Fra versante retico sopra Colorina e Val Tartano
SECONDO GIORNO
Punti di partenza ed arrivo |
Tempo necessario |
Dislivello in altezza in m. |
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti) |
Somvalle-Alpe d'Assola-Cima della Zocca-Alpe della Zocca-Alpe Vicima-Passo di Vicima-Laghetto di Bernasca-Rifugio Bernasca-Sovalzo-Colorina |
8 h |
1700 m |
EE |
Somvalle-Val Vicima-Alpe Vicima-Passo di Vicima-Laghetto di Bernasca-Rifugio Bernasca-Sovalzo-Colorina |
6 h |
1200 |
E |
La
seconda giornata dell’anello (o la prima, per chi parte da Campo
Tàrtano) è dedicata ad un’interessante traversata
dalla Val di Tàrtano alla Val Madre, o meglio dalle laterali
val Vicima e val Bernesca, attraverso il passo di Vicima. Si tratta
di uno dei cinque possibili itinerari che congiungono le due valli,
il più basso, o settentrionale. Infatti interessa quella parte
della Val di Tàrtano che è ben visibile anche dalla zona
della bassa Valtellina compresa fra Talamona ed il morbegnese. Guardando
da qui in direzione della Val di Tàrtano si scorgono, da nord,
il poco pronunciato Crap del Mezzodì, il più alto Culmine
di Campo, l’esile cima della Zocca ed il solco della Val Vicima.
La traversata può avvenire in due modi, a seconda che si decida
di salire per l’intera val Vicima oppure di raggiungerne il settore
mediano con un ampio semicerchio, che ci permette di salire alla cima
della Zocca (o cima D’Assola, m. 2166). Raccontiamo per prima
quest’ultima, più lunga, ma anche più interessante
e panoramica possibilità.
Lasciata l’automobile nella frazione
di Somvalle, appena oltre Campo, cerchiamo, alle spalle della graziosa
piazzetta del borgo (dove una fresca fontana ci può aiutare a
rifornirci di un’adeguata scorta d’acqua), il sentiero che
sale all’alpe di Àssola (o Dassola). La prima parte del sentiero si
lascia alle spalle i prati che sovrastano le case, supera un casello
dell’acqua e prosegue diritta per un buon tratto, disegnando una
lunga diagonale verso sud est e raggiungendo il crinale di un largo
dosso. La salita è piuttosto faticosa, e qualche pausa permette
non solo di riprendere fiato, ma anche di godere di buoni scorci panoramici
sul Culmine di Campo, su Campo Tàrtano e sulla bassa Valtellina.
Improvvisamente, il sentiero volge quindi ad est, e troviamo una serie
di nervosi tornanti, che ci fanno guadagnare rapidamente quota, sempre
rimanendo nel bosco. Dopo un ultimo tornante sinistrorso, percorriamo
un tratto verso nord-est, che ci porta proprio sullo spigolo del dosso.
Uno squarcio nella vegetazione ci regala un suggestivo colpo d’occhio
su Campo Tàrtano, che appare sotto di noi. Poi abbandoniamo la
luce per addentrarci nella penombra di una fresca e fitta pineta, ed
effettuare un lungo traverso in direzione est, con un percorso semipianeggiante
lungo il fianco meridionale della valle d’Assola.
Alla
fine usciamo dal bosco per attraversare il corso d’acqua che scorre
nel solco della breve valle (per poi precipitare con una suggestiva
cascata nell’alta val Fabiòlo), e ci ritroviamo sul limite
inferiore dell’alpe omonima, alla quota approssimativa di 1700
metri. Salendo verso le prime baite (e rimanendo nei pressi del limite
di sinistra dei prati dell’alpe), possiamo osservare, verso sud
est (alla nostra destra), la Cima della Zocca, che domina l’alpe.
Oltrepassata la prima baita, saliamo alla cappelletta che protegge l’alpe.
Salendo ancora, incontriamo una nuova baita, mentre alle nostre spalle
si fa più ampia la visuale sulle montagne della Val Masino e
sulla bassa Valtellina. Oltre gli abeti ed i larici dell’alpe,
infatti, campeggia la testata della Val Masino (che mostra, da sinistra,
i pizzi Badile e Cengalo, i pizzi del Ferro (sciöma dò fèr), la cima di Zocca, la Cima
di Castello, i pizzi Torrone, il monte Sissone ed il monte Disgrazia),
mentre verso ovest lo sguardo raggiunge l’alto Lario. Poco prima
del limite superiore dell’alpe un sentiero si inoltra nel bosco.
Seguendolo, saliamo per un tratto verso nord est, svoltando a sinistra
e sbucando, dopo un breve tratto, presso la baita più alta, presso
il crinale (m. 1930).
