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CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo, che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri). Apri qui la carta on-line

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La Valmalenco, nella sua parte superiore (cioè sopra Chiesa Valmalenco), si divide in due grandi rami, cioè nell’alta Valmalenco, percorsa dal torrente Màllero, ad occidente, e nella val Lanterna, percorsa dal torrente omonimo, ad oriente. La val Lanterna, a sua volta, si divide nei due rami della valle di Scerscen, ad occidente, e nella valle di Campomoro, ad oriente. Le due valli, percorse dai torrenti Scerscen e Cormor (o Lanterna), convergono nella conca di Campo Franscia.
La valle, o vallone, di Scerscen è stata definita il Gran Canyon della Valmalenco: paragone azzardato se prendiamo in considerazione le dimensioni,
 azzeccato, invece, se ci riferiamo alla suggestione che questa grande conca di detriti alluvionali, che si stende ai piedi dei giganti della testata della valle, suscita. Una suggestione legata alla solitudine dei luoghi, assai meno percorsi rispetto alle vie escursionistiche più classiche della Valmalenco, ed all’acuta sensazione della propria piccolezza, che si sperimenta di fronte alla vastità degli spazi che gradualmente si aprono ed alla verticalità della compagine delle cime che chiudono l’orizzonte a nord.
Ci si sente minuscoli, percorrendo il vasto circo della parte terminale del vallone, circondati, da tutti i lati, da formazioni rocciose dalle forme più diverse: è come se la montagna, qui, ci fasciasse interamente, ci avvolgesse in un abbraccio severo ed insieme arcano.
 
Per il vallone passa un sentiero che, partendo dall’alpe Musella, ci consente di raggiungere il rifugio Marinelli, un itinerario alternativo rispetto a quello consueto che passa a monte dell’alpe, raggiunge il rifugio Carate Brianza e si affaccia sul vallone dalla bocchetta delle Forbici. Il vallone può quindi costituire un’occasione per un elegante percorso ad anello che raggiunge il rifugio Marinelli, con partenza e ritorno alla diga di Campomoro.
Per il vallone, infine, passa anche una variante della V tappa dell’Alta Via della Valmalenco, dal rifugio Palù al rifugio Marinelli.
Raccontiamo entrambe le possibilità escursionistiche, partendo dall’anello Campomoro - Vallone di Scerscen - Marinelli- Carate - Campomoro. Punto di partenza, come già detto, è la diga di Campomoro (m. 1990), che si raggiunge salendo, da Chiesa Valmalenco (a 15,5 km da Sondrio) verso Campo Franscia (m. 1550, 8 km da Chiesa Valmalenco)
e da Campo Franscia, su strada interamente asfaltata,
a Campomoro
(6 km da Campo Franscia).
Qui si trova ampia possibilità di parcheggio.
Lasciata l’automobile, iniziamo il cammino attraversando, sul camminamento, la corona della grande diga e portandoci sul suo lato settentrionale, dove troviamo una pista che scende ad uno spiazzo sottostante (m. 1940). Qui parte, segnalato, il più frequentato sentiero per il rifugio Marinelli, che sfrutteremo al ritorno.
 
Ora, invece, dobbiamo proseguire sulla strada sterrata, in leggera discesa, e, ad un bivio (m. 1930), prendere a destra; raggiunta quota 1900, si risale, fino ad incontrare, ancora sulla destra,
la marcata mulattiera, segnalata, che si stacca dalla pista e, con un primo tratto in salita, 
 
