CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Poniamo che vi domandi: "Romilla: cosa vi fa venire in mente?" Probabilmente rispondereste, come il don Abbondio di manzoniana memoria: "Romilla? Chi è costei?" Se poi, per aiutarvi, aggiungessi: "E' una valle, la val Romilla", la vostra risposta potrebbe essere questa: "Ah, ecco, si tratterà di una qualche insignificante valle sperduta da qualche parte in Valtellina, dove solo a e potrebbe venire in mente di andare". Doppio errore.
Non è una valle insignificante, e non è affatto sperduta, dato che si trova nella più famosa (soprattutto oltralpe) e probabilmente bella valle delle Alpi Retiche, la Val di Mello. Certo, in una Val di Mello sconosciuta. Mi spiego: è la più grande fra le laterali di sinistra della Val di Mello. Una ragione per visitarla? Ve ne do anche più di una. Innanzitutto, fermo restando che andarci d'estate va benissimo, un'escursione autunnale, magari in ottobre, prima che il ritorno dell'ora solare ci faccia perdere un'ora di luce, ci regalerebbe uno spettacolo di colori di rara bellezza. Poi c'è il fascino della scoperta di luoghi dove la solitudine ed il silenzio sembrano un invito all'ascolto di quelle parole che stentano, spesso, in noi a farsi voce.
In terzo luogo la valle è un belvedere ineguagliabile, dal quale possiamo gustare lo spettacolo unico delle celeberrime cime del gruppo del Masino (i pizzi del Ferro,  la cima di Zocca,
la punta Allievi, la cima di Castello, la punta Rasica,
i pizzi Torrone, il monte Sissone e la punta Baroni),
ma anche delle valli laterali lungo le quali si snoda il Sentiero Roma, dalla valle del Ferro alla val Torrone.
Infine, la salita della val Romilla ci permette di raggiungere, senza alcuna difficoltà tecnica, il passo dell'Averta, che ci introduce all'omonima valle e ci consente di raggiungere, con una traversata di mezza costa, il rifugio Ponti. Insomma, potrebbe essere un'alternativa veramente interessante (anche se faticosa) al percorso classico della prima tappa del Sentiero Roma per chi lo percorre da est ad ovest (cioè alla salita al rifugio Ponti dalla valle di Preda Rossa).
E allora, che facciamo? Ci incamminiamo decisi? Beh, prima dobbiamo tenere presenti molte importanti indicazioni, perché purtroppo il percorso proposto è scarsissimamente segnalato e, anche se non presenta problemi tecnici o passaggi esposti, presenta qualche difficoltà sul versante dell'orientamento nella fascia intermedia della salita. Questa relazione vorrebbe, infatti, essere anche un appello perché si provveda a migliorare la segnaletica e magari a pulire anche qualche tratto sporco del sentiero.
 
Vediamo allora come fare. Innanzitutto bisogna assicurarsi di essere in ottima forma, perché ci sono da superare circa 1700 metri in salita: una bella tirata, che richiede circa otto ore di cammino.
Se siamo a posto, raggiungiamo il parcheggio della Val di Mello da San Martino di Val Masino.
Incamminiamoci quindi sul sentiero che percorre il fondovalle, ammirando, sulla nostra sinistra, il Precipizio degli Asteroidi e
l'imbocco della val Qualido, che mostra buona parte dell'impressionante parete del Qualido.
Proseguiamo, gustando la dolcezza dei luoghi
e superando Ca' di Carna e Cascina Piana.
Poco oltre questa seconda località, troveremo, sulla nostra destra, un bel ponte: lasciamo quindi il sentiero per il rifugio Allievi e portiamoci sul lato opposto della valle, dove troviamo il cartello "Temola".
Proseguiamo verso sinistra e, dopo circa duecento metri, raggiungiamo un grande prato. Il sentiero lo fiancheggia fino ad un ponticello; qui lasciamolo, per risalire il prato verso destra,
fino ad un grande masso, su cui è segnato in rosso il numero "7" ed alla cui sinistra c'è un cartello di divieto di caccia. A destra del masso parte il sentiero per la val Romilla, di cui scorgiamo da qui solo la parte terminale.
