Il corno più famoso della Val Gerola
Panorama della Val Tronella (clicca qui per aprire)
Punti di partenza ed
arrivo
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Tempo necessario
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Dislivello in
altezza
in m. |
Difficoltà
(T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti
esperti)
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Pescegallo-Sentiero
per Trona-Val Tronella-Torrione della Mezzaluna
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3 h
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800
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E
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SINTESI. Alla
prima rotonda all'ingresso di Morbegno
(per chi proviene da Milano) prendamo a destra ed
alla successiva ancora a destra; dopo un ponte
imbocchiamo la provinciale della Val Gerola, saliamo
a Gerola Alta e proseguiamo fino
al termine della strada, a Pescegallo
(m. 1450). Parcheggiamo qui ed incamminiamoci sul
sentiero che si trova ad ovest degli impianti di
risalita (indicazioni per l'anello dei laghi). Il
sentiero entra subito in una pineta, sale e
raggiunge presso una baita isolata la deviazione a
sinistra per la Val Tronella. La ignoriamo e proseguiamo
uscendo dal bosco. Superato il torrente Tronella
cominciamo a salire con ripidi tornanti un
ampio dosso che costituisce il fianco orientale
del Pizzo del Mezzodì. Poco
sopra i cartelli di quota 1800 (bivio, indicazioni
della GVO), vediamo, sulla sinistra di un masso
che indica i rifugi Trona e Falc, un sentierino; a
pochi metri dalla sua partenza, scorgiamo, su un
sasso, la scritta “1/2 luna”.
Seguiamo la traccia, nella prima parte continua;
lasciamo alla nostra destra un canalone, che scende
a sud del versante orientale del pizzo di Tronella
(m. 2311), raggiungiamo una ganda, dove appena si
intuisce, fra i grandi massi. Qui si sale
leggermente, poi si taglia la ganda, fino a
raggiungere una cengia ai piedi di una formazione
rocciosa. Riappare il sentierino, che aggira la
roccia e porta ad una bella e gentile pianetta.
Oltre la pianetta, il sentiero aggira un costone,
passando proprio a ridosso della roccia, e ci porta
ad un grande corridoio di rocce levigate, sfasciumi
e magri pascoli. Memorizziamo il punto nel quale
siamo giunti, per non perderlo al ritorno, e
cominciamo a salire. Da qui in avanti il sentieroè
molto discontinuo, ma questo non pone eccessivi
problemi: saliamo con una diagonale che tende molto
gradatamente a sinistra, in direzione del ben
visibile corno del Torrione della Mezzaluna. Dopo la
prima salita, approdiamo ad un modesto pianoro, che
precede un ultimo e ripido versante erboso, il quale
sale fino al crinale della costiera. Abbiamo due
possibilità per raggiungerne la base: risalire il
ripido versante erboso, seguendo una labile traccia
di sentiero, fino alla sommità, per poi piegare a
sinistra, oppure piegare subito a sinistra,
sormontare alcune facili roccette e guadagnare un
più ampio e splendido pianoro, ai piedi della
possente base del corno, per poi salire verso
destra. In entrambi i casi, siamo alla selletta
sul crinale (m. 2240 circa), che si
affaccia sulla Valle di Trona e sui laghi di Trona e
Zancone. Di fronte a noi il corno del torrione
della Mezzaluna (m. 2333). Ridiscesi al bivio
di quota 1800, possiamo lasciare il
sentiero diretto (usato salendo) per Prescegallo e
prendere a destra (indicazioni GVO),
per la Val Tronella. Dopo una
discesa abbastanza ripida, con qualche tornantino,
ricominciamo a salire, superando anche un
torrentello ed un curioso corridoio nella roccia,
raggiungendo un pianoro acquitrinoso ed il bacino
della sorgente Tronella (m. 1808).
Cominciamo la discesa sulla sinistra (direzione
nord), seguendo i segnavia (e facendo attenzione a
non seguire quelli che stanno di fronte a noi, e che
segnano la Gran Via, nel tratto Val Tronella-Valle
di Salmurano). Scendiamo così ad intercettare il
sentiero che percorso verso destra ci riporta a Pescegallo.
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Apri qui una panoramica della Val
Tronella
Da migliaia e migliaia di anni. Come il corno di un rinoceronte che dorme da migliaia e migliaia di anni. O forse di un animale di cui nessun uomo ha mai avuto notizia o ha posseduto il nome. Come il corno di un mostro è quello spuntone su cui si sofferma, curioso, l’occhio che, da Sacco, il primo paese della Val Gerola, ne esplora la testata. L'occhio che dapprima si sofferma, da destra, sull’imponente pizzo di Trona ("piz di vèspui", il pizzo del vespro, per il quale il sole passa a sera), quindi sul defilato ed arrotondato pizzo dei Tre Signori ("piz tri ségnùr", antico confine fra Repubblica di Venezia, dominio valtellinese delle Tre Leghe Grigie e domonio spagnolo nel Milanese), ed ancora sul centrale e poderoso pizzo di Tronella (il "pìich"); infine, ecco il più modesto ed enigmatico corno.
