ALTRI PERCORSI IN VAL MASINO - CARTA DEL PERCORSO


La pista ciclopedonale

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Filorera-Visido di Dentro-San Martino-Sasso Remenno-Filorera
1 h e 20 min.
75 m.
T
SINTESI. Lasciamo la ss 38 dello Stelvio all’altezza di Ardenno, prendendo a sinistra (per chi procede verso Sondrio) allo svincolo segnalato per la Val Masino. La strada provinciale di Val Masino passa per la frazione Masino e sale in valle, superando la località Ponte del Baffo e raggiungendo il centro amministrativo di Cataeggio. Dopo un paio di tornanti la strada raggiunge la contigua frazione di Filorera, superando la caratteristica stretta a sinistra della chiesetta di San Gaetano. Poco oltre, ad una curva a sinistra, lasciamo la strada provinciale prendendo a destra ed imboccando la strada per la Valle di Preda Rossa. Troviamo subito alla nostra sinistra l’imponente edificio della Casa della Montagna ed un ampio slargo al quale parcheggiamo l’automobile (m. 841). Ci incamminiamo sulla strada ed attraversiamo il ponte (punt dal Mös) che scavalca il torrente Masino. Sul lato opposto lasciamo la strada principale e prendiamo a sinistra, imboccando la stradina che porta a Visido di Dentro. Proseguiamo passando per Ca' de Cavalé e passando a sinistra del tempietto degli Alpini di Val Masino. Superiamo su un ponticello le scarse acque che scendono dalla selvaggia Val do Sciömfregà, raggiungendo poi il Camping Sasso Remenno. Proseguiamo diritti sulla pista che passa a sinistra di Foglioni e raggiunge San Martino. Da qui, prendendo a sinistra, ci portiamo alla piazza centrale e ridiscendiamo a Filorera fiancheggiano la strada provinciale, che passa proprio a ridosso del Sasso Remenno.


La Preda di Remenno

La Zocca (zòca), cioè l’ampia piana che si stende da Filorera, a sud, a San Martino, a nord, nel cuore della Val Masino, è un luogo per certi aspetti unico nell’arco alpino di Valtellina e Valchiavenna, disseminato com’è di enormi blocchi che si sono staccati dai versanti occidentale ed orientale. Fra questi il più famoso è senz’altro la Preda di Remenno, o Sasso Remenno, chiamato localmente "la préda", un vero monumento naturale già noto nei secoli passati, come testimonia il Guler von Weineck, che fu governatore della Valtellina per le Tre Leghe dal 1587 al 1588, nel suo resoconto “Rhaetia”, pubblicato a Zurigo nel 1616. Parlando della Val Masino, infatti, la menziona e ne scrive: “Poco oltre il villaggio di S. Martino, scendendo dalla valle, si incontra presso la piccola frazione Remenno un enorme e colossale macigno, lungo trentacinque braccia, largo dieci ed elevato quindici, che alcuni ritengono piuttosto un monte (prescindendo dal fatto che esso presenta da ogni parte una struttura quadrata) che non una pietra isolata: tanto più che non si può vedere donde esso possa essersi staccato ed arrivato sin laggiù”.
Ne fu impressionato anche John Ball, che, nella guida “central Alps”, pubblicata nel 1864, ne scrive: “Sembra che a diversi intervalli enormi massi siano precipitati dalla parete della montagna del lato occidentale della valle. Alcuni dei più antichi sono ricoperti di muschio e la gente ha fatto in modo di far crescere piccoli appezzamenti di patate con terra che è stata portata su e sparsa sulla sommità di alcuni di questi blocchi. Fra i massi più recenti, probabilmente caduti negli ultimi due, tre secoli, ci sono alcuni fra i più prodigiosi macigni che si possano trovare nelle Alpi. Uno di questi situato a fianco della strada supera di gran lunga ogni altro che chi scrive ha mai potuto vedere...”


