meno faticosa passeggiata, optando per il classico giro dei Tre Ponti, un bell'anello che permette di scoprire gli angoli più suggestivi dell'ampia piana denominata Pian del Lupo.
Saliamo, dunque, a Chiareggio da Chiesa Valmalenco, imboccando la strada per San Giuseppe e Chiareggio (m. 1620). Raggiunta la frequentatissima località e lasciata l'automobile nel parcheggio che si trova al termine dell'abitato del paese, ci incamminiamo sulla pista sterrata che attraversa il Pian del Lupo (cattiva trasposizione in italiano di cià lla lòp, o ciàn de la lòp, vale a dire il piano della loppa, o lolla, materiale di scarto derivato dalla cottura del ferro: niente a che fare con i lupi, dunque!), seguendo le indicazioni per i rifugi Tartaglione-Crispo e Del Grande-Camerini.


Pian del Lupo e testata della Val Sissone

Durante il cammino, potremo gustare lo scenario superbo della testata della Val Sissone (val de sisùm) con le cime di Chiareggio al centro, ed ai lati, un po' defilati, la parete nord del monte Disgrazia (a sinistra) ed il monte Sissone (còrgn de sisùm, chiamato anche piz sisùm e, dai contrabbandieri, “el catapìz”, a destra).
La pista conduce al ramo del torrente Màllero che scende dalla valle del Muretto; il primo ponte ci permette di guadagnarne la riva opposta, dove, ignorati i cartelli per il rifugio Del Grande-Camerini e la bocchetta del Forno, restiamo sulla sinistra.


Pian del Lupo e monte Disgrazia

In breve la pista ci porta al maggengo di Forbesina (spesso indicato anche come alpeggio, m. 1656), dalle origini assai antiche. Se ne fa menzione, infatti, già in un documento del 1544, nel quale si parla di “alpis et montium de forvexina”. Maggengo assai frequentato, come testimonia una mappa del 1816 che riporta 34 abitazioni. Siamo all'ingresso della Val Sissone, e troviamo i triangoli gialli dell'Alta Via della Valmalenco, perché di qui passa la prima parte della sua terza tappa.
Ignorata la deviazione a destra per il rifugio Tartaglione-Crispo (sentiero che permette anche, per una via più breve rispetto all'alta via, di raggiungere il rifugio Del Grande-Camerini), raggiungiamo così la bucolica alpe Laresin (m. 1710).


Tramonto sul monte Disgrazia dall'imbocco della Val Sissone (immagine del 2003)

Lasciate alle spalle le baite dell'alpe, ignoriamo anche la deviazione che sale a destra nel bosco alla volta dell'alpe Sissone (sisùm de fò). Potrebbe costituire una significativa abbreviazione del percorso (un'ora almeno) ma, a causa di una frana, in alcuni tratti è decisamente malagevole. Proseguiamo scendendo leggermente ed affacciandoci al selvaggio scenario della piana della media Val Sissone, che reca i segni della ricorrente violenza dei torrenti che ha disseminato ovunque terreno alluvionale. Seguiamo quindi, rimanendo sul fondovalle, gli ormai famigliari triangoli gialli, il cui tracciato, su un terreno spesso faticoso perché disseminato di massi, si addentra nella valle, alternando brevi salite a tratti in piano, fra radi larici, che intuiamo essere sopravvissuti alle slavine che hanno interessato quello che un tempo deve essere stato un bucolico lariceto. Superiamo poi una pronunciata gola rocciosa, ben visibile alla nostra destra.
Diritte davanti ai nostri occhi sono invece facilmente riconoscibili le tre cime di Chiareggio, e precisamente, da sinistra, la cima meridionale (m. 3093, immediatamente a destra del passo di Mello (buchèl de san martìn - o martìgn -), fra val Sissone e val Cameraccio), la cima centrale (m. 3107) e la cima settentrionale (m. 3203). Quest'ultima, conosciuta anche come punta Baroni, non è soltanto la più elevata, ma anche senz'altro la più elegante, con il suo vertice conico dalle forme possenti ed armoniose e con il singolare e pronunciato spigolo orientale. La cima è dedicata alla memoria della guida alpina bergamasca Antonio Baroni, che proprio su queste montagne, alla fine dell'ottocento, ebbe modo di dimostrare tutto il suo valore.


