ALTRE ESCURSIONI IN VAL GEROLA - GOOGLE MAP - CARTA DEL PERCORSO - GALLERIA DI IMMAGINI

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Nasoncio-Alpe Cavallo-Bocchetta e baita di Aguc-Alpi Vesenda alta e bassa-Dosso Chierico-Madonna delle Grazie-Albaredo
6 h
920
EE
SINTESI. Alla prima rotonda all'ingresso di Morbegno (per chi proviene da Milano) prendamo a destra ed alla successiva ancora a destra; dopo un ponte imbocchiamo la provinciale della Val Gerola, saliamo verso Gerola Alta. Superata Pedesina, appena prima dell'ingresso a Gerola prendiamo a sinistra e su stradina ci portiamo a Nasoncio (m. 1080), dove parcheggiamo. Proseguiamo a piedi sulla strada che diventa una carrozzabile sterrata la quale taglia, per un lungo tratto, il versante orientale dell’ampio dosso che scende dal monte Motta, portando ad un bivio. Qui lasciamo la pista principale e scendiamo sulla sinistra, al ponte sul torrente di Bomino. Proseguiamo sul lato opposto ignorando una prima deviazione a destra (sentiero) e portandoci ad una seconda segnalata da tre cartelli: qui lasciamo la pista e saliamo sul sentiero che parte alla nostra destra (indicazioni per l'alpe Cavallo), su marcato sentiero in pecceta. Superata la baita solitaria (radura a quota 1352), veniamo intercettati da un sentiero che sale da destra. La salita termina alla parte bassa dell'alpe Dosso Cavallo (m. 1606). Passiamo a sinistra delle baite ed ignoriamo un primos entiero che prende a sinistra, verso il limite del bosco. Il sentiero da imboccare è più in alto: stiamo sulla parte sinistra dei prati e saliamo per un pezzo, fino ad un sasso sul quale è tracciato un doppio segnavia rosso-bianco-rosso. Seguiamo il sentiero che taglia a sinistra, per poi volgere a destra e raggiungere, dopo pochi tornanti in una macchia di larici, il limite inferiore dell’alpe Dosso Cavallo alta. Di qui ci portiamo alle baite dell’alpe, poste quasi sul limite superiore dei prati, a 1865 metri. il sentiero che si stacca dall’alpe, sempre sulla sinistra, appena sopra le baite, e traversa la parte alta della Valburga, fino alla bocchetta di Agucc,, poco sotto la quale, sul versante della valle del Bitto, si trova la solitaria baita di Aguc (m. 1876). Imbocchiamo poi che parte sul versante opposto della conca rispetto a quello su cui è posta la baita e punta verso sud-est, salendo fino a quota 1940 per aggirare un dosso, per poi ridiscendere a quota 1960 e superare una vallecola, oltre la quale siamo alla parte superiore dei prati della splendida alpe di Vesenda alta, dove troviamo una baita solitaria (m. 1851). Scendiamo ora su debole traccia puntando alle baite poste sul limite inferiore di sinistra dell’alpe, ad una quota di 1647 metri. Da esse parte il sentiero che, con direttrice est-sud-est, scende, nel bosco, all’alpe di Vesenda bassa, le cui baite sono poste ad una quota di m. 1457. Teniamoci, però, a sinistra della baita, proseguendo nella discesa fino al torrente Bitto, che guadiamo. Sul lato opposto troviamo il sentiero che percorriamo verso sinistra, procedendo diritti fino al Dosso Chierico (m. 1166). Qui troviamo una pista che scende a superare le valli Pedena e del Lago, prima di risalire alla chiesetta della Madonna delle Grazie (m. 1157). Si tratta della Via Priula, che seguiremo fino alla fine della traversata, cioè fino ad Albaredo. Scendiamo, così, ad intercettare la strada carozzabile per il passo di San Marco; senza seguirla, riprendiamo la Via Priula, che riparte sul lato opposto della strada, attraversa la laterale val Fregera e porta infine per via più breve ad Albaredo per San Marco.


