CARTE DEL PERCORSO 1, 2, 3, 4, 5, 6


Apri qui una panoramica sulla testata della Valle del Ferro

VAL DI MELLO - BIVACCO MOLTENI-VALSECCHI

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio Val di Mello-Valle del Ferro-Bivacco Molteni Valsecchi
5 h
1500
E
SINTESI. Dal sagrato della chiesa parrocchiale di San Martino imbocchiamo un viottolo sul suo lato sinistro che ci porta ad un sentiero, che se ne stacca sulla sinistra, per inoltrarsi nella selva che ricopre lo sbocco della valle. Seguiamolo per un buon tratto, rimanendo più bassi rispetto alla strada asfaltata che si inoltra nella valle. Prendiamo, poi, la seconda deviazione che sale verso sinistra, fino ad intercettare la strada, appena prima di un cartello di divieto di transito ai mezzi non autorizzati. Proseguiamo, ora, sulla strada, dove, all’asfalto, si sostituisce il grisc' e lo sterrato, fino al ponte sul torrente che scende dalla valle del Ferro. Alla nostra sinistra troviamo le case di Ca’ dei Rogni (m. 1019). Qui non proseguiamo lungo la strada in direzione del parcheggio del Gatto Rosso, in località Panscèr (m. 1061), ma, appena prima del torrente della Valle del Ferro lasciamo la carozzabile prendendo a sinistra e seguendo una pista che sale a sinistra del torrente. Al suo termine troviamo, alla nostra sinistra, la partenza di un marcato sentiero che sale in Valle del Ferro. Dopo molti tornanti nel bosco, piegando leggermente a destra (nord), il sentiero incontra i diversi rami del torrente, che vanno attraversati in due punti: nel primo è necessario guadare utilizzando i sassi affioranti, mentre nel secondo è un ponticello a rendere bel più tranquilla la traversata. Raggiunta la Casera del Ferro, a 1657 metri, passiamo su un ponte dal lato sinistro (per noi) a quello destro della valle e ricominciamo a salire su traccia che sembra perdersi (la ritroviamo sulla parta alta di un prato, quasi a ridosso del roccione che chiude la parte mediana della valle). Qui proseguiamo a destra, risalendo un canalone con radi larici. Il sentiero piega, poi, decisamente a sinistra (ovest) e passiamo sotto un roccione strapiombante (con un muretto che sostiene il sentiero a valle), portandoci sulla soglia superiore della bastionata di granito che separa la media e l'alta valle. Mantenendo la direzione, attraversiamo un torrentello che, dopo una bella cascatella poco a monte, corre in un canaletto fra le rocce e, dopo circa 150 metri, raggiungiamo il baitello quotato 1958 metri, a ridosso della roccia. 50 metri più avanti la traccia va perdendosi e procediamo (guidati dai segnavia) fra piccole placche affioranti e dossetti erbosi. Passiamo, quindi, presso il rudere della baita chiamata préma córt, ed attraversiamo, sempre da destra a sinistra (da est ad ovest) un secondo torrentello, risalendo poi sul lato opposto (memorizziamo il punto di risalita, perché non è facile individuarlo scendendo), fino a giungere, finalmente, in vista della casera dell’alpe del Ferro (2084 metri). Riprendiamo a salire verso nord, sul dosso a sinistra della baita, restando sul lato sinistro della valle (occidentale). Procedendo anche a vista, raggiungiamo il ben visibile bivacco Molteni-Valsecchi (m. 2510).


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La prima laterale che incontra, sulla propria sinistra, chi si inoltri nella Val di Mello ("val da mèl") è la Valle del Ferro ("val do fèr"). La denominazione potrebbe suggerire scenari severi (ed in effetti essa si deve non alla presenza di minerali ferrosi, ma dal colore livido delle rocce dei suoi bastioni in alcuni momenti del giorno); si tratta, invece, di una valle ampia, tranquilla, un po’ solitaria (ad inizio stagione, almeno, prima che venga caricata), coronata dal profilo armonico e poco pronunciato dei tre pizzi del Ferro (sciöma dò fèr). Ben la conosce chi percorre il Sentiero Roma (senté róma), ma vale pure la pena di eleggerla come meta di un’escursione di una sola giornata, anche perché offre la possibilità di chiudere due eleganti anelli, valicando i passi Qualido o Camerozzo.

