CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

Chi raggiunge l’alpe terminale posta sul fondovalle della Val Fontana, cioè l’alpe Campiascio (m. 1680), prosegue poi, quasi sempre, verso sinistra, alla volta del rifugio Cederna-Maffina, passando per la Val Forame, l’estrema propaggine nord-occidentale della valle. Uno dei rarissimi cartelli che troviamo in valle, infatti, collocato in fondo alla piana dell’alpe, percorsa dall’ultimo tratto della carrozzabile, segnala, infatti, il rifugio a 2 ore e 30 di cammino. Esiste, però, una seconda ed interessantissima possibilità escursionistica, che assume come meta il passo delle Saline, sul lato opposto della testata della Val Fontana, cioè su quello orientale (destra). Il passo, a monte dell’alpe omonima, guarda, dall’alto dei suoi 2595 metri, sulla media valle di Poschiavo, regalando anche un colpo d’occhio superbo sulle più alte cime della Valmalenco.
Si tratta, poi, di un’escursione resa assai agevole dal tracciato sempre netto e regolare: un sentiero, che diventa, dopo l’alpe Saline, mulattiera militare, si snoda sul fianco montuoso con una pendenza costante e moderata, il che attenua di molto la fatica connessa con la salita. La presenza del manufatto militare, che risale alla Prima Guerra Mondiale, rimanda ad un timore assai vivo nello Stato Maggiore Italiano, impegnato a fronteggiare gli Austriaci sul fronte dello Stelvio: questi avrebbero potuto violare la neutralità svizzera e, passando per la Valle di Poschiavo, prendere alle spalle le truppe italiane, dilagando in Valtellina e, di qui, nella Pianura Padana. Per questo i valichi alpini dovevano essere presidiati, per prevenire e sventare la minaccia. 
Oggi non resta che l’eco lontana di quei tempi, legati anche a tanti sacrifici e sofferenze dei nostri vecchi, ma una visita al passo delle Saline può rappresentare anche l’occasione di un viaggio nella memoria storica della Valtellina. Per chi ha già visitato la capanna Cederna-Maffina, dunque, l’idea di salire al passo può risultare, alla luce di tutti questi motivi, assai interessante. Raggiunta l’alpe Campiascio, dove la carrozzabile di Val Fontana termina in una piazzola, lasciamo qui l’automobile (o in una piazzola che precede immediatamente la piana dell’alpe, se questa è chiusa per impedire che il bestiame ne esca).
Dobbiamo, ora, prendere come riferimento il lungo baitone che si trova sulla nostra destra, in posizione leggermente rialzata, sul limite superiore del pascolo e sul bordo di una splendida pineta. Dalla piazzola parte un tratturo che, prendendo a destra, conduce al baitone. Percorriamolo per un tratto, finché, dietro un grande masso al quale è addossato un pino, compare il profilo del baitone. A questo punto, invece di proseguire sul tratturo, guardiamo a sinistra, in direzione del vicino limite del bosco: scorgeremo un abete sul quale è tracciato un tratto orizzontale con vernice azzurra.
Raggiungiamolo e guardiamo alla sua sinistra: troveremo una piccola porta che ci introduce ad un sentiero, il quale corre immediatamente a ridosso della prima linea degli alberi. La salita al passo parte da qui, cioè da una quota di circa 1710 metri. Il primo tratto del sentiero si snoda nell’ombrosa e fresca pineta, una delle tante splendide pinete ricche di abeti e larici secolari che fanno della Val Fontana un luogo di rara bellezza naturalistica.
Poi usciamo dal bosco
e proseguiamo in direzione nord tagliando il fianco della valle ai piedi dell’impressionante parete rocciosa del Passo del Cane (Pas del Can), il largo e corrugato fronte che, più in alto, si restringe nella costiera la quale, scendendo dal Corno dei Marci o Monte Saline (m. 2805), separa la Val Sareggio, a sud-est, dal fianco orientale dell’alta Val Fontana. Segnaliamo che, qualora avessimo difficoltà a trovare, presso il baitone dell’alpe Campiascio, la partenza del sentiero, possiamo facilmente intercettarlo proprio in questo tratto: basta salire a vista, dalla piazzola dell’alpe, sul versante dalla pendenza moderata, in direzione  nord-est. Oltrepassata una fascia di materiale franoso e superato un torrentello che scende dal vallone più orientale dell’alta Val Fontana,
attraversando macchie di conifere che si alternano a modeste formazioni rocciose ed a prati ricoperti di erba scivolosa.
Superato una grande roccia, sotto la quale è ricavato un curioso ricovero dove talora soggiornano le capre,
inanelliamo qualche altro tornante, prima di effettuare un traverso in direzione nord-ovest, che ci permette di ammirare, proprio davanti a noi, l’aprirsi della Val Forame, dominata dalla punta Painale (m. 3248), alla cui destra è facilmente riconoscibile il passo Forame (m. 2833), che mette in comunicazione l’alta Val Forame con la Val Painale, estrema propaggine della Val di Togno.
Qualche altro tornante verso nord ci porta in vista dell’alpe Gardè (m. 2204), posta su ampi prati un po’ più in alto, alla nostra sinistra. Il sentiero non si dirige, però, verso l’alpe,
ma piega decisamente a destra ed inizia un ultimo lungo traverso in direzione opposta, cioè verso est-nord-est.