Il torrione della Mezzaluna
Uncino, lo credono gli uomini, o artiglio; ma alla
fine lo hanno chiamato torrione, Torrione della
Mezzaluna. Ricorda un po’, infatti, anche una
mezzaluna. Non sanno, gli uomini, che non di uncino né
di torre si tratta, e neppure dell’immagine terrestre
della pallida luna, ma del corno di un mostro possente
che dorme, il corpo sprofondato nella massima base
della costiera Tronella-Trona. Dorme di un sonno che
non si avverte; solo, nel silenzio più riposto della
notte, l’orecchio attento ne può avvertire il respiro,
lento e profondo. Al Torrione della Mezzaluna ("mezzalüna") deve salire
chi vuol carpire il
segreto della valle. Qui è il suo ombelico. Qui il suo
mistero. Non è impresa che richieda grandi doti
escursionistiche: solo, attenzione ed un po’ di
allenamento.
Alla prima rotonda all'ingresso di
Morbegno (per chi proviene da Milano)
prendamo a destra ed alla successiva ancora a destra; dopo
un ponte imbocchiamo la provinciale della Val Gerola,
saliamo a Gerola Alta e proseguiamo
fino al termine della strada, a Pescegallo
(m. 1450). Era, questo,
il regno dell’abete e del gallo cedrone
(rispettivamente, pesc e gal). Niente pesci, dunque. Ma
ormai il nome è questo. Ed ormai questo è il regno di un
turismo affezionato, legato un po’ allo sci, un po’ alle
belle passeggiate estive.
Lasciamo qui l’automobile, lasciamo alle spalle
l’edificio dal quale parte l’impianto di risalita, per
imboccare una stradina che scende, verso nord-ovest, ad
una baita, lasciandolo però subito per un sentiero che
se ne stacca sulla destra. Troviamo qui il primo
cartello, che dà il rifugio Benigni a 2 ore e 15 minuti,
il lago di Trona ad un’ora e 40 minuti, il lago
Rotondo ("làch Redont") a 3 ore. Il
bosco si immerge subito in uno splendido bosco di
conifere, nel cui cuore incontriamo un primo pannello
illustrativo, che ci parla di abeti bianci, abeti rossi
e larici, i silenziosi testimoni del sonno del mostro, e
dei piccoli uccelli che li abitano.
Poi, alla baita del Dossetto (m. 1600;
"trunelìna" o, per i pastori bergamaschi che vi
alpeggiavano, "trunèla dal böc' "), due nuovi cartelli:
il primo segnala una deviazione, sulla sinistra, che
sale al rifugio Benigni per la Val Tronella ("val dal
böc' de Trunèla"), ed il secondo che dà il lago di Trona
("lach de trùna") ad un’ora e 10 minuti. Attraversiamo,
poi, una splendida radura: guardando alla nostra destra,
godiamo di un ampio scorcio della Val Gerola, mentre
sulla sinistra, in direzione sud-ovest, ecco il
Torrione, l’uncino che spicca per il suo profilo
singolare sulla costiera occidentale della Val
Tronella.
Poi, oltrepassiamo un nuovo pannello
illustrativo e superiamo un torrentello, prima di
incontrare un terzo pannello, che parla dei calec’, i
baitelli senza il tetto che servivano come ricovero per
i pastori, e degli insetti e delle piante che li
circondano. Superato un secondo torrentello, guadagniamo
un versante di prati che il sentiero risale, ripido, con
diversi tornanti, snodandosi fra i primi radi larici.
Guadagniamo, così, circa 200 metri e troviamo, a quota
1800, un nuovo cartello, in corrispondenza di un
sentiero che si stacca, scendendo sulla sinistra, da
quello principale: abbiamo intercettato la Gran Via
delle Orobie, che scende in Val Tronella, prosegue fino
al rifugio Salmurano ed al lago di Pescegallo ("làch de
péscégàl", 1 ora e 10 minuti), sale al passo di
Verrobbio (“buchéta
de Bumìgn”, denominata, sul versante bergamasco, “pàs de
Véròbi”; 1 ora e 50 minuti) e raggiunge il passo di San
Marco (2 ore e 50 minuti). Proseguendo, invece, sul
sentiero principale, cioè verso destra, possiamo
raggiungere i laghi di Trona e
Zancone ("lach de trùna" e "làch sancùn", 30 e 50
minuti), ed il nascosto e bellissimo lago Rotondo ("làch
Redont", 1 ora e 50 minuti). Nessuna menzione di un
sentiero che porti al Torrione.