Alpe Laresin e Val Sissone

Ma non distraiamoci: non dobbiamo, infatti, perdere d'occhio i segnavia, perché la traccia va perdendosi. Attraversiamo una serie di torrentelli che possono talora avere una portata che crea qualche difficoltà. Raggiunta un'ampia spianata, dopo un centinaio di metri il percorso devia decisamente a destra, iniziando a descrivere un arco molto ampio, e risale il fianco settentrionale della valle (precisamente il pendio della morena laterale sinistra della Val Sissone), seguendo una traccia molto incerta fra magri pascoli. Raggiungiamo così un piccolo pianoro, l'alpe Sissone di Dentro, con il suo malinconico casello, e ci troviamo di fronte ad una cascata di portata limitata ma dal salto considerevole. Attraversato il torrentello verso destra, riprendiamo la salita, che si fa sempre più ripida (la traccia qui latita e dobbiamo seguire i segnavia), mettendo a dura prova muscoli e polmoni. Ci infiliamo così in un valloncello, che percorriamo per metà, per poi uscirne sulla sinistra. Guadagnato un secondo ripiano (o meglio, il più dolce declivio terminale del fianco della valle), ci troviamo di fronte ad uno spettacolo che ci ripaga ampiamente della fatica: le cime di Rosso (m. 3366, a sinistra nella foto sopra) e di Vazzeda (m. 3301) chiudono, con la loro muraglia rocciosa, il lato nord-occidentale della valle. Si tratta di cime che si pongono sul limite orientale del gruppo Masino-Bregaglia.


Torrentello sul percorso dell'Alta Via in Val Sissone

Il colore più chiaro della cima di Vazzeda è dovuto alla sua situazione singolare per cui (caso unico nel gruppo montuoso) alle rocce granitiche si sono sovrapposte rocce sedimentarie. Non è questo, peraltro, l'unico motivo di interesse mineralogico della val Sissone, che è una sorta di Eldorado per gli appassionati di mineralogia, che hanno potuto trovarvi, in decenni di ricerche fra la massa sterminata dei sassi, reperti mineralogici rari e pregiati. Se poi volgiamo lo sguardo a sinistra, vediamo che a nord-ovest della punta Baroni è apparso allo sguardo il monte Sissone (corgn de sisùm, chiamato anche piz sisùm e, dai contrabbandieri, “el catapìz”, m. 3330), dietro un lungo crinale morenico che ricorda quello della valle di Preda Rossa.


Parete settentrionale del monte Disgrazia dal sentiero dell'Alta Via (immagine del 2003)

Ma lo spettacolo destinato ad imprimersi con maggior forza nella memoria è senza dubbio quello che ci riserva il fianco meridionale della valle, dove si dispiega di fronte ai nostri occhi i tormentato e selvaggio scenario della vedretta settentrionale del monte Disgrazia (m. 3678: védrècia de la desgràcia, o vedrèscia de la desgràcia), segnata da grandi seracchi e crepacci. Quando i primi alpinisti inglesi vennero per conquistare la montagna da questo lato, si sentirono dire, dalla gente del posto, dopo la caduta fragorosa di qualche seracco a valle: desgiàscia, cioè si scioglie; questa è la più probabile spiegazione dell'origine del nome del monte, visto che la storia della sua conquista non è segnata da particolari eventi luttuosi.