si dirige, attraversando un bel bosco di larici, verso l’alpe Musella (si tratta di una mulattiera che sale da Campo Franscia e, dopo aver superato l’alpe Foppa, giunge ad intercettare, in questo punto, la pista, consentendo di effettuare una bella passeggiata da Campo Franscia all’alpe Musella, in poco più di un’ora).
La mulattiera guadagna gradualmente quota, superando i 2000 metri, e ci regala alcuni scorci davvero bucolici, nello splendido scenario di un rado bosco di larici. Superiamo, così, dopo un breve ripido tratto, un roccione liscio e raggiungiamo un’incantevole pianetta, dove un ponticello ci permette di oltrepassare il torrentello che scende dal fianco sud-occidentale del poderoso massiccio del monte Moro (m. 3108). Un ultimo tratto, in leggera discesa, ci conduce all’uscita dal bosco: siamo all’alpe Musella, ampia e tranquilla conca che si stende ai piedi delle cime omonime e del monte Moro, che la incorniciano a nord e nord-est, e dell’ampio fianco del monte delle Forbici (m. 2910), che la chiude a nord-ovest. Superato un secondo ponticello, raggiungiamo un primo gruppo di baite, sul limite meridionale dell’alpe.
 
Qui si trovano anche i rifugi Mitta (m. 2021)
e Musella (m. 2020): nei pressi del secondo troviamo facilmente il sentiero che sale, in un bosco di larici, dall’alpe Campascio (m. 1844). È, questo, un tratto della quinta tappa dell’Alta Via della Valmalenco, ed insieme del più classico e lungo itinerario per il rifugio Marinelli, quello cioè che parte da Campo Franscia, proseguendo, dopo aver attraversato la piana dell’alpe, alla volta dei celebri sette dossi denominati, per la fatica che si deve spendere salendoli, “sette sospiri”. 
 
Al termine della salita, il sentiero raggiunge il rifugio Carate Brianza (m. 2636) e, poco sopra, la bocchetta delle Forbici, iniziando l’ultimo tratto di salita al rifugio Marinelli.
Noi dobbiamo, però, procedere per altra via, portandoci verso il limite sud-occidentale dell’alpe e passando a monte di una chiesetta posta su un piccolo poggio.
Presso la più bassa delle baite che troviamo sul limite occidentale dell’alpe
troveremo il triangolo giallo che segnala la variante della V tappa dell’Alta Via che passa per il vallone di Scerscen.
Imbocchiamo, così, un sentiero che per un buon tratto corre, con qualche saliscendi, in un bosco di larici, tagliando le estreme propaggini di rocce arrotondate che scendono dallo sperone meridionale del monte delle Forbici. Il sentiero, raggiunto un punto panoramico che ci permette di gettare un’occhiata sulla piana dell’alpe Campascio, occupata, nella parte occidentale, da detriti alluvionali, piega a destra, esce dal bosco e taglia il selvaggio fianco sud-occidentale del monte delle Forbici.
Ad un certo punto, sulla nostra destra,
 
si impone allo sguardo una singolare e quasi surreale formazione rocciosa, massiccia, levigata, dalle sfumature nere e rossastre; rappresenta un po’ un punto di svolta,
in quanto il panorama, alle nostre spalle, dominato dalla costiera Valmalenco - Val di Togno, con il pizzo Scalino sulla sinistra, comincia a chiudersi, mentre si apre gradualmente quello del vallone.
Poco oltre, una grande roccia arrotondata ed esposta si frappone al nostro cammino: non potremmo superarla senza l’ausilio della passerella in legno costruita sul suo fianco e corredata di una corda fissa.
Poi il sentiero attraversa un corpo franoso, prima di condurci alle miniere abbandonate di amianto, a quota 2050, segnalate da un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio, che dà anche il Cimitero degli Alpini ad un’ora di cammino.
A poca distanza dalle miniere, raggiungiamo il ponte che ci porta sul lato opposto del vallone nel quale stiamo entrando, cioè sul lato occidentale.
 