Al termine del traverso, che ci permette di dominare con lo sguardo, guardando a destra, il solco dell’alta Val Fontana, dal Pian dei Cavalli, e, sullo sfondo, quello della Valle d’Arigna, cuore della catena orobica, il tracciato
tocca il limite inferiore dell’alpe Saline (m. 2241), dove, a destra di una baita ancora in piedi, troviamo un baitello
ed uno stallone diroccati. Siamo in cammino da circa un’ora e mezza, o poco più,
ed una sosta, che ci consente di immergerci nel quieto silenzio e nella solitudine dell’alpe, ci permette anche di raccogliere le energie per gli ultimi sforzi.
La meta, cioè il passo, è ben visibile dall’alpe. Guardando, infatti, in alto, in direzione della cresta, individuiamo, quasi sulla nostra verticale, appena un po’ a destra, due evidenti depressioni, separate da un modesto promontorio roccioso. Il passo è posto sulla depressione di destra, la più ampia. Nei prati dell’alpe il sentiero si perde fra i lavazz e l’erba alta, ma non fatichiamo a trovare il punto dal quale ripartire: guardando a monte dello stallone diroccato, infatti, distinguiamo il profilo del tracciato, la mulattiera per il passo delle Saline, che inizia la sua salita con una prima diagonale verso sinistra (nord-ovest).
Il fondo della mulattiera è, in molti tratti, ridotto a sentiero, e solo alcuni muretti ne tradiscono la natura, ma non possiamo perderlo.
La mulattiera inanella, con flemmatica disciplina militare, una serie di tornanti, snodandosi fra dossi e balze occupati da sparuti pascoli e pietraie. Eccezion fatta per un passaggino nel quale dobbiamo sormontare un masso modesto e qualche altro passaggio segnato da piccoli smottamenti, il cammino procede su un fondo buono. La salita procede verso nord, e ci conduce, a quota 2500 circa, ad un’ultima svolta a destra, che precede il lungo traverso in direzione est, che conduce al passo. Qui la mulattiera trae in inganno: siamo portati a proseguire verso sinistra, lungo un tratto con fondo in ciottoli, sorretto da un imponente muro a secco. Ma, in questa direzione, la mulattiera si ferma ben presto ad un gruppo di roccette;
è in direzione opposta, invece, che procede nell’ultima dolce salita prima del passo, posto a 2595 metri.
Aggirato lo spigolo del promontorio roccioso a sinistra del passo, abbiamo l’impressione, nell’ultimo tratto, che questo sia costituito dalla modesta linea del crinale. Scopriamo, invece, che oltre questa linea è posta una sorta di larga conca, dove la mulattiera termina, una sorta di balcone naturale sulla media Valle di Poschiavo.
Il panorama è davvero ampio e suggestivo: sotto di noi, Poschiavo e la sua media valle,
alla nostra sinistra le più alte cime della Valmalenco,
i pizzi Roseg, Scerscen, Bernina, Argient, Zupò, Palù, Varuna,
alla nostra destra le maggiori cime della Val Grosina, la cima di Val Viola e la cima Piazzi e, sul fondo, il gruppo dell’Ortles-Cevedale.  Il crinale che separa la Val Fontana dalla Valle di Poschiavo ci propone in primo piano, a sinistra, il versante corrugato che scende dal monte Gardè (m. 2705). Guardando in basso, infine, vediamo un ripido canalone, che termina a monte dei pascoli e dei boschi dell’alpe Vartegna.  
Le tre ore di cammino necessarie per raggiungere il passo, superando un dislivello di circa 925 metri, sono, dunque, ampiamente ripagate. Se, però desideriamo un percorso ancora più originale ed inconsueto, che ci porti però ad ammirare questo medesimo superbo panorama, possiamo scegliere di salire dall’alpe Saline non al passo omonimo, ma alla bocchetta di Vartegna, posta a poca distanza dal passo, ad est-sud-est (destra). Torniamo, dunque, all’alpe: qui, invece di imboccare la mulattiera che comincia a salire verso sinistra, dirigiamoci a destra. C’è una debole traccia di sentiero, leggermente a monte dello stallone diroccato, che risale un piccolo dosso occupato da rododendri e piccoli larici. È però difficile riuscire a seguirla, perché tende a perdersi. Poco male: possiamo salire a vista, scegliendo l’ampio e ripido versante occupato da pascoli e sfasciumi, ai piedi della costiera Saline-Sareggio (cioè più a destra),
oppure rimanendo più a sinistra e seguendo un canalone fra due dossi, per poi piegare a destra. In entrambi i casi guadagniamo, con un po’ di fatica, l’orlo di un ampio balcone superiore, occupato da una grande ganda. Possiamo vedere, ora, alla nostra destra, il crinale occupato dagli ultimi pascoli e da una grande distesa di massi dalla tonalità rossastra; più a sinistra, una formazione rocciosa tondeggiante ed infine un’ampia sella erbosa, che nasconde alla vista la bocchetta
Dirigiamoci, con facile percorso a vista che tende leggermente a sinistra, al canalone alla base della sella, guadagnandone, poi, il filo.
Ci affacciamo ad una conca che precede l’ultimo breve versante erboso sotto la bocchetta.
Passando a sinistra di un nevaietto
e puntando alla più bassa sella erbosa, sulla sinistra, siamo, infine, alla bocchetta, posta a 2588 metri di quota.
Dalla bocchetta scende, verso la Motta dei Scioschini, una ripida traccia di sentiero. Il panorama è ampio, e ripropone gli scenari già illustrati per il passo delle Saline. Il tempo, infine, necessario per raggiungere la bocchetta è pressoché identico a quello richiesto dalla salita al passo.    

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