La bassa Valle del Ferro

Ma andiamo con ordine. Stacchiamoci dalla ss. 38 dello Stelvio all’altezza di Ardenno, immettendoci sulla ex strada statale di Val Màsino (ora stada provinciale) e percorrendola fino a San Martino ("san martìn"), paese posto all’imbocco della celeberrima Val di Mello. Nel periodo di più intenso afflusso turistico la strada per la Val di Mello è chiusa nei finesettimana o anche, dalla seconda metà di luglio alla seconda metà di agosto, lungo l’intera settimana.


Apri qui una fotomappa del sentiero che risale la bassa Valle del Ferro

Ci si può però avvalere del servizio di bus-navetta che ci portano in pochi minuti al parcheggio della valle (a m. 1060 circa). Dobbiamo, ora, tornare indietro, per un breve tratto, sulla carrozzabile, fino a giungere al ponte sul torrente che scende proprio dalla Valle del Ferro (fiöm dò fèr), appena prima della località Ca’ dei Rogni (“cà dè rógn”, m. 1019, a circa 2 chilometri e mezzo da S. Martino).


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Poco prima del ponte, troviamo, a lato della strada, la cappelletta chiamata "ciancèt dè cà de rógn", edificata da Pasquale Della Torre. Stacchiamoci dalla carrozzabile, sulla destra, salendo per un tratto su una pista che fiancheggia il torrente. Davanti ai nostri occhi si impone lo spettacolo delle poderose formazioni granitiche che hanno reso famosa la Val di Mello e che costituiscono un vero e proprio paradiso per i sassisti: la bassa Valle del Ferro è incorniciata a sinistra dalle massicce Sponde del Ferro, a destra dall’impressionante Precipizio degli Asteroidi; in mezzo, l’enorme gradino che separa l’alta dalla bassa valle, solcato dal profilo candido di diverse cascate.

Testata della Valle del Ferro

Al termine della pista dobbiamo prestare un po’ di attenzione, perché c’è una traccia di sentiero che sale, sulla nostra destra, in una selva e che ci può trarre in inganno: dobbiamo, infatti, rimanere sulla traccia principale (segnalata anche da segnavia rosso-bianco-rossi), che piega decisamente a sinistra (sud-ovest), inoltrandosi in una fresca pineta e cominciando a salire con diversi tornanti, sul fianco sinistro (per noi) della valle. Un’apertura del bosco permette di scorgere l’inconfondibile profilo del Monte Disgrazia ("desgràzia"), che chiude, in val Cameraccio, la Val di Mello.


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Il sentiero (senté dò fèr) esce, quindi, dal bosco, e si apre, davanti ai nostri occhi, la visuale sulle cascate del Ferro (nel dialetto locale, semplicemente "la caschèda", o "caschèda dò fèr"), che scendono rabbiose solcando enormi placche granitiche. Piegando leggermente a destra (nord), il sentiero incontra i diversi rami del torrente, che vanno attraversati in due punti: nel primo è necessario guadare utilizzando i sassi affioranti, mentre nel secondo è un ponticello a rendere bel più tranquilla la traversata.


Cascate del Ferro

Raggiunta la Casera del Ferro (casèra dò fèr), a 1657 metri, si può ammirare il rabbioso salto dell’acqua dal bastione granitico. Guardando verso l’alto, cominciamo a scorgere, sulla nostra sinistra, la costiera del Cavalcorto ("sciöma da cavalcürt"), che separa questa valle dalla Val Porcellizzo ("val do porscelécc"), mentre il lato opposto è dominato dalla costiera Ferro-Qualido. Passiamo, ora, su un ponte dal lato sinistro (per noi) a quello destro della valle e ricominciamo a salire su traccia che sembra perdersi (la ritroviamo sulla parta alta di un prato, quasi a ridosso del roccione che chiude la parte mediana della valle).