Lasciati alle spalle la baita e l’albero rinsecchito che la veglia,
risaliamo gli ultimi prati, raggiungendo un sentiero che segue il crinale
che separa la valle dal versante della Valtellina sopra Selvetta, Alfaedo
e Rodolo, mentre appare, improvviso, il panorama della media Valtellina,
fino al gruppo dell’Adamello. Il sentiero conduce ad un dosso,
che risaliamo in direzione di un primo grande ometto, fino a raggiungere
una piccola conca. Se si dovesse perdere la traccia di sentiero, si
può prendere come punto di riferimento un secondo grande ometto. La
conca è collocata alle spalle della cima: da essa saliamo facilmente
al crinale, superando alcune facili roccette, e ci troviamo a pochi
passi dalla sommità erbosa della cima della Zocca (m. 2166), che rimane alla nostra destra, ed
è sormontata da una croce di legno.
Al superbo spettacolo della testata della Val Masino si aggiunge, qui,
un buon colpo d’occhio su quella della Valmalenco. Ma la cima,
per la sua posizione avanzata, è un ottimo osservatorio anche
sulla catena orobica, soprattutto nella sua sezione occidentale. Gustato
il grandioso scenario, proseguiamo scendendo all’alpe della Zocca,
la cui conca è ben visibile a sud est della cima. La discesa
sfrutta una labile traccia di sentiero che taglia la parte alta del
brullo fianco sud-occidentale del crinale che dalla cima si prolunga
in direzione di alcune cime minori, fino al roccioso pizzo di Presio.
Se non dovessimo trovare la traccia, possiamo procedere a vista, perdendo
quota gradualmente, fino a raggiungere la parte alta di un evidente
canalone erboso, dove un sentierino, con diversi tornanti, ci conduce
ai prati dell’alpe. Continuiamo a scendere, fino al limite inferiore
di un grande dosso erboso, che segna il limite dell’alpe della Zocca. Qui
troviamo un sentiero che si addentra in un bosco di abeti e scende a
monte delle baite della media Val Vicima, poco al di sopra di quota
1600, intercettando il sentiero che da queste sale verso la parte alta
della valle e dell’alpe omonima. A questo punto, seguendolo verso
sinistra, ci incamminiamo alla volta del passo di Vicima. Prima, però,
di raccontare questa seconda salita vediamo come si può giungere
fin qui, per via più breve e semplice, risalendo la bassa e media
val Vicima.
Torniamo, dunque, a Campo Tartano. Mezzo chilometro circa oltre Campo,
in direzione di Tartano, troviamo una piazzola a lato della strada,
sulla destra, con un tavolo per la sosta. Pochi metri oltre parte, sulla
sinistra, il sentiero per la val Vicima. Dal primo tratto del sentiero
si domina la bassa val di Tartano, con Campo Tartano. Sul versante opposto
della val di Tartano si vedono le case di Postareccio. Salendo
per questa bella mulattiera e gettando un ultimo sguardo a Campo Tartano
si giunge al crinale di un dosso, dove una piccola radura permette una
piacevole sosta. Dal dosso lo sguardo raggiunge, sul fondo della val
Lunga, il passo di Tartano. Il sentiero si inoltra, quindi, sul fianco
settentrionale della valle e raggiunge una cappelletta che sembra posta
a guardia del pauroso dirupo che si apre, alla nostra destra, sul fondovalle.
Il sentiero, infatti, è largo e comodo, ma esposto su questo
dirupo. In questo tratto il sentiero è quasi pianeggiante e da
qui scorgiamo anche l’audace ponte di Vicima, che, sulla strada
che porta a Tartano, supera la selvaggia forra della bassa val Vicima.
Riprendiamo la salita: ben presto si raggiungono le baite di Vicima
(m 1505), a monte dei ripidi prati che la sapienza contadina ha saputo
sfruttare da tempi immemorabili. Continuiamo, fino ad un secondo gruppo
di baite, che raggiungiamo dopo aver superato un piccolo corso d’acqua
ed aver attraversato una fascia di bassa vegetazione, dove ignoriamo
una deviazione che si stacca dal sentiero sulla nostra destra, scende
al torrente della valle e si porta sul suo lato opposto, per raggiungere
l’alpeggio del Barghèt: potremo utilizzare questo itinerario
in un’altra occasione, dedicata ad un’interessantissima
traversata degli alpeggi della bassa Val di Tàrtano (Assola,
Vicima, Barghèt, Torrenzuolo, con discesa finale a Tartano).
E’ a queste baite che ci conduce anche il sentiero che scende
dall’alpe della Zocca.
