CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

La seconda valle di una certa ampiezza (dopo le minori val Fràssino e val Fredda, la selvaggia valle del Combolo e la Val Malgina) che incontriamo sulla nostra destra (est), salendo in Val Fontana, è la Valle dei Laghi, che si sviluppa da ovest ad est, allargandosi progressivamente nella sua parte terminale. È delimitata a sud dalla costiera che dal pizzo Malgina (m. 2877) scende alla cima di Ganda Rossa (m. 2741) e la separa dalla Val Malgina, ed a nord da quella che scende dal pizzo Sareggio (m. 2779) e che la separa dalla Val Sareggio.
Si tratta probabilmente della più bella fra le laterali orientali della Val Fontana, per la presenza di alcuni laghetti di origine glaciale disposti a rosario, cioè in conche collocate su diversi ripiani. Questa valle è anche la più agevole dal punto di vista escursionistico: un sentiero in buone condizioni ci consente, infatti, senza difficoltà, di risalirla interamente fino al passo dell'Arasè (m. 2602), che si affaccia sull'alpe Valüglia, in alta Val Mürasc, la seconda laterale orientale della Valle di Poschiavo (di sinistra, per chi entra in valle).
Ma l'attrattiva maggiore della valle è il suo lago più grande e più alto, quel Lago Gelato (Lac Gelt, che andrebbe meglio reso con "Lago Gelido") posto a quota 2480 e così denominato perché ricoperto di ghiaccio per buona parte dell'anno. Aggiungiamo che, con un adeguato allenamento ed una buona dose di prudenza ed esperienza, possiamo traversare dalla Valle di Laghi alla Val Malgina, posta a sud della prima, sfruttando una bocchetta alta posta a quota 2678 metri.
Concludiamo ricordando che qui potremo gustare fino in fondo quella caratteristica atmosfera di solitudine propria delle valli alpine meno frequentate non perché meno belle, ma perché meno conosciute, o maggiormente fuori mano: ci accoglierà un silenzio profondo, rotto solamente dall'antichissima voce dello scrosciare dell'acqua nel torrente, dagli improvvisi ed acuti fischi delle marmotte, dal tonfo sordo di qualche masso che rotola sui crinali, posto in movimento dal disgelo o dal transito dei veloci camosci. C'è, quindi, più di un motivo per salire a visitarla. L'escursione ha come punto di partenza una pista secondaria che si stacca sulla destra dalla carrozzabile che percorre la Val Fontana, nel tratto Pian dei Cavalli-Alpe Campiascio,
appena oltre un bel ponte in legno ed appena prima che la strada inizi un tratto in discesa. Una piazzola poco prima della pista ci consente di lasciare l'automobile, prima di iniziare a percorrerla. Dopo pochi metri, troveremo un sentiero, ben visibile (m. 1670 circa), che si stacca, a sua volta, sulla destra dalla pista, e comincia a salire, con tornanti regolari, in uno stupendo bosco di conifere, ricco di larici e rododendri, fresco, suggestivo per gli scorci ed i chiaroscuri che regala. Siamo nella Valle dell'Arasè (così si chiama il solco che, dalla confluenza di Val Sareggio e Valle dei Laghi, scende fino al fondovalle),
 a sinistra del torrente che abbiamo superato sul ponte di legno. Non c'è alcun cartello o segnavia, ma non possiamo non vederlo, né possiamo perderlo. Il fondo del sentiero è ottimo e riposante (lo apprezzeremo soprattutto quando tornando, stanchi, sogneremo di toccare il fondovalle al termine della discesa). Ignorata una traccia secondaria che lo intercetta da sinistra, approdiamo, dopo aver incontrato un cartello che segnala il divieto di pesca e di accesso con le moto, all'alpe Arasè (1939 metri), chiusa, sul limite inferiore, da un recinto collocato per impedire la discesa degli animali. Qui, sulla parte alta dei prati, troveremo una baita più grande e due minori; nei prati, invece, o nella vicina boscaglia, ci accoglieranno alcuni placidi cavalli, intenti al pascolo.
L'alpe è posta al punto di confluenza di due valli, la Valle dei Laghi, appunto, a sud (destra) e la Val Sareggio a nord. Abbiamo superato i primi 270 metri di dislivello, con quaranta minuti circa di cammino; una sosta ci permette di osservare, ad est, il crinale settentrionale della Val Vicima, con il pizzo Calino (m. 3022), la cima di Forame (m. 3058) e la punta Painale (m. 3428). A destra di queste più famose cime, ma in primo piano, la più modesta cima Cigola (m. 2561).