Cascate del Ferro

Qui proseguiamo a destra, risalendo un canalone con radi larici. Il sentiero piega, poi, decisamente a sinistra (ovest) e passiamo sotto un roccione strapiombante (con un muretto che sostiene il sentiero a valle), portandoci sulla soglia superiore della bastionata di granito che separa la media e l'alta valle. Mantenendo la direzione, attraversiamo un torrentello che, dopo una bella cascatella poco a monte, corre in un canaletto fra le rocce e, dopo circa 150 metri, raggiungiamo il baitello quotato 1958 metri, a ridosso della roccia. 50 metri più avanti la traccia va perdendosi e procediamo (guidati dai segnavia) fra piccole placche affioranti e dossetti erbosi.


Valle del Ferro

Passiamo, quindi, presso il rudere della baita chiamata préma córt (era, infatti, la prima stazione d'alpeggio, sopra la cascata del Ferro), ed attraversiamo, sempre da destra a sinistra (da est ad ovest) un secondo torrentello, risalendo poi sul lato opposto (memorizziamo il punto di risalita, perché non è facile individuarlo scendendo), fino a giungere, finalmente, in vista della casera dell’alpe del Ferro (casèra dò munt do fèr, a 2084 metri).


La testata della Valle del Ferro

Qui potremo trovare, nella stagione estiva, i pastori che caricano l’alpe. 50 metri più in basso, sulla sua verticale, il corso d'acqua che scende dal centro della valle, il fiöm dò fèr, si congiunge con il torrentello più occidentale, chiamato fiöm da córt bèla (córt bèla è la parte più occidentale dell'alpeggio del Ferro). Può essere interessante un dato storico: l'alpe del Ferro è, dopo quella del Porcellizzo, la più ampia della Val Masino: proprietà del comune di Mello, permetteva di caricare 170 capi di bestiame.


Casera dell'alpe del Ferro

Superata la casera, il sentiero diventa sempre più labile traccia, mentre appare finalmente, là, in fondo, oltre gli ultimi alpeggi, la testata della valle. Riprendiamo, quindi, a salire sul dosso a sinistra della baita. Ben presto, guardando diritto davanti a noi, scorgeremo il piccolo puntino rosso del bivacco Molteni-Valsecchi, la nostra meta, posto a monte dei pascoli curiosamente denominati "riva dai piöc’", con riferimento non chiaro ai pidocchi, e "polentùn". Il bivacco, collocato nel pascolo chiamato "sciöma dò fèr", è chiamato, nel dialetto locale, semplicemente "el bivach", ed è dedicato alla memoria degli alpinisti morti, nel 1937, per il freddo e la fatica dopo aver penosamente risalito la parete nord-est del Badile.

Proseguiamo, senza percorso obbligato, puntando nella sua direzione (cioè verso nord), passando per una fascia di pascolo in pendio più dolce, chiamata "curt da pìsa", in mezzo ai due rami del torrente chiamati "fiöm grènt" (il ramo principale, alla nostra destra) e "fiöm da còrt bèla", vallone alla nostra sinistra. Il nome del pascolo si riferisce al fatto che qui avveniva, 28 e 56 giorni dopo l'inizio della monticazione, la pesa del latte prodotto da ciascuna vacca, alla presenza dei proprietari del bestiame, al fine di determinare il compenso che andava corrisposto a fine stagione a ciascuno di loro.


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Salendo, dunque, continuiamo a rimanere sul lato sinistro della valle (occidentale). Alla fine le nostre fatiche saranno coronate e raggiungeremo, a 2510 metri, lo scatolone del bivacco Molteni-Valsecchi, dal quale possiamo ammirare i tre signori della valle, il pizzo del Ferro occidentale, o cima della Bondasca, alla nostra sinistra (m. 3267), il pizzo del Ferro centrale (m. 3234), quasi defilato in un sistema di cime secondarie e caratterizzato dal curioso avamposto denominato “Pera del Ferro”, ed il pizzo del Ferro orientale, quasi solitario ed isolato, con il suo dolce profilo, alla nostra destra (m. 3199).


Valle del Ferro

Si tratta, appunto, delle "sciöma dò fèr", cime del Ferro, una delle immagini più caratteristiche della Val Masino, in quanto sono ben visibili anche da Cataeggio. Non a caso ricorrono in molti modi di dire; uno per tutti: "tè sè méga inch söl fèr", cioè "non sei sulle cime del Ferro", detto a chi è troppo freddoloso oppure esita ad affrontare un passaggio. E' interessante notare che l'espressione "sciöma dò fèr", nel dialetto della valle, si riferisce, più spesso, alla parte più alta dei pascoli della Valle del Ferro (presso il bivacco), perché un tempo le lontane cime, pensate cone inaccessibili, erano, per gli alpigiani, assai meno significative della ben più vicina ed essenziale erba per le bestie. Per intercettare il sentiero Roma, che attraversa tutta l’alta Valle del Ferro, si deve salire di qualche decina di metri.


