Apri qui una fotomappa della salita dal lago di Publino al monte Masoni

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
S.Salvatore-Rifugio Caprari-Monte Masoni
6 h
1420
EE
SINTESI. Stacchiamoci dalla tangenziale di Sondrio all'altezza dello svincolo per la via Vanoni (l'unico sulla destra per chi proviene da Milano) e, raggiunta la via, dirigiamoci verso la località Porto di Albosaggia (alla rotonda, a destra per chi proviene da Milano), attraversando su un largo ponte il fiume Adda. Invece di proseguire sulla Pedemontana Orobica, deviamo a sinistra, per il centro di Albosaggia, e ad un bivio prendiamo a destra, ignorando le indicazioni per la Moia. Oltrepassato il poderoso muraglione che sorregge la chiesa parrocchiale di S. Caterina, ci portiamo al centro, dove non saliamo alla piazzetta del municipio, ma proseguiamo, passando a sinistra della famosa torre Paribelli, con un brevissimo tratto in discesa. Ignorata la strada che scende a destra, prendiamo a sinistra, lasciando però subito la strada per prendere a destra, (cartello: San salvatore), immettendoci su una stradina asfaltata che inizia una lunga salita, passando da S. Antonio e Cantone e termina, dopo un tratto molto ripido, a S. Salvatore (m. 1311). Parchaggiamo qui e dalla piazzetta di fronta alla chiesa torniamo indietro sulla stradina sterrata, lasciandola per imboccare a destra la ripida carrozzabile con fondo in cemento che prosegue, con qualche tornante, risalendo l'ampia fascia di prati, fino al parcheggio terminale in località alla Ca', m. 1516. Qui lasciamo la pista sterrata che prosegue a sinistra: un cartello indica la partenza di un sentiero, ben segnalato, che sale in un bosco di larici, fino a sbucare in un'ampia radura nel cuore della Valle della Casera. Qui oltrepassiamo una pista sterrata e proseguiamo ancora diritti per un breve tratto in salita, fino ad un secondo cartello, in corrispondenza di un bivio, ad una quota approssimativa di 1840 metri. Qui prendimo a destra ed imbocchiamo un sentiero che procede in piano verso sud, passando appena sotto il rifugio Baita della Calchera. Superate cinque gallerie, raggiungiamo un’ampia radura, alla quale scende la valle della Biorca, con una baita. Prima di accedere ai prati, troviamo, sul terreno, la ben visibile indicazione “Publin”, con segnavia rosso-bianco-rosso, che segnala un sentierino che si stacca sulla sinistra dal sentiero fin qui percorso, e comincia a risalire, con rapidi tornantini, un ripido versante di bassa vegetazione. Poi il sentiero piega a destra e comincia la lunga traversata con qualche saliscendi e ci porta al lago di Publino (m. 2134), ad ovest (destra) del quale si trova il rifugio Amerino Caprari (m. 2118). Ci portiamo ora alla sponda orientale (quella a monte) del lago di Publino), contornandola interamente, fino a raggiungere il versante a valle di un marcato vallone, che sale verso sud-est. Cominciamo a salire a zig-zag, verso sud-est, nel cuore del vallone, che spesso presenta neve anche a stagione inoltrata, passando appena a sinistra del contrafforte roccioso che scende verso nord del monte Masoni. In questo modo giungiamo, a quota 2300 metri circa, alla sommità di un primo gradone, oltre il quale la pendenza si attenua. Volgiamo ora a destra e proseguiamo nella salita verso sud-ovest, seguendo un ampio corridoio. Procediamo dapprima fra magri pascoli, poi su terreno sempre più ingombro di pietrame, e ci portiamo, dopo un lungo traverso, proprio a monte del contrafforte roccioso alla cui sinistra siamo prima saliti. Passiamo a destra di una arrotondata formazione rocciosa e proseguiamo diritti, per poi piegare a sinistra (sud-est), puntando alla marcata sella che divide la cima del monte Masoni dall’anticima di quota 2637, a sud-est della prima. La salita segue una valletta ingombra di minuto pietrame, e ci porta alla sella suddetta. Ci attende ora l’ultima salita: prendendo a destra rimontiamo il facile crinale a sud-est della cima, fino alla grande croce del monte Masoni (m. 2663), che dal 2016 ha sostituito una croce di più modeste dimensioni. Se vogliamo tornare per una diversa via, cioè il sentiero che scende al fondo della Valle del Livrio, procediamo così. Ridiscesi alla riva del lago di Publino, prendiamo a sinistra e lo lasciamo alle spalle, scendendo ad intercettare il sentiero che dal rifugio Caprari prosegue verso il centro del circo terminale della Valle del Livrio. Scesi ad una valletta con una pozza, risaliamo fino ad un quadrivio segnalato da cartelli. Qui lasciamo il sentiero dell'alta Valle del Livrio (Gran Via delle Orobie) e prendiamo a destra.In questo secondo caso, tornati al trivio con cartelli, prendiamo a sinistra, scendendo diretti verso nord, poco a destra del ramo centrale del torrente Livrio, tagliamo la pista della decauville ed a quota 1800 metri circa passiamo dal lato destro a quello sinistro della valle, guadando il torrente. proseguendo su sentiero abbastanza marcato ma sposco (qualche segnavia), raggiungiamo il fondo della valle e ci immettiamo in una pista. Seguendola, tocchiamo le baite dell’alpe Piana (m. 1500) e le baite della località Forno (m. 1300), per poi superare, su un ponte in legno, il torrente Livrio, portandoci alla sua destra. Proseguiamo all’ombra di una bella pineta e ci portiamo alla località Crocetta (m. 1216). Dobbiamo poi riguadagnare un centinaio di metri. Alla Teggia siamo risaliti a quota 1250, ma poi c’è una nuova discesa. La successiva salita ci riporta prati a valle della chiesa di S. Salvatore.