Volgendo lo sguardo a destra, scorgeremo la parte occidentale della testata della Val Fontana. Sulla sua parte sinistra stenteremo a riconoscere, abituati come siamo al suo profilo slanciato, il pizzo Scalino (m. 3323), che da qui appare in una prospettiva curiosa e schiacciata. Riprendendo la salita, dobbiamo prestare attenzione, per evitare di imboccare il sentiero sbagliato, cioè quello che sale in Val Sareggio, in quanto non c'è nessuna indicazione che ci possa aiutare.
Poco a monte della baita più alta, troviamo un torrentello, seguito, a pochi metri da distanza, da un secondo. All'altezza del primo corso d'acqua i due sentieri si dividono: noi dobbiamo rimanere su quello più basso, che attraversa anche il secondo corso d'acqua e prosegue per un tratto nei pressi del torrente principale che scende dalla Valle dei Laghi, alla nostra destra: guardando in quella direzione, vedremo un nevaietto e, sulla severa parete rocciosa che chiude a sud questo tratto della valle, una curiosa cavità. Il sentiero inizia, poi, una serie di tornanti, entrando in una macchia di larici. Uscito dalla macchia, attraversa il corpo di una frana e risale, sempre zig-zagando, un ripido dosso, tagliandone, in un tratto un po' esposto, la parte più alta
ed affacciandosi alla parte medio-alta della valle. Davanti a noi, e più in alto, il gradino principale della valle, a quota 2300 metri, ci impedisce ancora di scorgerne la fisionomia, e soprattutto di vedere le sue perle, i laghetti dai quali trae il nome.
Sotto di noi, a destra,
il profondo solco occupato in gran parte da massi e magri pascoli. Prima di raggiungere la soglia dell'alta valle, dobbiamo effettuare la lunga traversata del suo fianco erboso settentrionale, mentre, alle nostre spalle, si apre un vasto scorcio dell'alta Val Forame, dove si distingue facilmente il passo omonimo, a destra della punta Painale, che dà accesso all'alta val Painale.
Alla fine, dopo aver attraversato alcune roccette, eccoci al più basso dei balconi glaciali dell'alta valle, che ospita i primi due laghi.
In realtà all'inizio ne vediamo uno solo, alla nostra destra, a quota 2325 metri.
Possiamo scorgere il lago gemello, a sud, separato dal primo da una breve lingua di terra, solo salendo per un breve tratto sul sentiero.
Nei pressi del lago troviamo anche una baita diroccata, che attenua un po' il forte senso di solitudine suscitato dalla valle.
Siamo in cammino da un'ora e tre quarti circa, ed abbiamo superato 660 metri di dislivello: il lago ci invita, quindi, ad una seconda sosta nei pascoli che ne circondano le rive settentrionale ed occidentale.
Guardando verso la testata della valle, sul suo lato sinistro, riconosciamo chiaramente il passo dell'Arasè, scorgendo addirittura il cartello posto sulla boccettina. Il sentiero, che da questo punto in poi assume, a tratti, le caratteristiche di vera e propria mulattiera, sale sicuro fino al valico.
Si tratta di un manufatto militare, che, come quelli della Val Malgina e del passo di Saline, venne costruito durante la Prima Guerra Mondiale, quando si temeva che gli Austriaci, violando la neutralità svizzera, potessero invadere la Valtellina dal territorio elvetico, prendendo alle spalle le truppe italiane impegnate sul fronte dello Stelvio. Ma, per fortuna, gli echi della guerra e delle sue brutture non raggiunsero mai queste remore plaghe alpine, violandone la pace millenaria.
Con un ampio semicerchio la mulattiera procede,
sicura, fino al passo, posto a quota 2602 metri.
Un cartello svizzero ci informa, qui, che l'anfiteatro verde che si apre di fronte ai nostri occhi è quello dell'alta alpe Valüglia, alle cui baite possiamo scendere in cinquanta minuti di cammino;
siamo nell'alta Val Mürasc, la seconda laterale occidentale (di sinistra) che troviamo entrando in Valle di Poschiavo. Dal passo possiamo anche intravedere un laghetto posto a quota 2332 metri.