Nel primo tratto la traccia non è molto marcata, poi diventa più visibile e qualche raro segnavia bianco-rosso (o solo rosso) ci rassicura.
Ma non possiamo sbagliare: il sentiero si inerpica sul lato destro (per noi) della valle, non distante dalle sue pareti granitiche, che precipitano con salti impressionanti sul fondo del suo solco. Dobbiamo prestare attenzione in questa prima parte, perché il terreno, sempre in ombra, è scivoloso. Intorno ai 1400 metri, dopo un tornante verso destra, ci ritroviamo proprio sotto una parete strapiombante, che si inarca minacciosa sopra il nostro capo, con grosse crepe sinistre, mettendoci i brividi.
Poco oltre i 1500 metri, una traccia segnalata da un segno rosso su un sasso si stacca alla nostra destra: la ignoriamo. Intorno ai 1600 metri dobbiamo prestare molta attenzione, per non perdere la deviazione a sinistra che ci permette di attraversare il torrentello della valle. Il sentiero, qui, è molto incerto, e si districa a fatica, fuori del bosco, su un terreno ingombro di materiale franoso. Se guardiamo bene, vedremo un segno rosso su un sasso: tagliamo a sinistra e, dopo pochi metri, troveremo un secondo cartello di divieto di caccia.
Guardando con attenzione, scopriremo la traccia del sentiero che, in breve, ci porta al torrentello, che superiamo facilmente (attenzione, però, ai sassi molto scivolosi!).
Sul lato opposto il sentiero entra ben presto in un bel bosco di conifere e, effettuata una diagonale, ci porta ad una radura,
dove si trovano due baite.
Si tratta della Romilla (m. 1618), detta anche "Belvedere", perché da qui la visuale sulla valle di Zocca e sui pizzi Torrone è già molto buona.
Siamo in cammino da poco meno di due ore: una breve escursione panoramica potrebbe anche terminare qui.
Ma proseguiamo. Il sentiero riparte alle spalle delle baite: lo segnala un terzo provvidenziale cartello di divieto di caccia. Dopo una serie di ripidi tornanti, ci ritroviamo proprio a ridosso del roccioso fianco settentrionale della valle, dove un muricciolo delimita un rudimentale ricovero che ha come tetto una grande placca di granito.
Poi ci stacchiamo gradualmente dal fianco della valle
e, a quota 1750 circa, in corrispondenza di un quarto cartello di divieto di caccia, il sentiero lascia il bosco.
Per circa 150 metri la sua traccia, in una rada boscaglia, diventa molto incerta ed intermittente. E' questo il tratto in cui il rischio di perderlo si fa più alto. Dobbiamo quindi essere attentissimi ai rari segni rossi, a qualche ometto e ad una fettuccia bianca sul ramo di un albero. L'attenzione va moltiplicata se abbiamo intenzione di scendere per la medesima via di salita.
Sono salito quattro volte in val Romilla con l'intenzione di tornare per la via di salita, e in questo tratto mi è sempre capitato di uscire dalla traccia, anche se poi l'ho ritrovata abbastanza rapidamente.
Un consiglio, allora: lasciate regolarmente fettucce colorate sui rami di alberi ben visibili.
Infine, al termine di un breve corridoio ed in corrispondenza di un quinto cartello di divieto di caccia, raggiungiamo il pianoro principale della valle, sul cui limite troviamo una baita diroccata (m. 1922). Da qui in poi, per un buon tratto, non troveremo più né segnavia né sentiero (se non sporadiche e brevi tracce), ma non potremo più perderci.
Qui la valle, soprattutto alla nostra sinistra, mostra un volto molto più gentile e consono ad un nome che sembra suggerire accenti di dolcezza.