Qui, per un buon tratto, procediamo sul limite dei depositi alluvionali del torrente Scerscen,
prima di guadagnare un po’ quota, guidati dai segnavia (triangoli gialli) sul fianco del vallone.
Si apre, intanto, il superbo scenario delle più alte cime di Valmalenco: le prime ad apparire sono il pizzo Sella (m. 3511), a sinistra, ed il pizzo Roseg (m. 3937), a destra. Ben presto appaiono, poi, più a destra, i pizzi Scerscen (m. 3971) e Bernina (m. 4049). Ancora più a destra, ecco la caratteristica ed inconfondibile Cresta Güzza (m. 3869). Chiude la superba testata della Valmalenco, sul lato destro, il pizzo Argient (m. 3945).
Continuiamo a guadagnare gradualmente quota, portandoci verso il fianco roccioso che chiude alla nostra sinistra (ovest) il vallone, prima di approdare ad un ampio pianoro. Mentre alla nostra destra la massiccia complesso roccioso che culmina nel monte delle Forbici rende sempre meglio visibile, le cime della testata della Valmalenco cominciano a defilarsi, nascoste dai possenti gradoni rocciosi che si trovano nella parte medio-alta del vallone. A sinistra si fa sempre più slanciata la cima quotata 3006, immediatamente a nord della forca d’Entova, cima che nasconde alla vista le più famose cime del Sasso d’Entova (m. 3329), del pizzo Malenco (m. 3438) e del pizzo Tramoggia (m. 3441), posti a nord-ovest della stessa.
 
Dopo un tratto pianeggiante, riprendiamo a salire, volgendo leggermente a destra, passando a sinistra di una curiosa formazione rocciosa costituita da due corni e sormontando un dosso di magri pascoli e sassi, fino a giungere ad un'ampia erbosa.
Il sentiero, poi, sale ad una sella,
dove si trovano dei cartelli, che segnalano un trivio. Un primo cartello indica, per chi scende, che l’alpe Musella è raggiungibile in un’ora e mezza di cammino e Campo Moro in due ore; un secondo cartello indica che, volgendo a sinistra, possiamo salire, in due ore, alla forca d’Entova, porta di accesso all’alta Valmalenco, e dalla forca proseguire, con un’ulteriore ora e tre quarti di marcia, fino al rifugio Longoni; un terzo cartello segnala che, proseguendo in direzione opposta, cioè verso destra, possiamo raggiungere, in cinque minuti, il Cimitero degli Alpini. A noi interessa, però, la quarta indicazione, quella che segnala il sentiero che prosegue diritto e che dà il rifugio Carate Brianza ad un’ora e 20 minuti, il Monumento degli Alpini ad un’ora e 30 minuti ed il rifugio Marinelli a 2 ore e 40 minuti.
Prima di proseguire su questo sentiero, che inizia un tratto in discesa, vale però la pena di prendere a destra e, seguendo alcuni ometti, raggiungere la croce, posta, a 2370 metri, a ricordo della morte di un gruppo costituito da 16 alpini, travolti da una valanga. La targa, posta dal gruppo A.N.A. di Lanzada, commemora il loro sacrificio con queste parole: “A questi prodi vigili sui monti non parve sorte dura precipitare a valle sotto la valanga immane se il verde delle fiamme e il rosso del sangue loro sul bianco della neve simboleggiarono al termine estremo del fronte di guerra la gloria del tricolore”. Alle spalle della croce i giganti ci guardano con sovrano silenzio, così come furono muti testimoni della lontana tragedia.
Per riprendere il cammino alla volta del rifugio Marinelli non è necessario tornare ai cartelli: possiamo tagliare, in diagonale, verso sinistra, scendendo ad un secondo pianoro che si stende ai piedi di una grande e caratteristica formazione rocciosa biancastra, che reca il segno del lavoro millenario del ghiacciaio che l’ha levigata. Volgendo leggermente a destra e passando vicino ad un grande masso sul quale si trova una freccia bidirezionale gialla,
proseguiamo in direzione della parte terminale del vallone. L’indicazione del cartello che abbiamo lasciato alle spalle menziona anche il rifugio Carate Brianza, che si trova appena sotto la bocchetta delle Forbici, la quale, a sua volta, si trova circa trecento metri più in alto, alla nostra destra ed a sinistra del monte delle Forbici. Tale indicazione si giustifica per la presenza di una deviazione, a destra, segnalata da segnavia bianco-rossi: questa variante si stacca dal sentiero per la Marinelli e, proseguendo verso sud-est, attraversa il torrente Scerscen e risale il fianco orientale del vallone, raggiungendo dapprima il laghetto delle Forbici, poi la bocchetta omonima. Ma torniamo al sentiero principale (sentiero per modo di dire, perché per buona parte dell’itinerario non c’è una vera e propria traccia, per cui bisogna prestare molta attenzione per non perdere i segnavia che indicano la direzione corretta):
aggirata sulla destra la formazione rocciosa biancastra, esso volge decisamente a sinistra (direzione ovest), procedendo, per un buon tratto, in direzione della vedretta di Scerscen inferiore. In questo tratto si impone allo sguardo, verso nord-nord-est, il pizzo Sella, che mostra un elegante profilo. La nostra meta, il rifugio Marinelli, già visibile, verso nord-ovest, alla sommità dell’imponente sperone roccioso rossastro che lo ospita, si allontana, alle nostre spalle, tanto che per un attimo ci assale il dubbio sulla correttezza dell’itinerario. Alla fine, però, un cartello della Comunità Montana Valtellina di Sondrio ci tranquillizza.
Esso segnala un bivio: prendendo a sinistra, saliamo all’edificio dell’ex-rifugio Entova-Scerscen, dal quale possiamo poi scendere ad una comoda pista che ci porta a San Giuseppe; prendendo, invece, a destra ci portiamo ad un ponte, che attraversa uno dei rami dello Scerscen, proseguendo nel cammino verso la Marinelli.
Il ponte, nuovo e robusto,
è il primo dei tre nuovi ponti che hanno sostituito quelli precedenti, travolti dalla furia delle acque.
 