La salita successiva permette, infine, di superare le ultime balze che
ci separano dal pianoro terminale dell’alpe di Vicima, dove, a
1933, troviamo la baita abitata dai caricatori dell’alpe. Tenendo
la sinistra (per noi) della valle senza però guadagnare quota,
aggiriamo il recinto che delimita lo spazio riservato agli animali e
percorriamo a vista il pianoro: manca, infatti, una vera e propria traccia
di sentiero. Superata un’ultima baita, risaliamo il fianco del
gradino roccioso che ci separa dallo strappo finale. Siamo sempre sul
lato sinistro della valle, spostati verso il centro, quando affrontiamo
il sentiero ben marcato che, con qualche stretta serpentina, conduce
infine al passo di Vicima (m 2234), riconoscibile anche da lontano per il grande
ometto e la croce che lo sormontano. Oltre
il passo, scendiamo ad un breve pianoro, che percorriamo (ignorando
una deviazione che sale sulla destra e che permette, con percorso un
po’ esposto, di tornare in Val di Tartano, scendendo all’alpe
del Gerlo ed in Val Lunga), fino ad affacciarci su un pianoro più
ampio, dove, inatteso, ci appare il bellissimo laghetto di Bernasca (m 2134), dominato, sulla destra, dalla mole del monte Seleron. Scendiamo
facilmente al laghetto sfruttando un sentiero ben marcato; raggiunto
il suo lato opposto e percorso un breve tratto, giungiamo poi a vedere
lo sperone roccioso denominato Pizzolo e, nei suoi pressi, una baita
ristrutturata di recente (m. 2093). Siamo sul limite superiore di destra
dell’alpe di Bernasca, nella valle omonima, laterale della Val
Madre. Vediamo anche il rifugio Bernasca, alle spalle del Pizzolo.
Dobbiamo ora scendere al suo limite inferiore di sinistra, con una diagonale
che lascia alla nostra destra il Pizzolo ed oltrepassa la casera di
Bernasca (m. 1982) ed il Baitone (m. 1887), fino a raggiungere l’ultima
baita, intorno a quota 1800. Dalla baita troviamo un sentiero (all’inizio
poco evidente, poi più marcato) che prende a sinistra ed in breve
giunge a guadare il torrentello della valle, per poi proseguire, in
una fascia di bassa vegetazione, con alcuni ampi tornanti. Poi il sentiero
si allontana dal solco della valle, puntando decisamente a nord e raggiungendo,
dopo una breve salita, un bel bosco di abeti, dove piega ancora, questa
volta a destra, e comincia una lunga discesa, che ci fa perdere 600
metri circa, sul crinale di un largo dosso compreso fra la valle Sciesa,
alla nostra destra, ed un vallone laterale della valle del Pizzo, alla
nostra sinistra. Dopo un primo breve tratto di discesa, attraversiamo
la radura della piana (m. 1650 circa). Poi il sentiero prosegue con
le sue serpentine all’ombra di un fiabesco ed incantevole bosco
di abeti. Curiosamente, né la carta IGM né quella della
Kompass lo segnalano.
Alla fine, poco sotto il rudere della baita Caprile (m. 1141), il sentiero
volge a sinistra (attenzione a non perdere la svolta proseguendo verso
il fondovalle: ci si ritroverebbe ai margini di un dirupo) ed iniziando
l’ultimo lungo traverso sul fianco occidentale della bassa Val
Madre, selvaggio e scosceso. Attraversiamo,
così, il solco dell’aspra ed impressionante valle del Pizzo
(che scende dal versante nord-orientale del pizzo di Presio), proprio
nel tratto in cui un salto roccioso forma un’interessante cascata
del torrentello (dopo piogge abbondanti o in tarda primavera non si
potrà evitare di ricevere il fresco spruzzo dell’acqua
che precipita dal salto). Superato un secondo e più modesto vallone,
che scende anch’esso dalle pendici del pizzo, ritorniamo a luoghi
meno selvaggi: ci ritroviamo, infatti, nell’amena pianeta di Sovalzo (o Soalzo), ad 859 metri, dove ci accoglie un’edicola del Parco
delle Orobie Valtellinesi. E’ l’inizio della fine, e di
una fine un po’ monotona dell’escursione: dobbiamo, infatti,
percorrere un tratto su una carrozzabile sterrata, che si immette in
una seconda sterrata la quale, a sua volta, si congiunge con la strada
principale che sale da Colorina (chi volesse effettuare l’anello
in senso inverso tenga presente che per raggiungere Sovalzo ci si deve
staccare da questa strada alla terza traversa a sinistra). Non abbiamo
altra alternativa che percorrerla in discesa fino al paese, che raggiungiamo
dopo aver oltrepassato la bella chiesetta della Madonnina (m. 414).
Siamo in cammino da circa otto ore (primo itinerario) o sei (secondo
itinerario), ed abbiamo superato, in salita, rispettivamente 1700 e
1200 metri circa.
Escursioni e camminate (consigli ed indicazioni; carte escursionistiche) |
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