Apri qui una panoramica del gruppo del Masino e della testata della Valmalenco visti dalla cima del monte Masoni

Il monte Masoni non è certo fra le cime più conosciute della catena orobica, ma è caratterizzato da molti aspetti assolutamente interessanti. Innanzitutto con il suoi 2663 metri è la cima più elevata delle Orobie occidentali. È, poi, una cima dalla morfologia particolare: niente rocce, niente pascoli, ma una vasta distesa di pietrame che richiama gli scenari delle cime dell’Alta Valtellina. Una cima gemina, con due ripiani terminali posti alla medesima altezza, con una grande croce a segnale quale sia quella effettiva. Una cima, infine, che regala un panorama di prim’ordine, paragonabile a quello celebratissimo del suo vicino e più famoso antagonista, il Corno Stella. Le due cime se ne stanno sugli opposti angoli, orientale (monte Masoni) ed occidentale (Corno Stella) della testata della Valle del Livrio, che si apre alle spalle di Albosaggia e Caiolo. La salita al monte Masoni non riveste difficoltà tecniche, anche se l’ultima parte si articola su un ripido e faticoso versante. Decisamente lunga, invece, è la marcia di avvicinamento, visto che, lasciata l’automobile a San Salvatore, dobbiamo percorrere l’intero versante orientale della Valle del Livrio, fino al rifugio Caprari ed al lago di Publino, alle cui spalle inizia l’attacco alla rampa sul versante meridionale del monte.