Il lato sinistro è dominato dal pizzo dell'Averta (m. 2853) e, alla sua sinistra, dalla cima quotata m. 2806.
Lo spettacolo di gran lunga più suggestivo si sta però preparando alle nostre spalle. Ma dobbiamo salire ancora un po' per cominciare ad ammirarne la grandiosità. Scendiamo allora al pianoro paludoso ed attraversiamolo in diagonale verso destra. Superato un piccolo dosso, raggiungiamo un secondo pianoro, più a sud,
 dove scende un canalone dalla pendenza modesta, il cui fondo è occupato da alcuni massi. Dirigiamoci verso il canalone e risaliamolo, senza percorso obbligato. Ci ritroveremo al limite di una larga fascia di massi: ci conviene aggirarla puntando a sinistra e risalendo, sfruttando le strisce erbose (ma attenzione ai buchi nascosti!), due lunghi dossi, senza allontanarci però dalla fascia di massi. Il passo non si vede ancora: rimane nascosto,  su un intaglio ben visibile nella costiera, proprio di fronte a noi.
La salita è piuttosto faticosa,
ma può essere opportunamente intervallata da soste, che permettono di ammirare la sequenza maestosa delle cime del gruppo del Masino, dai pizzi del Ferro, alla nostra sinistra, alla punta Baroni, alla nostra destra.
Intorno a quota 2400 raggiungiamo una nuova fascia disseminata di massi, ai piedi del canalone terminale che conduce al passo. Se guardiamo con attenzione scorgeremo, alla nostra destra, su un grande masso posto al limite della fascia, una segnalazione in verde, la prima di una serie che permette di attraversare la fascia, tagliandola in diagonale verso sinistra, fino a raggiungere il canalino terminale, posto alla base del passo.
La salita del canalino, abbastanza ripido, è agevolata da una traccia di sentiero.
Alla fine
 i 2546 metri della facile sella del passo sono raggiunti.
Prima di gettare uno sguardo sul versante opposto, osserviamo ancora quello della Val di Mello. Se osserviamo la costiera che separa la val Qualido dalla valle di Zocca, potremo scorgere l'altro e più celebre passo dell'Averta, punto di passaggio indimenticabile sul Sentiero Roma. Questo è già di per sé assai curioso, ma c'è di più: i due passi omonimi sono pressoché alla medesima altezza (il nostro a 2546 metri, quello sul sentiero Roma a 2540 metri).
Sul versante della valle di Preda Rossa ci troviamo alla sommità della valle d'Averta; alla nostra sinistra, infatti, il passo è chiuso dalle rocce del crinale di sud-ovest del pizzo dell'Averta (m. 2853).
 Dal passo è visibile, a destra, un suggestivo scorcio della catena orobica (oltre l'alpe Scermendone).
A sinistra, invece, si mostra, per ora, solo uno dei due Corni Bruciati. A questo punto, seguendo i rari segnali verdi (tracciati dai cacciatori su molte tracce di percorso nella costiera Remoluzza-Arcanzo), dobbiamo cominciare a scendere puntando verso sinistra, per raggiungere, camminando, senza percorso obbligato, in una fascia di massi, la base dello sperone roccioso che scende verso sud dal pizzo dell'Averta. Dobbiamo purtroppo perdere, nella discesa, quasi trecento metri, fino a quota 2260 circa.
Inizia quindi la traversata terminale verso nord-est, che, senza percorso obbligato e su terreno in gran parte coperto di massi e di magri pascoli, ci permette di aggirare ai piedi lo sperone roccioso, per poi cominciare a salire gradualmente, superare un torrentello e congiungerci, ad una quota variabile fra i 2320 ed i 2380 metri, al sentiero che dalla piana di Preda Rossa
sale al rifugio Ponti (m. 2559). Una faticaccia, che richiede 8-9 ore di cammino. Ma, per gli amanti della Val di Mello e dei luoghi del Sentiero Roma, un'esperienza sicuramente originale ed indimenticabile.

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