Apri qui una fotomappa della Val Sissone

Ma è tempo di riprendere il cammino: ora la traccia piega a destra, salendo gradualmente e superando un grosso e caratteristico masso biancastro.
Oltrepassati alcuni valloncelli, fra i quali quello scavato dal torrente che scende dal ghiacciaio della Cima di Rosso con una portata che in qualche caso crea problemi, puntiamo in direzione del crinale roccioso che scende dal fianco sud-orientale della cima di Vazzeda. Il sentiero raggiunge una ben visibile spaccatura nella roccia: si tratta del Passo della Corna di Sissone di dentro (m. 2438), che permette di passare dall'alpe Sissone di dentro all'alpe Sissone.
Attraverso lo stretto intaglio della porta possiamo intravedere alcune delle grandi cime della testata della Valmalenco, e precisamente il Sasso d’Entova (sasa d’éntua, m. 3329), il pizzo Malenco (m. 3438) ed il pizzo delle Tre Mogge (piz di tremögi, m. 3441; le tre vette, nel loro insieme, erano chiamate, localmente, “tremögi”; la denominazione distinta deriva da un interesse alpinistico). Lo sguardo si apre quindi all'ampio circo terminale dell'alpe Sissone, dominato ancora, a sinistra, dalla cima di Vazzeda.
La discesa in direzione dell'alpe è facile e sfrutta, nel primo tratto, un bel sentiero scalinato, che serviva per agevolare il transito delle mandrie. Poi ci tocca una nuova traversata sostanzialmente pianeggiante, finché giungiamo al punto (m. 2290) in cui l'alta via intercetta il già citato sentiero che sale direttamente dall'alpe Laresin all'alpe Sissone (segnavia rosso-bianco-rossi). Ora il sentiero piega a sinistra, salendo ripido alla costiera ("i curnèli") che separa l'alpe Sissone dall'ampio terrazzo che si trova sotto la piccola vedretta di Vazzeda. Raggiunta la base del crinale roccioso, dobbiamo superarlo con qualche semplice passo di arrampicata.
L'ultimo passaggio (chiamato "buchèlìgn" o bocchetta del Piattè di Vazzeda) richiede per la verità molta cautela e concentrazione, soprattutto se la roccia è bagnata: per fortuna è stato recentemente attrezzato con corde fisse. Sormontate le roccette del crinale, appare a sinistra la bandiera italiana, che preannuncia la presenza di un rifugio. Dobbiamo risalire per qualche decina di metri prima di raggiungerlo: si tratta del rifugio Del Grande-Camerini (m. 2580), che, lasciato per diverso tempo in condizioni di abbandono, è stato di recente riaperto, grazie all'iniziativa del CAI di Sovico (www.caisovico.it; tel.: 0342 556010).

Parete nord del Monte Disgrazia (immagine del 2008) vista dal rifugio Del Grande-Camerini

Dal rifugio si domina l'alta Valmalenco, da San Giuseppe (san giüsèf o giüsèp) a Chiareggio. Lo sguardo, a sinistra, è attirato dalla bella piramide del monte del Forno (m. 3214), alla cui sinistra è collocata la sella del Forno (m. 2775; “buchèl bas”, in passato, “la buchèta”, “buchèta del fùren” o “buchèta del fórn”, più recentemente), che permette di scendere, sul versante svizzero, alla Vedretta del Forno, raggiungendo, in breve, il rifugio del Forno, del Club Alpino Svizzero.


Apri qui una panoramica della parete nord del monte Disgrazia dal sentiero per l'alpe Sissone

Vediamo ora come tornare a Chiareggio con un percorso ad anello, che richiede attenzione, esperienza escursionistic e buone condizioni di visibilità e di terreno.
Ridiscendiamo dal rifugio all'ampio anfiteatro dell'alpe Sissone, ripercorrendo il sentiero fino al cartello che segnala l'alpe Sissone. Qui lasciamo il percorso dell'Alta Via, che prosegue diritto, scendendo a sinistra lungo il sentiero 305, in direzione est-sud-est, non lontano dal versante meridionale del monte Mottuccio, fino alle baite diroccate dell'alpe Sissone (m. 2290). Seguendo attentamente traccia e segnavia proseguiamo nella medesima direzione, con diversi tornantini, portandoci ai piedi dello spigolo del monte Mottuccio. Ci portiamo oltre lo spigolo ed i pascoli ora lasciano il posto alle roccette e ad un bosco di ontani. Sempre prestando molta attenzione alla traccia ed ai segnavia, pieghiamo leggermente a sinistra (nord) e ci affacciamo al versante meridionale di un ripido canalone, nel quale il sentiero, piegando a destra, si infila.


La discesa nel canalone principale dall'alpe Sissone all'alpe Laresin

La traccia, che impone di non allentare l'attenzione, scende ripida a ridosso della parete rocciosa del canalone, verso est, poi piega a sinistra, attraversando il centro del canalone ed subito dopo un canalino detritico secondario. Ci portiamo così sul più tranquillo versante ricoperto da una fitta peccete. Qui il sentiero, piegando di nuovo a destra, ricomincia a scendere perdendo rapidamente quota con serrate serpentine. La discesa termina all'uscita dalla pecceta in corrispondenza dell'alpe Laresin (m. 1710), dove ci ricongiungiamo con il percorso dell'Alta Via della Valmalenco. Procedendo verso sinistra, ripercorriamo i passi dell'andata, passando per l'alpe Forbesina e per il ponte sul Mallero prima di tornare a Chiareggio sulla pista del Pian del Lupo.


Chiareggio e la Val Sissone

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

GALLERIA DI IMMAGINI

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