Saliamo, allora, ancora per un breve tratto, fino a
trovare, sulla sinistra di un masso
che indica i rifugi Trona e Falc, un sentierino; a pochi
metri dalla sua partenza, scorgiamo, su un sasso, la scritta
“1/2 luna”. Un tremito: è la nostra via. Una
via non segnata, una via che si mostra e si nasconde, un
sentierino che scorgiamo a tratti, a tratti invece solo
immaginiamo. E la meta è là, la vediamo fin da subito,
diritta, altera, nella direzione del filo del
sentierino. Alla nostra destra, incombente, il massiccio
e tormentato fianco orientale del pizzo del Mezzodì
("piz dul mezdé", m. 2116, denominato così perché
costituiva, da Gerola, una sorta di meridiana naturale,
dato che il sole passa sulla sua verticale e
mezzogiorno).
Seguiamo la traccia, che nella prima parte del nostro
cammino non ci tradisce; lasciamo alla nostra destra un
canalone, che scende
a sud del versante orientale del pizzo di Tronella (il
"pìich", m. 2311), raggiungiamo una ganda, dove la
traccia appena si intuisce, fra i grandi massi. Qui si
sale leggermente, poi si taglia la ganda, fino a
raggiungere una cengia ai piedi di una formazione
rocciosa. Ecco di nuovo il sentierino, che aggira la
roccia e porta ad una bella e gentile pianetta. Intanto,
alle nostre spalle, il pizzo di Tronella troneggia,
altero, con la sua sommità arrotondata, che precipita
nei poderosi contrafforti del suo versante orientale.
Oltre la pianetta, il sentiero aggira un costone,
passando proprio a ridosso della roccia, e ci porta ad
un grande corridoio di rocce levigate, sfasciumi e magri
pascoli. Memorizziamo il punto nel quale siamo giunti,
per non perderlo al ritorno, e cominciamo a salire. Da
qui in avanti il sentiero c’è e non c’è. Ma questo non
pone eccessivi problemi: saliamo con una diagonale che
tende molto gradatamente a sinistra, seguendo sempre
lui, il corno, che si mostra, severo e diffidente, oltre
il filo del canalone di roccette ed erbe. È lui che
detta la direzione. O forse che attende al varco.
Dopo la prima salita, approdiamo ad un modesto pianoro,
che precede un ultimo e ripido versante erboso, il quale
sale fino al crinale della costiera. Il corno è sempre
là. Enigmatico. Abbiamo due possibilità per raggiungerne
la base: risalire il ripido versante
erboso, seguendo una labile traccia di sentiero, fino
alla sommità, per poi piegare a sinistra, oppure piegare
subito a sinistra, sormontare alcune facili roccette e
guadagnare un più ampio e splendido pianoro, ai piedi
della possente base del corno, per poi salire verso
destra.
Il torrione della Mezzaluna
In entrambi i casi, eccoci ad una selletta sul
crinale (m. 2240 circa), che si affaccia
sulla Valle di Trona e sui laghi di Trona e Zancone
("lach de trùna" e "làch sancùn"). Sul versante opposto
della valle, è l’elegante ed imponente cono del pizzo di
Trona ("piz di vèspui", m.
2510) ad imporsi allo sguardo. Alla nostra destra, il
tondeggiante pizzo di Tronella ("pìich") guarda forse
con un pizzico di invidia ai più alti e massicci pizzi
del gruppo del Masino, là sul fondo, a nord. Verso est,
oltre le cinque punte della Rocca di Pescegallo,
scorgiamo le valli di Salmurano e di Pescegallo.
Ma è il corno del torrione della Mezzaluna ad impressionare. Da qui sembra emergere, con i suoi
2333 metri, solitario e perentorio da una base
antichissima, quasi una sfida al cielo. Sembra una
minaccia. E se l’animale si svegliasse? Lo farà,
pensiamo, prima o poi, scaraventerà enormi massi sul
fondovalle, niente di ciò che vediamo sarà più come
prima. E poi, la rivelazione. No. Una crepa profonda,
due, solcano l’imponente corno. L’animale non dorme. È
morto. E nei suoi tempi che non si misurano con i
nostri, si sta disgregando. Un giorno il suo corno si
spaccherà in due, tre, forse quattro parti, precipiterà
rovinosamente sui due versanti. E l’animale non calcherà
più il suolo di questa valle.
Apri qui una panoramica sul gruppo
del Masino dalla selletta del torrione della Mezzaluna
Questo pensiamo, mentre riposiamo dopo
tre ore circa di cammino (ed 800 metri di dislivello
superati). I nostri tempi non sono i tempi dell’animale,
e per noi viene presto l’ora di tornare. Il ritorno sarà
più facile se avremo memorizzato, di tanto in tanto,
alcuni punti di riferimento nella
salita. Eccoci, alla fine, di nuovo al sentiero per il
lago di Trona.