Valle del Livrio e monte Masoni

La lunga escursione parte da San Salvatore e passa per (o presso) il rifugio Caprari. Essa riveste anche un motivo di grande suggestione storica, perché, se condotta dal sentiero di fondovalle, ci permette di percorrere la cosiddetta “Via Cavallera”, l’antica via utilizzata, fin dalla fine del Cinquecento, dai mercanti che, per evitare le gabelle che si pagavano al passo di San Marco sulla Via Priula appena aperta, salivano al passo di Publino dalla bergamasca per poi scendere in Valtellina e proseguire per i Grigioni. Una via che, fino al periodo fra le due guerre mondiali, veniva percorsa anche da mercanti valtellinesi che trasportavano sul dorso di cavalli (da qui la sua denominazione) le forme di Bitto destinate ad essere vendute sul mercato di Branzi. Veniva, infine, utilizzata per portare viveri ai cavatori che lavoravano all'estrazione ed alla prima cottura del ferro in Valmadre.
Bene. Senza cavallo né mercanzie, ma con zaino e grande voglia di scoprire nuovi scorci di grande suggestione e bellezza, mettiamoci in cammino dal maggengo di San Salvatore. Ci portiamo fin qui in automobile salendo da Albosaggia (cui si sale lasciando la ss. 38 dello Stelvio, al primo svincolo a destra – per chi viene da Milano – o all’ultimo svincolo a sinistra della tangenziale di Sondrio, svoltando poi a destra – o sinistra -, attraversando il ponte sull’Adda, piegando subito a sinistra e cominciando a salire fino al centro, che si raggiunge dopo aver ignorato la deviazione a sinistra per la Moia). Raggiunto il centro, non saliamo alla piazzetta del municipio, ma proseguiamo, passando a sinistra della famosa torre Paribelli, con un brevissimo tratto in discesa. Ignorata la strada che scende a destra, prendiamo a sinistra, lasciando però subito la strada per prendere a destra, (cartello: San salvatore), immettendoci su una stradina asfaltata. Nel primo tratto è tanto stretta che avremo l'impresisone di avere sbagliato; poi si allarga un po', ma in diversi punti la carreggiata è alquanto stretta (e talora senza parapetti). La strada porta ad un primo bivio, al quale prendiamo a sinistra, poi ad un secondo, al quale prendiamo a destra. Passiamo per S. Antonio (a 5,2 km dal centro: qui troviamo una chiesetta recentemente restaurata), e Cantone (a 7 km dal centro), dove la valle comincia ad aprirsi. L’ultimo tratto prima di S. Salvatore è molto ripido: se siamo in molti su un’automobile poco potente, può essere che questa non ce la faccia. Siamo, infine, a S. Salvatore dopo 8,3 km dal centro di Albosaggia. Attenzione: dopo l'ultima lunga rampa, con fondo in cemento, dobbiamo impegnare una stradina sterrata che prosegue diritta e porta al piazzale della bella chiesa, non proseguire sulla sinistra.
Lasciata l’automobile a S. Salvatore, perché oltre non possiamo proseguire senza autorizzazione (ma nei finesettimana estivi può essere difficile trovare spazio per parcheggiare), sostiamo per un po’ presso l’antichissima chiesetta, una delle prime in terra di Valtellina, risalente, forse, al VI secolo, quando ancora in Valle del Livrio era presente il paganesimo e quando i cristiani del versante bergamasco venivano fin qui per seppellire i loro morti, data la prevalenza del paganesimo nelle loro zone. Di fronte alla chiesa si trova anche il rifugio Saffratti. Dobbiamo ora percorrere tutta la Valle del Livrio (val del lìri), fino al passo di Publino, al centro della sua testata. Il nome della valle è probabilmente da una radice assai antica, forse ligure, con riferimento all'acqua ed ai corsi d'acqua. Possiamo risalire la valle per due vie (che, ovviamente, possono essere combinate ad anello di andata e ritorno). La prima, via alta, passa per il rifugio Caprari al lago di Publino, la seconda, invece, la via dei mercanti o Via Cavallara, si tiene sul fondovalle, fino al gradino principale, che risale fino ai piedi del passo. Scegliamo la prima per salire, la seconda per scendere.