Apri qui una fotomappa della salita al bivacco Molteni-Valsecchi

Cascate del Ferro

È interessante, infine, leggere il resoconto della salita in Valle del Ferro effettuata il 2 agosto 1908 da Bruno Galli Valerio, alpinista e naturalista che molto amò queste montagne: “Stamattina, alle due e tre quarti, lasciamo la "Trattoria alpina" di S. Martino (927 m.) in compagnia della guida Bortolo Sertori, avendo come meta il Pizzo del Ferro occidentale o come propone Tanner …, cima della Bondasca (3273 m.). Sotto un cielo stellato e alla pallida luce di due lanterne, entriamo in Val di Mello, poi, seguendo un sentiero che non è un sentiero, attacchiamo il ripido fianco destro della Val del Ferro.


La bassa Valle del Ferro

Se il cielo è azzurro sopra le Cime del Ferro, dense nebbie avvolgon le cime che si ergono fra la Val di Mello e la Val di Sasso Bisolo. Al momento di passare sulla sinistra della valle, incontriamo dei pastori che scendono alla sagra di S. Martino. Una vera festa per quei poveri diavoli, che vivon quasi alla bella stella, nelle miserabili baracche della Val del Ferro. Il magnifico anfiteatro delle cime del Ferro appare nella luce dell'alba. Seguendo coste erbose e ripide gande, arriviamo alla vedretta che scende dal Passo del Ferro.” (Bruno Galli Valerio, “Punte e passi”, CAI di Sondrio, a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998).