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Gerola ed Albaredo sono i centri principali delle due valli del Bitto, quelle, appunto, di Gerola ed Albaredo, separate dal lungo dosso di Bema, che dal crinale orobico scende fino al pizzo Berro (termine che deriva da “bel-ver”, belvedere, oppure da “berr”, montone). Affascinante, dunque, è l’idea di una traversata che li congiunga, legando idealmente questi due cuori pulsanti di una civiltà legata al più celebre prodotto caseario di Valtellina.
Una traversata diretta, meno lunga, quindi, di quella pur sempre possibile raggiungendo il passo di San Marco lungo la Gran Via delle Orobie, per scendere poi ad Albaredo lungo la via Priula. Una traversata che tocca luoghi poco conosciuti e frequentati, ambiti, quindi, dagli escursionisti che amano scoprire gli angoli più riposti e sconosciuti di valli pur celebri. Una traversata che passa per Nasoncio, percorre un tratto della pista per la val Bomino, sale all’alpe Cavallo, si affaccia alla valle di Albaredo per la bocchetta di Aguc (o Agucc), scende all’alpe di Vesenda alta e bassa, raggiunge il dosso Chierico e la Madonna delle Grazie prima dell’ultima facile discesa ad Albaredo. Una traversata che, evidentemente, richiede la disponibilità di due automobili, perché non si riesce, in una sola giornata, ad effettuare anche il ritorno.
Alla prima rotonda all'ingresso di Morbegno (per chi proviene da Milano) prendamo a destra ed alla successiva ancora a destra; dopo un ponte imbocchiamo la provinciale della Val Gerola e saliamo a Gerola Alta. Ci stacchiamo dalla strada provinciale, della Val Gerola poco prima di Gerola Alta, e precisamente all’altezza di Valle. La strada per Nasoncio supera il torrente Bitto su un ponte, taglia il fianco nord-occidentale del lungo dosso che scende dal monte Motta e raggiunge le case di Nasoncio. Lasciamo qui l’automobile ed iniziamo, da una quota di 1080 metri, la traversata, salendo lungo la strada, che da asfaltata si fa sterrata, e diventa una pista che taglia il fianco nord-orientale del dosso del monte Motta.
Raggiungiamo, così, un bivio, segnalato da tre cartelli: proseguendo sulla pista ci si inoltra in val Bomino e si può salire al passo di Verrobbio, dato a 2 ore e mezza di cammino, mentre scendendo, sulla sinistra, ad un ponte sul torrente Bomino si prosegue per l’alpe Dosso Cavallo, data ad un’ora e 5 minuti, e la baita Aguc, data a 2 ore. È questo l’itinerario che dobbiamo seguire.
Superato, su un ponte di legno, il torrente Bomino (che segna anche il confine fra i comuni di Gerola e di Bema, per cui passiamo nel territorio di quest’ultimo comune) proseguiamo su una pista più stretta, incontrando subito, sulla destra, un sentierino che se ne stacca salendo nel bosco: potremmo sfruttarlo, perché porta all’alpe Dosso Cavallo, ma è preferibile proseguire ed imboccare un secondo sentiero, che si stacca sulla destra dalla pista più avanti, in corrispondenza di altri tre cartelli, ad una quota di 1290 metri. Da essi possiamo evincere che proseguendo sulla pista (che però più avanti si fa sentiero) si raggiungono, dopo un’ora e 30 minuti, le baite Taida, dopo due ore e 20 minuti S. Rocco e quindi Bema (è, questo, l’itinerario per il quale si può compiere, dunque, una bella traversata da Gerola a Bema, posta proprio al centro, sul dosso omonimo, delle valli del Bitto); imboccando, invece, il sentiero ci portiamo, in quaranta minuti, all’alpe Dosso Cavallo e, dopo un’ora e mezza, alla baita Agucc.