Tornati indietro sulla stradina sterrata, prendiamo a destra, seguendo la ripida carrozzabile con fondo in cemento che prosegue, con qualche tornante, risalendo l'ampia fascia di prati, fino al parcheggio terminale in località alla Ca', m. 1516. Qui lasciamo la pista sterrata che prosegue a sinistra: un cartello indica la partenza di un sentiero, ben segnalato, che sale nella magica atmosfera di un bellissimo bosco di larici, fino a sbucare in un'ampia radura nel cuore della Valle della Casera. Qui oltrepassiamo una pista sterrata (che si stacca dalla pista principale che dalla Ca’ sale fino agli alpeggi sotto il pizzo Meriggio) e proseguiamo ancora diritti per un breve tratto in salita, fino ad un secondo cartello, in corrispondenza di un bivio, ad una quota approssimativa di 1840 metri. I cartelli indicano che proseguendo diritti nella salita si raggiunge il bellissimo lago della Casera (dato a 30 minuti di cammino) e, poco sopra, il rifugio Baita Lago della Casera. Piegando a destra, invece, si imbocca il sentiero pianeggiante che segue il canale di gronda della Sondel, alla volta del rifugio Caprari (dato a 2 ore e 20 di cammino).
Prima di proseguire, guardiamo in direzione nord: splendido è il colpo d’occhio sui Corni Bruciati e sul Monte Disgrazia e, alla loro destra, sull’intera testata della Valmalenco.
Prendiamo, dunque, a destra e, dopo una decina di minuti, raggiungiamo il bivacco Baita Calchera (m. 1830), sempre aperto, un ottimo punto di appoggio per una pausa bucolica o forzata in una escursione. Il sentiero prosegue per un lungo tratto con andamento pianeggiante, mentre, alla nostra destra, si mostra la costiera occidentale della Valle del Livrio, che propone, da destra, pizzo Pidocchio (m. 2329), il monte Vespolo (m. 2385), la cima Pizzinversa (m. 2419), la cima Sasso Chiaro (m. 2395), il pizzo Cerech (m. 2412) e la cima Tonale (m. 2544), oltre la quale è facilmente riconoscibile la larga sella del passo omonimo, che congiunge Valle del Livrio e Val Cervia. Sull’angolo di sud-ovest della valle, si distingue l’elegante cono del Corno Stella (m. 2620), che si distingue per la regolarità della forma (che non richiama un corno, come incece accade per la cima alla sua sinistra), un cono dalla larga base e dalla cima arrotondata; lo si distingue soprattutto per l'ampia e singolare fascia di rocce chiare che si distende ai suoi piedi. Proseguiamo, con lo sguardo, verso sinistra: seguono due cime minori e poco pronunciate, ed un intaglio, che parrebbe il passo di Publino; così non è, per, perché il passo è ancora più a sinistra (est).
Dopo aver attraversato una prima galleria, raggiungiamo il ripido solco della valle di Camp Cervè, che il sentiero, con tratti protetti, supera anche grazie ad alcune gallerie scavate nella roccia. Le prime due non offrono problemi, ma la terza, un po’ più lunga, ci permette di apprezzare l’utilità di una torcia, che non dovrebbe mai mancare nello zaino di un escursionista. Dopo una quarta ed ultima galleria, raggiungiamo un’ampia radura, alla quale scende la valle della Biorca (o Biolca, dal mantovano “biolca”, bue, oppure dal dialettale “biork”, forca), con una baita: in basso distinguiamo la decauville che collega lo sbarramento del lago di Publino con quello di Venina, nella valle omonima ad est della Valle del Livrio. Prima di accedere ai prati, troviamo, sul terreno, la ben visibile indicazione “Publin”, con segnavia rosso-bianco-rosso, che segnala un sentierino che si stacca sulla sinistra dal sentiero fin qui percorso, e comincia a risalire, con rapidi tornantini, un ripido versante di bassa vegetazione. Poi il sentiero piega a destra e comincia la lunga traversata che ci condurrà al lago di Publino. La testata della valle di allarga, ed ora vediamo il passo di Publino, posto sul suo più basso intaglio; alla sua sinistra si distingue un lungo crinale che culmina con la cima del pizzo di Zerna (m. 2512). Alle nostre spalle, invece, ricompaiono i Corni Bruciati, il monte Disgrazia e la testata della Valmalenco.
Proseguendo nel cammino, con qualche saliscendi, incontriamo un masso con il doppio segnavia rosso-bianco-rosso e rosso-giallo-rosso (quello più antico) e con le frecce per il rifugio Caprari e S. Salvatore, poi due baite ed infine la baita Scoltador (m. 2048, segnalata da un cartello), alle spalle della quale parte, sulla sinistra, il sentiero che sale all’omonimo passo (m. 2454), dal quale si scende in Val Venina, seguendo la Gran Via delle Orobie. Pochi sforzi ancora, e siamo alle modeste balze che precedono il lago di Publino (m. 2134), ad ovest (destra) del quale si trova il rifugio Amerino Caprari (m. 2118), nel territorio del comune di Caiolo. Ora vediamo anche la parte orientale della testata della valle, che ha la sua massima elevazione nel monte Masoni (m. 2663), che si specchia nelle acque del lago, poco a sinistra del pizzo di Zerna.