Scendiamo per un breve tratto, poi, invece di proseguire
per Pescegallo, proseguiamo sulla destra, seguendo la Gran
Via delle Orobie. Dopo una discesa abbastanza
ripida, con qualche tornantino, ricominciamo a salire,
superando anche un torrentello ed un curioso corridoio
nella roccia. Ed ecco, ad un pianoro acquitrinoso, un
nuovo pannello, che racconta degli ambienti umidi e dei
loro abitatori. Poi, a breve distanza, ancora un
pannello, che illustra la conformazione geo-morfologica
della Val Tronella, con il suo circo glaciale, e degli
ungulati che possiamo scorgere sui dirupi più scoscesi
delle formazioni rocciose.
Ma ciò che più ci colpisce è quella serie frastagliata
di punte che sta davanti ai nostri occhi, sulla costiera
orientale della valle. Si tratta
delle cinque punte della Rocca di Pescegallo ("filùn de
la ròca"), dette anche Denti della Vecchia ("dénc de la
végia", m. 2125). Ma non si tratta di denti, noi lo
sappiamo, sono gli artigli del mostro, protesi al cielo
e così fissati nell’atto della morte. La valle, con la
sua ampia fascia di rocce striate ed arrotondate, è
insieme il suo cuore ed il suo ventre.
Il comprensorio del pizzo di Trona visto dalla sella del torrione della Mezzaluna
Altro ci dice,
invece, la scienza. La geologia ci racconta che la
testata della Val Gerola fa parte dell’anticrinale
orobica, con un nucleo di duro gneiss rivestito di più
friabili rocce sedimentarie, facilmente modellabili da
vento ed acqua, ne hanno cavato torrioni, guglie e
pizzi, un frammento di Dolomiti perso in una landa
troppo occidentale. Guglie e pizzi come il Pizzo della
Mezzaluna (sì, c’è anche un pizzo della Mezzaluna, m.
2373, e lo possiamo vedere, a sinistra del Torrione
della Mezzaluna, sulla parte occidentale della testata
della valle) ed il caratteristico Dente della Mezzaluna,
alla sua sinistra: nell'insieme, semplicemente "li mezzalüni".
Ma
queste spiegazioni geologiche sono troppo aride. Non
danno conto della vita di questa valle, che ha tratto
linfa vitale dalla morte dell’immenso animale. Linfa che
scorre nelle sue caverne segrete, e che si manifesta,
improvvisa, proprio davanti a noi: ecco, infatti, una sorgente impetuosa ("böc' de trunelìna"), le cui acque
sono raccolte in un piccolo invaso (m. 1808). Presso
l’invaso, un cartello ci informa che scendendo verso
sinistra si raggiunge, dopo 40 minuti, Pescegallo,
mentre prendendo a destra si sale verso il rifugio
Benigni, dato ad 1 ora e 10 minuti (questo
sentiero risale, nella parte terminale, un canalino
aspro ed esposto, per cui richiede grande cautela).
Cominciamo la discesa sulla sinistra (direzione nord),
seguendo i segnavia (e facendo attenzione a non seguire
quelli che stanno di fronte a noi, e che segnano la Gran
Via, nel tratto Val Tronella-Valle di Salmurano). Un
ultimo pannello ci parla dei rettili e degli arbusti
contorti. Ma la nostra mente è sempre là, al mostro che
non vedremo mai, che nessuno mai vedrà più. E che forse
nessuno ha visto mai, perché quando percorreva terribile
questa splendida catena l’uomo non aveva ancora aperto i
suoi occhi curiosi e presuntuosi.
Rieccoci,
alla fine, al bivio del Dossetto. Scendiamo verso destra
ed in poco tempo siamo di ritorno a Pescegallo. È
passato il tempo dei mostruosi animali. È questo il
tempo dei piccoli bipedi che affollano, d’estate,
località come questa, alla ricerca di frescura e forse
di qualche pensiero che osi immaginare una vita che
nessuno ha mai visto.
Dei bipedi che coltivano anche la scienza delle parole e
delle etimologie, scienza che ci spiega anche l'origine
del toponimo "Mezzaluna", che non significa mezzaluna,
ma spianata, o pianetta ("mesa") a forma di luna. Dov'è
questa pianetta? Non la potevamo vedere. E' una piccola
valle che si stende ai piedi del complesso della
Mezzaluna, a sud, sul versante bergamasco, e che ospita
una baita solitaria, la baita della Mezzaluna. Una
vallecola dimenticata, quasi fuori dal mondo. l'altra
faccia del corno che si disgrega sotto l'occhio
sovranamente distaccato del cielo.
Apri qui una fotomappa del sentiero che sale alla sella di quota 2240
CARTA DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE-MAP (FAIR USE)
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