Saliamo, quindi, lungo il sentiero (segnalato da segnavia bianco-rossi e rosso-bianco-rossi), in una cornice davvero stupendo: il sentiero, infatti, è circondato da una pineta fantastica, tanto fitta, in alcuni punti, da offrire l’impressione di un bosco magico, suscitando il desiderio di inoltrarsi per vedere quale mai riposto arcano celi in sé. Dopo un primo tratto di salita, in direzione nord, sbuchiamo in una piccola radura, dove si trova una baita solitaria, quotata m. 1352, Rientriamo subito nel bosco, per proseguire la salita su una bella mulattiera, in direzione sud-est, fino ad intercettare, a quota 1435, un sentiero che proviene da destra (si tratta del sentiero già menzionato, che si stacca dalla pista subito dopo il ponte di Bomino).
Manca poco all’alpe: dopo un ultimo tratto con fondo davvero bello, sbuchiamo ai suoi prati inferiori. L’alpe è ancora caricata, d’estate, e questo attenua il forte senso di solitudine suscitato da questi luoghi. All’alpe Dosso Cavallo troviamo due baite, quotate 1606 metri. Dobbiamo, ora, portarci all’alpe alta, separata, da quella bassa, da una fascia occupata da una macchia e da roccette. Per farlo, non dobbiamo, però, commettere l’errore di imboccare il sentierino che parte, poco sopra la baita di sinistra, e si inoltre nel bosco, sul limite sinistro dei prati. Un segnavia isolato, infatti, può indurre questo errore. Il sentiero finisce per perdersi nel cuore nella fitta macchia della Valburga (nome inquietante e quanto mai appropriato per questi luoghi cupi ed ombrosi: la notte di Santa Valburga, secondo le credenze dei secoli passati, era una delle notti nelle quali si tenevano i più paurosi raduni delle streghe ed i sabba più oscuri).
Il sentiero da imboccare è più in alto: teniamoci, dunque, sulla parte sinistra dei prati e saliamo per un pezzo. Lo troveremo, così, facilmente, segnalato anche da un sasso sul quale è tracciato un doppio segnavia rosso-bianco-rosso. Tale sentiero taglia a sinistra, per poi volgere a destra e raggiungere, dopo pochi tornanti, il limite inferiore dell’alpe alta.
Qui ci accoglie un calecc solitario; le baite dell’alpe sono più in alto, quasi sul limite superiore dei prati, a 1865 metri. Su una di queste baite si trova l’indicazione GV, con una freccia bidirezionale: essa si riferisce al fatto che questo percorso costituisce una variante bassa della Gran Via delle Orobie rispetto al percorso canonico che passa per i passi del Forcellino e di Verrobbio e raggiunge il passo di San Marco. L’alpe è dominata, sul punto culminante del dosso, dal pizzo Dosso Cavallo (m. 2068). Ora dobbiamo trovare il sentiero che porta alla bocchetta di Agucc, sul dosso che separa le valli del Bitto. Un primo sentiero si stacca, poco sotto le baite, dal limite sinistro dei prati; potremmo utilizzare anche questo, ma nell’ultimo tratto finisce per perdersi, poco sotto la bocchetta. Meglio imboccare il sentiero che si stacca dall’alpe, sempre sulla sinistra, appena sopra le baite.
Alla fine, eccoci alla bocchetta di Agucc, poco sotto la quale, sul versante della valle del Bitto, si trova la solitaria baita di Aguc (o Agucc, m. 1876 IGM, o 1857, stando a quanto riportato sulla baita stessa), posta in una bella conca erbosa. Sulla baita troviamo una curiosa indicazione, che dà Bema ad 11 chilometri. Si riferisce al sentiero che percorre interamente il crinale del lungo dosso di Bema, raggiunge il pizzo Berro e scende, infine, a Bema. Gustiamo interamente la pace e la solitudine di questo luogo, prima di rimetterci in cammino.