Salendo al monte Masoni dal lago di Publino

Nel secondo dopoguerra venne costruito lo sbarramento artificiale del lago, che assunse la portata di 5 milioni di metri cubi, e la condotta forzata che alimenta la centrale di Publino, costruita fra il 1949 ed il 1951 dalla Società AFL-Falck.
Ci portiamo ora alla sponda orientale (quella a monte) del lago di Publino), contornandola interamente, fino a raggiungere il versante a valle di un marcato vallone, che sale verso sud-est. Cominciamo a salire a zig-zag, verso sud-est, nel cuore del vallone, che spesso presenta neve anche a stagione inoltrata, passando appena a sinistra del contrafforte roccioso che scende verso nord del monte Masoni. In questo modo giungiamo, a quota 2300 metri circa, alla sommità di un primo gradone, oltre il quale la pendenza si attenua. Volgiamo ora a destra e proseguiamo nella salita verso sud-ovest, seguendo un ampio corridoio.


Salendo al monte Masoni dal lago di Publino

Procediamo dapprima fra magri pascoli, poi su terreno sempre più ingombro di pietrame, e ci portiamo, dopo un lungo traverso, proprio a monte del contrafforte roccioso alla cui sinistra siamo prima saliti. Passiamo a destra di una arrotondata formazione rocciosa e proseguiamo diritti, per poi piegare a sinistra (sud-est), puntando alla marcata sella che divide la cima del monte Masoni dall’anticima di quota 2637, a sud-est della prima.


La salita alla cima del Monte Masoni

La salita segue una valletta ingombra di minuto pietrame, e ci porta alla sella suddetta. Ci attende ora l’ultima salita: prendendo a destra rimontiamo il facile crinale a sud-est della cima, fino alla grande croce del monte Masoni (m. 2663), che dal 2016 ha sostituito una croce di più modeste dimensioni.


Valle del Livrio vista dalla cima del monte Masoni

Orobie centrali viste dalla cima del monte Masoni

Imponente il panorama. Ad est vediamo i gruppi del Pizzo del Diavolo, del Redorta e del Rodes. Lontani si intravvedono il pizzoTresero, il Gran Zebrù, l'Ortler e la Cima Piazzi. A nord si distinguono, da destra, il gruppo Scalino-Paniale, la testata della Valmalenco, il monte Disgrazia e l'intero gruppo del Masino. Più a sinistra ancora ecco i pizzi Stella, Tambò, alle cui spalle fanno capolino le cime dell'Oberlaud bernese, con le sue cime culminanti, il Finsteraarhorn e la Jungfrau, a cui sembrano appiccicate ad angolo retto le vette prepotenti del Mischabel.


Val Sambuzza e Corno Stella visti dal monte Masoni

Più ad occidente il pizzo Stella nasconde allo sguardo buona parte della catena orobica occidentale, ma non impedisce allo sguardo di raggiungere Monte Rosa, Cervino e Gran Paradiso.


Croce del monte Masoni

Valle del Livrio vista dal monte Masoni

Pizzo del Diavolo di Tenda dal crinale del monte Masoni

e vogliamo tornare per una diversa via, cioè il sentiero che scende al fondo della Valle del Livrio, procediamo così. Ridiscesi alla riva del lago di Publino, prendiamo a sinistra e lo lasciamo alle spalle, scendendo ad intercettare il sentiero che dal rifugio Caprari prosegue verso il centro del circo terminale della Valle del Livrio. Scesi ad una valletta con una pozza, risaliamo fino ad un quadrivio segnalato da cartelli. Qui lasciamo il sentiero dell'alta Valle del Livrio (Gran Via delle Orobie) e prendiamo a destra.


Il monte Disgrazia visto dal monte Masoni

Ci infiliamo così nel sentierino che scende, deciso, con rapide svolte, a sinistra di un grande corpo franoso. Dopo alcuni tornanti, pieghiamo a sinistra, superando un primo torrentello e poi il torrente Livrio (metiamo in conto di bagnarci i piedi). La successiva discesa avviene nella boscaglia, e ci porta ad incrociare la decauville che proviene dall’edificio della Sondel, visibile alla nostra destra, e prosegue verso la Val Cervia. Il sentiero la taglia e prosegue diritto nella discesa.


I pizzi Bernina, Argient, Zupò e Palù visti dal monte Masoni

E' molto sporco e faticoso, anche se non si perde: non vediamo dove mettiamo i piedi, e, cpmplice anche qualche buca e sasso scivoloso, il rischio di ruzzoloni o di storte è elevato. Finalmente, usciamo dal bosco in corrispondenza di una baita solitaria, sul limite dell'alpe Piana (m. 1500). memorizziamo questo punto: nel caso dovessimo salire da qui, l'imbocco del sentiero non è ben visibile, si trova a sinistra di un cartello che avverte del pericolo di piene improvvise (ci aiutano anche un paio di massi con segnavia bianco-rosso). Attraversata una radura occupata da "lavazz" e superato un singolarissimo corno roccioso, raggiungiamo la sterrata di fondovalle (chiusa al traffico dei mezzi non autorizzati), sulla quale, dopo un primo strappo in salita, prosegue una tranquilla ed un po’ monotona discesa, con lunghi tratti in piano.