Non ci conviene, però, scendere verso l'alpe: se abbiamo ancora energie, infatti, non possiamo mancare di visitare la perla della valle, il Lago Gelato, seminascosto dietro il bastione di una conca glaciale più a sud. Salendo verso il passo, possiamo vederne, alla nostra destra, un breve scorcio. Ora, però, dobbiamo raggiungerlo, e per farlo ci tocca effettuare una traversata a vista, dal momento che non esiste un vero e proprio sentiero. Torniamo, dunque, indietro, dal passo, per un buon tratto, fino a raggiungere il punto nel quale, staccandoci sulla sinistra dalla mulattiera, possiamo scendere verso la conca dell'alta valle su un terreno costituito da magri pascoli e massi, evitando, per quanto possibile, la ganda. Dirigiamoci, così, verso il ben visibile laghetto minore che la occupa, passando presso la sua riva occidentale (quella in direzione della bassa valle) e proseguendo la traversata, fra massi di tutte le dimensioni, verso sud, fino alla sella che si stende a monte di un evidente dosso, sormontato da un grande ometto.
Guardando ora a sinistra, prendiamo come punto di riferimento il torrentello che scende dal bastione roccioso dietro il quale è posto il lago: dobbiamo risalire il crinale alla sua sinistra, scegliendo la striscia di magri pascoli che ci conduce fino alla sua sommità, sulla quale corre una debole traccia di sentiero. Un ultimo passaggino fra le roccette terminali ci porta proprio nei pressi della riva settentrionale del lago, che appare, improvviso, ai nostri occhi. Ci colpisce il senso di purezza del luogo: le acque, scure e circondate da nevaietti, circondano una sorta di piccolo isolotto, e tutto, intorno, è profondo silenzio. Una sosta presso la riva pietrosa, e poi dobbiamo decidere come concludere l'escursione.
Se vogliamo tornare scendendo dalla Valle dei Laghi, invece di risalire alla mulattiera (attraversando di nuovo, faticosamente, la ganda centrale), ci conviene scendere lungo il crinale e poi piegare a sinistra, lasciando alla nostra destra il dosso con l'ometto e giungendo ad un balcone dal quale dominiamo, dall'alto, i due laghi gemelli inferiori. L'ulteriore discesa a quello meridionale (di sinistra) avviene sfruttando due facili declivi, sulla sinistra o sulla destra. Dal lago meridionale, leggermente più basso (m. 2310), effettuiamo la facile traversata a quello settentrionale, ed intercettiamo, infine, il sentiero che abbiamo già percorso salendo.
Torniamo, così, all'automobile dopo circa 5-6 ore di cammino, necessarie per superare un dislivello in altezza di circa 1040 metri. Se, però, siamo ottimi camminatori e le condizioni ambientali sono idonee (cioè in assenza di neve e con terreno asciutto), possiamo tornare dopo aver effettuato una traversata alla Val Malgina. In questo caso, raggiunto il Lago Gelato, percorriamone la riva occidentale e puntiamo, senza percorso obbligato (rarissimi i segnavia, costituiti da triangoli rossi con bordo giallo, che segnalano l'Alta Via della Valmalenco, di cui stiamo percorrendo un tratto), verso sinistra, alla bocchetta alta che permette di passare alla Val Malgina. La riconosciamo facilmente, in quanto è l'unico punto del crinale al quale giunge una stretta lingua di pascolo. Dobbiamo attraversare faticosamente una fascia di massi di tutte le dimensioni, prima di giungere ai piedi del ripido canalino che porta alla quota 2687 della bocchetta.
Sfruttando, infine, con prudenza e pazienza, la lingua erbosa di destra o quella di sfasciumi di sinistra, ci portiamo alla sella erbosa. Anche la discesa in Val Malgina avviene senza percorso obbligato,
su un terreno di pascoli e fasce di massi solo di poco meno ripido di quello affrontato in salita.
Tendendo leggermente a sinistra, per evitare una vasta ganda, scendiamo, infine, ad intercettare la mulattiera della Val Malgina, prima che si perda fra corpi franosi. Seguendola verso sinistra, proseguiamo, facilmente, nella discesa (anche se la mulattiera diventa stretto sentiero, fino al fondovalle, che raggiungiamo in corrispondenza del baitone del Pian dei Cavalli. Un'ultima camminata di una ventina di minuti sulla carrozzabile della Val Fontana, in direzione dell'alpe Campiascio (destra) ci riporta, alla fine, all'automobile, dopo circa 7 ore, necessarie per superare un dislivello approssimativo di 1280 metri.   

 

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