Oltrepassato il ponte, l’itinerario prosegue verso destra, cioè in direzione nord-est, superando una fascia di sfasciumi e tagliando il filo di una prima morena. Raggiungiamo, così, la parte terminale del vallone, ai piedi, anche se ad una certa distanza, dell’ultimo imponente gradino roccioso in cima al quale si mostra l’impressionante seraccata occidentale della vedretta di Scerscen superiore. Il silenzio è, qui, rotto dal fragore delle acque e, qualche volta, da tonfi sordi e fragorosi. Non si tratta di frane, ma della caduta di grandi blocchi di ghiaccio che si staccano dal fronte della seraccata, precipitando più a valle.
Proseguendo nella traversata, incontriamo altri due ponti,
giungendo ai piedi della seraccata orientale della vedretta di Scerscen superiore. Ci attende, poi, un facile guado,
prima di risalire una seconda morena, di cui seguiamo per un tratto il filo, in direzione nord, prima di piegare a destra, in direzione est, raggiungendo una fascia di grandi massi, oltre la quale ci attende un secondo guado, un po’ più impegnativo (mettiamo, quindi, in conto di poterci bagnare i piedi nelle gelide acque di fusione: un cambio di calze è, dunque, quanto mai opportuno). Un’eventuale sosta, necessaria, magari, per cambiare le calze bagnate, ci permette di riconoscere le cime che abbiamo lasciato alle nostre spalle,ad ovest: a destra della cima 3006, riconosciamo ora, in sequenza ravvicinata, il Sasso d’Entova, il pizzo Malenco ed il pizzo Tramoggia, che sormontano la vedretta di Scerscen inferiore.

 
Oltre l’ultimo ramo del torrente Scerscen,
troviamo una nuova fascia di sfasciumi.
Qui dobbiamo prestare attenzione ai segnavia, per non sbagliare direzione.
L’itinerario piega ora a destra, assumendo la direzione sud-est. Mancano poco più di cento metri, si tratta di profondere le ultime energie nella salita, prima della meta.
Un ripido tratto ci permette di guadagnare il bordo di un’ampia conca di sfasciumi, raggiungendo, infine, una marcata traccia, che conduce direttamente al rifugio. Da qui il panorama sui giganti della Valmalenco è particolarmente felice. L’ultimo tratto, pur presentando un fondo largo e regolare, deve essere affrontato con attenzione, perché è esposto.
Alla fine, eccoci all’ampio piazzale del rifugio Marinelli (m. 2813).
Dal piazzale si apre, verso est, il bellissimo scenario della vedretta di Caspoggio, incorniciata, sulla destra, dalle cime di Musella orientale (m. 3088) ed occidentale (m. 2990). Termina, dopo circa 4 ore e mezza - 5 ore di cammino (il dislivello superato è di circa 1060 metri), una salita dal fascino unico.