Sasso Remenno e cima del Cavalcorto

Noi, oggi, possiamo capire bene i rivolgimenti geologici e climatici che hanno portato questo gigante (che, con i suoi oltre 500.000 metri cubi, è il più grande monolite d’Europa, con pareti alte dai 20 ai 55 metri) a piantarsi sul lato occidentale della piana di Zocca, a valle di S. Martino. Tutto cominciò con quel singolarissimo evento geologico che ha dato origine al Plutone della Val Masino, l’eruzione di un’enorme massa di materiale magmatico che non raggiunse, però, la superficie, ma rimase a raffreddare, molto lentamente, al di sotto di un più antico strato di rocce metamorfiche. Lo sgretolamento di queste rocce portò, infine, all’emersione di quell’incredibile isola di granito che costituisce la Val Masino e che si mostra con ardite e durissime pareti, in un trionfo di vertiginosa verticalità.
Questa caratteristica verticalità va, però, spiegata tenendo presente la successiva azione modellatrice dei ghiacci. Tutto iniziò nell’era quaternaria, cioè nell’ultima era geologica, cominciata forse 1.800.000 di anni fa. Iniziò con una grande glaciazione, che coinvolse tutta la catena alpina. Nella zona della futura Val di Mello il ghiaccio ricopriva ogni cosa, fino ad una quota superiore ai 2.500 metri (ma, secondo alcuni, l’immane ghiacciaio, che raggiungeva, a sud, la Brianza, si elevava, nei suoi punti più alti, alla vertiginosa altezza di 8.000-9.000 metri!). Immaginiamo lo scenario spettrale: una coltre bianca ed immobile, dalla quale emergevano, come modesti isolotti, solo le cime più alte della valle, il monte Disgrazia (m. 3678), i pizzi Torrone, la punta Rasica, la cima di Castello, la cima di Zocca, i pizzi del Ferro (sciöma dò fèr). L’azione di questo enorme ghiacciaio, lenta, inesorabile, scandita in ritmi difficilmente immaginabili, cioè in migliaia di anni, cominciò a modellare il volto della valle: si deve ad essa la straordinaria conformazione delle pareti granitiche, verticali, con grandi placche lisce, e la forma straordinariamente levigata delle numerosissime placche di granito.


La Preda presso Visido di Dentro

Fu un’azione che si esercitò in quattro grandi tempi: tante furono, infatti, le successive glaciazioni (la quarta ebbe inizio 40.000 anni fa), prima dell’ultimo e definitivo ritiro dei ghiacci alle quote più alte, dove ore di essi resta solo un’esigua traccia. Il ritiro del ghiacciaio determinò, anche, il crollo di grandi blocchi di granito, che erano rimasti sospesi su balconate di ghiaccio: li troviamo, ora, muti testimoni di eventi ciclopici, sul fondovalle, come vassalli erranti degli incombenti signori della valle, le ardite costiere che la guardano. Il più impressionante accumulo di questi massi è, appunto, la zona che ospita il più famoso di essi, la Preda di Remenno. E', però, anche possibile ipotizzare che la "préda" sia caduta dalla vicina Valle di Preda (o Valle della Pietra; "val da l'alp", "val da préda" o, anche, con nome più antico, "val mèrla") in epoca ancora anteriore, preglaciale, come farebbe supporre l'arrotondamento di molti dei massi ciclopici che la circondano. In tal caso sarebbe la muta testimone di un tempo tanto lontano che l'immaginazione si sente smarrita al solo evocarlo.
Un facile percorso ad anello che descrive il periplo della piana si presta ad una passeggiata che, soprattutto in tarda primavera ed in autunno, regala colori e scenari di rara bellezza e di forte impatto emotivo, oltre a consentire un incontro ravvicinato con “la preda” e con tutte le sue numerose sorelle minori, che ormai da millenni riposano a ridosso dei prati fra i quali scorre placido il torrente Masino. Andiamo a visitare, dunque, questa eccezionale fascia di massi erratici.