Non seguiremo il sentiero del crinale, ma quello che porta all’alpe di Vesenda Alta, e che parte sul versante opposto della conca rispetto a quello su cui è posta la baita. Esso punta verso sud-est, salendo fino a quota 1940 per aggirare un dosso, per poi ridiscendere a quota 1960 e superare una vallecola, oltre la quale siamo alla parte superiore dei prati della splendida alpe di Vesenda alta. È, questo, un terrazzo panoramico splendido, sul quale è collocata una baita solitaria (m. 1851).
Guardando verso nord, scorgiamo tutte le cime principali del gruppo del Masino, vale a dire, da sinistra, i pizzi Badile e Cengalo, i pizzi del Ferro, la cima di Zocca, la cima di Castello, la punta Rasica, i pizzi Torrone, il monte Sissone, le cime di Chiareggio ed il monte Disgrazia. Alla sua destra, scorgiamo anche le più importanti cime della testata della Valmalenco, cioè i pizzi Roseg, Scerscen e Bernina, la Cresta Güzza ed i pizzi Argient, Zupò e Palù. Più a destra, la lunga costiera che separa la valle del Bitto di Albaredo dalla bassa Valtellina e dalla
Val Tartano, sul quale si distinguono il monte Lago, il monte Pedena ed il monte Azzarini, fra i quali si individua la larga sella del passo di Pedena.
Scendiamo, ora, tagliando a sinistra e puntando alle baite poste sul limite inferiore di sinistra dell’alpe, ad una quota di 1647 metri. Da esse parte il sentiero che, con direttrice est-sud-est, scende, nel bosco, all’alpe di Vesenda bassa, le cui baite sono poste ad una quota di m. 1457. Teniamoci, però, a sinistra della baita, proseguendo nella discesa. Osserviamo, scendendo, il fitto bosco di abeti alla nostra sinistra. Scorgeremo un abete che si innalza sulla linea degli altri, poco oltre il limite del bosco. Inoltriamoci, quindi, nel bosco e, dopo pochi passi troveremo due tavoli in legno, nei pressi di un abete di cui un cartello chiarisce l’identità. Si tratta del famoso abete di Vesenda, uno dei più illustri alberi monumentali della Provincia di Sondrio. Qualche dato spiega la sua celebrità: si tratta di un abete bianco (abies alba) dall'età veneranda (dai 300 ai 350 anni) e dalle dimensioni imponenti (38,50 metri di altezza, 5,65 metri di circonferenza, 1,79 metri di diametro a petto d'uomo, 32,60 metri cubi di volume totale).
Usciamo di nuovo dal bosco e proseguiamo nella discesa, per poco più di cento metri, fino al torrente Bitto, dove, proseguiamo per un tratto verso sinistra, fino ad un ben visibile ponte, costituito da grandi massi, ci consente il guado (m. 1251). Passiamo, così, dal territorio del comune di Bema a quello del comune di Albaredo.
Sul lato opposto troviamo un sentiero che, con direzione nord-nord-ovest prima, nord poi, taglia la parte bassa del fianco occidentale del Dosso della Motta, fino alle baite del Dosso Chierico. Per un buon tratto perdiamo quota, fino al punto nel quale, a 1113 metri, il sentiero è intercettato da un sentiero che sale da sinistra, dal ponte sul Bitto che consente di salire alla Casera Melzi. Poi cominciamo la salita che conduce alle baite del Dosso Chierico (m. 1166).
Qui troviamo una pista che scende a superare le valli Pedena e del Lago, prima di risalire alla chiesetta della Madonna delle Grazie (m. 1157). Si tratta della Via Priula, che seguiremo fino alla fine della traversata, cioè fino ad Albaredo. Scendiamo, così, ad intercettare la strada carozzabile per il passo di San Marco; senza seguirla, riprendiamo la Via Priula, che riparte sul lato opposto della strada, attraversa la laterale val Fregera e cala su Albaredo, dove termina questo bellissimo percorso, che sicuramente non ci pentiremo di aver fatto.
Un percorso che richiede 6 ore di cammino, per superare un dislivello in altezza di circa 920 metri.

CARTE DEL PERCORSO SULLA BASE DI © GOOGLE-MAP (FAIR USE)

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