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VAL DI MELLO - BIVACCO MOLTENI-VALSECCHI - PASSO E VAL QUALIDO - VAL DI MELLO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio Val di Mello-Valle del Ferro-Bivacco Molteni Valsecchi-passo Qualido-Val Qualido-Parcheggio Val di Mello
8 h
1580
E
SINTESI. Dal sagrato della chiesa parrocchiale di San Martino imbocchiamo un viottolo sul suo lato sinistro che ci porta ad un sentiero, che se ne stacca sulla sinistra, per inoltrarsi nella selva che ricopre lo sbocco della valle. Seguiamolo per un buon tratto, rimanendo più bassi rispetto alla strada asfaltata che si inoltra nella valle. Prendiamo, poi, la seconda deviazione che sale verso sinistra, fino ad intercettare la strada, appena prima di un cartello di divieto di transito ai mezzi non autorizzati. Proseguiamo, ora, sulla strada, dove, all’asfalto, si sostituisce il grisc' e lo sterrato, fino al ponte sul torrente che scende dalla valle del Ferro. Alla nostra sinistra troviamo le case di Ca’ dei Rogni (m. 1019). Qui non proseguiamo lungo la strada in direzione del parcheggio del Gatto Rosso, in località Panscèr (m. 1061), ma, appena prima del torrente della Valle del Ferro lasciamo la carozzabile prendendo a sinistra e seguendo una pista che sale a sinistra del torrente. Al suo termine troviamo, alla nostra sinistra, la partenza di un marcato sentiero che sale in Valle del Ferro. Dopo molti tornanti nel bosco, piegando leggermente a destra (nord), il sentiero incontra i diversi rami del torrente, che vanno attraversati in due punti: nel primo è necessario guadare utilizzando i sassi affioranti, mentre nel secondo è un ponticello a rendere bel più tranquilla la traversata. Raggiunta la Casera del Ferro, a 1657 metri, passiamo su un ponte dal lato sinistro (per noi) a quello destro della valle e ricominciamo a salire su traccia che sembra perdersi (la ritroviamo sulla parta alta di un prato, quasi a ridosso del roccione che chiude la parte mediana della valle). Qui proseguiamo a destra, risalendo un canalone con radi larici. Il sentiero piega, poi, decisamente a sinistra (ovest) e passiamo sotto un roccione strapiombante (con un muretto che sostiene il sentiero a valle), portandoci sulla soglia superiore della bastionata di granito che separa la media e l'alta valle. Mantenendo la direzione, attraversiamo un torrentello che, dopo una bella cascatella poco a monte, corre in un canaletto fra le rocce e, dopo circa 150 metri, raggiungiamo il baitello quotato 1958 metri, a ridosso della roccia. 50 metri più avanti la traccia va perdendosi e procediamo (guidati dai segnavia) fra piccole placche affioranti e dossetti erbosi. Passiamo, quindi, presso il rudere della baita chiamata préma córt, ed attraversiamo, sempre da destra a sinistra (da est ad ovest) un secondo torrentello, risalendo poi sul lato opposto (memorizziamo il punto di risalita, perché non è facile individuarlo scendendo), fino a giungere, finalmente, in vista della casera dell’alpe del Ferro (2084 metri). Riprendiamo a salire verso nord, sul dosso a sinistra della baita, restando sul lato sinistro della valle (occidentale). Procedendo anche a vista, raggiungiamo il ben visibile bivacco Molteni-Valsecchi (m. 2510). Proseguiamo verso est, tagliando grandi placche di granito percorse da numerosi rivoli, in direzione della costiera del Qualido. Piegando a destra ragigungiamo il piede di un facile canalino che il sentiero risale zigzagando, portandoci al passo del Qualido settentrionale (m. 2647), appena a nord dell'omonimo torrione. La discesa dal passo in Val Qualido è meno ardua rispetto a quella dal Camerozzo, ma richiede ugualmente una certa attenzione. Avviene nella prima parte verso destra (sud), su un sentierino all’inizio esposto, poi più tranquillo. Il sentiero volge quindi a sinistra (attenzione a non proseguire sulla traccia che continua a destra, salendo al ben più impegnativo Passo Qualido meridionale) e scende, sfruttando una cengia esposta, nel cuore di un angusto canalino: le corde fisse sono di grande aiuto. Il percorso risale, quindi, di qualche metro, supera una sorta di porta nella roccia e lascia alle spalle il canalino. L’ultimo tratto di discesa verso sinistra taglia il fianco esposto della bassa costiera, prima di condurci ai pascoli della Val Qualido. Il primo tratto del Sentiero Roma nella valle attraversa le propaggini del lungo canalone che scende dal pizzo del Ferro orientale, salendo fino alla quota approssimativa di 2570 metri e superando con attenzione una placca quasi sempre bagnata; poi, raggiunta la sommità di un dosso, il sentiero inizia a scendere, portando, ad una quota approssimativa di 2450 metri, ai piedi del canalino che sale al passo dell’Averta. Qui lasciamo il sentiero Roma scendendo verso destra e seguendo i segnavia che, superati alcuni corpi franosi, ci fanno perdere quota su un largo dosso erboso. Puntiamo in direzione della caratteristica formazione rocciosa che divide la valle in due rami (il cavalèt). Qui giunti, dobbiamo stare attenti ad una traccia di sentiero che scende verso destra su un versante di macereti, poi volge ancora a destra ed attraversa il torrente al centro del ramo di destra della valle e sul lato opposto piega a sinistra scendendo nel bosco, per poi piegare ancora a sinistra e condurre al guado (da destra a sinistra) del medesimo torrente (dopo piogge di una certa portata il guado è problematico). Sul lato opposto ci portiamo ad un'ampia radura. Una debole traccia scende verso sud, superando una macchia ed un ripido versante roccioso con alcuni tornanti scavati nella roccia (tratto esposto, attenzione). Poi volge a destra e porta a ridosso del torrente, per allontanarsene subito verso sinistra e riprendere la discesa con molto tornanti. Giunti ad una feggata, prestiamo attenzione a non perderlo; poi scendiamo tranquilli nel bosco, uscendone al tratturo di Val di Mello, presso il laghetto omonimo. Procedendo a destra torniamo in breve al parcheggio del Gatto Rosso.