Non ci resta che procedere alla discesa, per la via più classica ed agevole, che conduce ai piedi della vedretta di Caspoggio, passa a destra di un laghetto a nord delle cime di Musella, taglia il loro fianco occidentale e, passando alta rispetto al vallone, conduce alla bocchetta delle Forbici. Oltre la bocchetta, troviamo il rifugio Carate Brianza (m. 2636), nella parte alta dell’alpe Musella. Scendendo ancora, superiamo i dossi più alti che costituiscono il fronte dei “sette sospiri”, fino ad un bivio, al quale prendiamo a sinistra, abbandonando il sentiero per l’alpe Musella ed imboccando quello che prosegue verso sud-est, tagliando il fianco meridionale del Sasso Moro ed entrando in un bel bosco di larici. Questo sentiero passa circa duecento metri più alto di quello che abbiamo sfruttato per raggiungere, da Campomoro, l’alpe Musella.
L’ultimo tratto del sentiero scende tagliando, in direzione est, l’aspro versante meridionale del Sasso Moro, con alcuni tratti esposti protetti, e termina alla piazzola ai piedi della parte occidentale della diga di Campomoro. Un’ultima breve salita lungo la pista sterrata di porta al camminamento della diga e, dopo circa 7 ore dalla partenza, all’automobile.
Il racconto della variante della quinta tappa dell’Alta Via della Valmalenco ricalca, in gran parte, quello dell’escursione proposta. In questo caso, però, punto di partenza non è Campomoro, bensì il rifugio Palù (m. 1947), nei pressi del lago omonimo (m. 1921), cui giunge la quarta tappa dell’Alta Via. Nei pressi del rifugio parte il sentiero che, proseguendo verso est, raggiunge dapprima l’alpe Roggione, poi, risalito un breve canalino, il bocchel del Torno (o bocchel del Turn), a 2203, porta che ci consente di passare dall’alta Valmalenco alla Val Lanterna.
Il sentiero, sempre segnalato dai triangoli gialli, comincia, ora, a scendere in direzione sud-est, fino ad intercettare, poco a monte del dosso dei Vetti e dell’ex-rifugio Scerscen (m. 1813), la pista che scende dal passo di Campolungo (m. 2167). Invece di imboccare la pista, però, dobbiamo prendere a sinistra, seguendo le indicazioni di un cartello e procedendo su una comoda mulattiera che attraversa uno splendido bosco di larici, fino ad un ponte sul torrente Scerscen, oltrepassato il quale ci troviamo sul limite meridionale dell’alpe Campascio. Attraversando, verso nord, la piana dell’alpe, tenendoci sul suo limite di destra, raggiungiamo l’ultima baita di destra (est), alle cui spalle parte una mulattiera che sale, con diversi tornanti, fino all’alpe Musella. La mulattiera conduce proprio ai piedi dei rifugi Mitta (che troviamo sulla sinistra) e Musella (che troviamo sulla destra).
Fin qui abbiamo seguito l’itinerario classico della quinta tappa: ora, volgendo a sinistra, in direzione del vallone di Scerscen, seguiamo l’itinerario sopra descritto, fino al rifugio Marinelli, sfruttando una variante della quinta via che ne allunga i tempi di circa un paio d’ore (si calcolino, in tutto, circa 9 ore), ma ha il pregio di permetterci di godere scorci e suggestioni di grande impatto emotivo.

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