Valle del Livrio

Tocchiamo le baite dell’alpe Piana (m. 1500) e le baite della località Forno (m. 1300), per poi superare, su un ponte in legno, il torrente Livrio, portandoci alla sua destra. Proseguiamo all’ombra di una bella pineta e ci portiamo alla località Crocetta (m. 1216). Qui ci accorgiamo di essere più bassi del punto di arrivo (S. Salvatore, a 1311 metri), e quindi di dover faticosamente riguadagnare un centinaio di metri (qualche saliscendi, infatti, arrotonda un po’ la quota). Alla Teggia ci accorgiamo di essere risaliti a quota 1250, ma poi c’è una nuova discesa che dà un po’ sui nervi. Ma la tenacia è premiata, ed alla fine ecco gli splendidi prati a valle della chiesa di S. Salvatore, che saluta il nostro ritorno. L'intera escursione richiede circa 9 ore di cammino.

Valle del Livrio


Apri qui una mappa del percorso di salita al monte Masoni dal lago di Publino

CARTA DEL PERCORSO DI SALITA AL MONTE MASONI

GALLERIA DI IMMAGINI

IL NATURALISTA PAOLO PERO AL LAGO DI PUBLINO

Vale la pena di leggere come si presentò il lago sul finire dell'ottocento allo sguardo del dott. Paolo Pero, professore di storia naturale al Liceo Ginnasio "G. Piazzi" di Sondrio, che così scrive, in "I laghi alpini valtellinesi" (Padova, 1894): "Presso l'estremità superiore della valle del Livrio, chiusa a sud dalla scoscesa cerchia montuosa costituita dal pizzo Zerna (m. 2567) e dal monte Masoni (m. 2631), vi sono due graziosi laghetti, chiamati Laghi del Publino, dai quali hanno origine le acque del torrente Livrio. Essi sono circondati intorno da roccia in posto e separati fra loro da depositi d'origine secondaria, in parte glaciali, in parte franosi, che derivano dallo sfacelo delle creste montuos, che s'innalzano a E., a S. e a O. di questi laghi. Il più piccolo di essi, posto alquanto più verso S., scarica le sue acque nel secondo, attraverso il detrito sopra menzionato. Si scorge quindi come in orogine dovevano formare un lago solo: la loro divisione venne operata in seguito dal lavoro e trasporto di materiali compiuto dalle forze esogene. Il maggiore di questi due laghi, pertanto, il solo degno di particolar studio, è limitato a N. dalla roccia in posto, che sorge in forma di ampi cocuzzoli arrotondati, di cui il versante minore, interno, si continua colle sponde del lago, ed il versante maggiore, esterno, s'innalza quasi perpendicolarmente sulla valle, per l'altezza di circa 200 metri. Questo è dunque un lago orografico. La roccia appartiene a quella speciale formazione di Gneis detto di Suretta o di Spluga, dalla località della valle del Liro, dove specialmente si sviluppa. Esso è un gneis biancheggiante, a struttura granitica, dai grandi cristalli di feldspato mescolati con frammenti di quarzo e con poche pagliette di mica... Il lago presenta una bella forma ovale la cui maggior lunghezza va da S. a N. Le sponde sono piuttosto ripide, eccettuata quella verso S. che è formata dal detrito trasportatovi continuamente dal ripido versante montuoso che s'innalza a S.E. Verso O. la sponda si abbassa pure notevolmente, per piccolo tratto, ed ivi si apre l'emissario, che, dopo breve percorso, precipita per lo scosceso dirupo del versante esterno del lago. Le sponde sommerse, che mantengono la stessa inclinazione della parte esterna, sono coperte di ciottoli e di poco limo, sul quale trovasi piuttosto scarso il feltro organico. La sua altitudine è di 2104 m. e la superficie di 84.000 m.q. Le sue acque hanno un colore verde oscuro, non ben rappresentato da nessun numero della scala Forel; il più rappresentativo sarebbe il numero V. La temperatura interna era di 10 gradi centigradi e l'esterna di 12,3 gradi centigradi alle ore 10 e mezza del giorno 19 luglio 1893, essendo il cielo assai nuvoloso."

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