Il laghèt dal Mös

Per farlo lasciamo la ss 38 dello Stelvio all’altezza di Ardenno, prendendo a sinistra (per chi procede verso Sondrio) allo svincolo segnalato per la Val Masino. La strada provinciale di Val Masino passa per la frazione Masino e sale in valle, superando la località Ponte del Baffo e raggiungendo il centro amministrativo di Cataeggio (cata(i)öc’). Dopo un paio di tornanti la strada raggiunge la contigua frazione di Filorera (felorèra), superando la caratteristica stretta a sinistra della chiesetta di San Gaetano. Poco oltre, ad una curva a sinistra, lasciamo la strada provinciale prendendo a destra ed imboccando la strada per la Valle di Preda Rossa. Troviamo subito alla nostra sinistra l’imponente edificio della Casa della Montagna ed un ampio slargo al quale parcheggiamo l’automobile (m. 841).
Ci incamminiamo sulla strada ed attraversiamo il ponte (punt dal Mös) che scavalca il torrente Masino. Sul lato opposto lasciamo la strada principale e prendiamo a sinistra, imboccando la stradina che porta a Visido di Dentro. Vediamo subito alla nostra sinistra alcune sculture ricavate da un masso di granito e, poco più in basso, una pozza nella quale indugia il torrente, formando quello che localmente viene chiamato laghèt dal Mös.


Visido di Dentro

Procediamo sulla stradina, verso nord. Alla nostra destra osserviamo che ai piedi dell’impressionante versante occidentale del monte Piezza (il sasèl da Pièsa, che culmina nella sciöma da Pièsa) si stende un’ampia fascia di massi di cui nei millenni la parete si è liberata. Siamo poi subito al nucleo di Visido di Dentro (visì da la inch, attestata in documenti passati come “Visito”), che occupa i prati a destra della pista. Sul fondo fa da scenario (e tale resterà per la prima parte del giro) una delle icone della Val Masino, la superba e slanciata cima del Cavalcorto. Appena oltre le baite, sempre sulla destra, vediamo la più grande delle prede di questo versante. Altre, sempre di notevoli dimensioni, si schierano appena a monte delle baite.
La pista ciclopedonale procede verso nord e dopo circa 100 metri raggiunge il nucleo di Ca’ de Cavalé. Quando si parla di Cavalè resta sempre il dubbio se ci siano di mezzo i cavalli o i bachi da seta (in dialetto, appunto, cavalé): in questo caso il riferimento è comunque al soprannome di un ramo della casata degli Iobizzi di Filorera. Poco oltre il nucleo la pista procede verso nord e ci porta in vista del Sasso Remenno, sul lato opposto della piana, mentre a destra della cima del Cavalcorto appaiono i caratteristici pizzi del Ferro. Passiamo a sinistra del tempietto degli Alpini di Val Masino e superiamo su un ponticello le scarse acque che scendono dalla selvaggia Val do Sciömfregà (val di Scinfreghè in documenti settecenteschi), alla nostra destra. Alla nostra sinistra scorre il torrente Masino, al quale possiamo scendere su un sentierino. Sul lato opposto, quasi sul greto, sue grandi massi erratici si stagliano a mo’ di faraglioni, e precedono un masso di dimensioni maggiori, che a sua volta fronteggia il gigante del Sasso Remenno.


Pista ciclopedonale

Dopo un tratto circondato da splendidi abeti, la pista termina alla struttura del Camping Sasso Remenno, nei pressi della quale si trova un ponte sul torrente Masino. Lasciamo il ponte alla nostra sinistra e procediamo diritti, cioè verso nord. Superata un’azienda agricola, la pista si riavvicina al torrente Masino, che qui scorre lento e tranquillo. Alla nostra destra su un declivio con poche piante riposano le poche baite del nucleo di Foglioni (fogliùn), ai piedi della stretta Val da Pegòta.
San Martino è ormai vicina: poco oltre vediamo, sempre a destra, il campo sportivo, che procede un ampio slargo dove il martedì si tiene il mercato. Siamo al limite orientale del paese e prendendo a sinistra percorriamo la via che ci porta nella piazza centrale, passando sotto la chiesa di San Martino che, come da un pulpito, impone la sua presenza tutelare all’intero paese (m. 923).
Il ritorno a Filorera può avvenire tornando sui propri passi, oppure sfruttando la strada provinciale, che consente di procedere comodamente a lato della carreggiata e di passare proprio a ridosso del gigante Sasso Remenno, attrezzato come palestra di roccia e quasi sempre preso d’assalto da scalatori e sassisti. La strada si approssima infine alla parte alta di Filorera e la raggiunge dopo essere passata nella caratteristica stretta disegnata da due prede. Poco più in basso ci ritroviamo allo svincolo della strada per Preda Rossa: prendendo a sinistra ci riportiamo infine all’automobile.


Il torrente Masino

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