Bivacco Molteni-Valsecchi

Se non vogliamo tornare per la medesima via di salita, ci si offrono ora due interessanti possibilità. La prima, più tranquilla, è quella di puntare al Passo Qualido ("pas dò qualì"), alla nostra destra, per scendere, poi, dalla valle omonima.Se la scegliamo, cominciamo una lunga e tranquilla traversata della valle, seguendo i segnavia del Sentiero Roma (ma se la giornata è brutta e la visibilità scarsa, ci conviene rinunciare, perché inmolti tratti il sentiero vero e proprio non c’è, e, se si perde un segnavia, si rischia di smarrirsi), fino all’imbocco del breve e facile canalino che porta al passo (m. 2647), posto poco a nord del Torrione Qualido (m. 2707).


Salita al passo Qualido

La discesa dal passo è un po’ più complessa: per un breve tratto un sentierino esposto si dirige adestra, per poi piegare a sinistra e condurci nel cuore di un canalino, oltrepassato il quale ci attende una breve risalita fino ad una piccola porta nella roccia. Questo tratto, esposto, esige cautela, anche se le corde fisse ci aiutano molto. Poi si riprende a scendere, raggiungendo in breve la piccola e raccolta val Qualido.


Apri qui una panoramica dal passo Qualido

Il primo tratto del Sentiero Roma nella valle attraversa le propaggini del lungo canalone che scende dal pizzo del Ferro orientale, salendo fino alla quota approssimativa di 2570 metri e superando con attenzione una placca quasi sempre bagnata; poi, raggiunta la sommità di un dosso, il sentiero inizia a scendere, portando, ad una quota approssimativa di 2450 metri, ai piedi del canalino che sale al passo dell’Averta.


Il passo Qualido sul versante della Val Qualido

Qui lasciamo il sentiero Roma scendendo verso destra e seguendo i segnavia che, superati alcuni corpi franosi, ci fanno perdere quota su un largo dosso erboso. Puntiamo in direzione della caratteristica formazione rocciosa che divide la valle in due rami (il cavalèt). Qui giunti, dobbiamo stare attenti ad una traccia di sentiero che scende verso destra su un versante di macereti, poi volge ancora a destra ed attraversa il torrente al centro del ramo di destra della valle e sul lato opposto piega a sinistra scendendo nel bosco, per poi piegare ancora a sinistra e condurre al guado (da destra a sinistra) del medesimo torrente (dopo piogge di una certa portata il guado è problematico).


Discesa dal passo Qualido alla Val Qualido

Sul lato opposto ci portiamo ad un'ampia radura. Una debole traccia (attenzione a non perderla!) scende verso sud, superando una macchia ed un ripido versante roccioso con alcuni tornanti scavati nella roccia (tratto esposto, attenzione). Poi volge a destra e porta a ridosso del torrente, per allontanarsene subito verso sinistra e riprendere la discesa con molto tornanti. Giunti ad una feggata, prestiamo attenzione a non perderlo; poi scendiamo tranquilli nel bosco, uscendone al tratturo di Val di Mello, presso il laghetto omonimo. Procedendo a destra torniamo in breve al parcheggio del Gatto Rosso.

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L'ANELLO FERRO-QUALIDO-ZOCCA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Primo giorno: Parcheggio Val di Mello-Valle del Ferro-Bivacco Molteni Valsecchi
5 h
1500
E
Secondo giorno: Bivacco Molteni Valsecchi-Passo Qualido-Passo Averta-Rif. Allievi-Val di Mello
8 h
460
EE
SINTESI. Dal sagrato della chiesa parrocchiale di San Martino imbocchiamo un viottolo sul suo lato sinistro che ci porta ad un sentiero, che se ne stacca sulla sinistra, per inoltrarsi nella selva che ricopre lo sbocco della valle. Seguiamolo per un buon tratto, rimanendo più bassi rispetto alla strada asfaltata che si inoltra nella valle. Prendiamo, poi, la seconda deviazione che sale verso sinistra, fino ad intercettare la strada, appena prima di un cartello di divieto di transito ai mezzi non autorizzati. Proseguiamo, ora, sulla strada, dove, all’asfalto, si sostituisce il grisc' e lo sterrato, fino al ponte sul torrente che scende dalla valle del Ferro. Alla nostra sinistra troviamo le case di Ca’ dei Rogni (m. 1019). Qui non proseguiamo lungo la strada in direzione del parcheggio del Gatto Rosso, in località Panscèr (m. 1061), ma, appena prima del torrente della Valle del Ferro lasciamo la carozzabile prendendo a sinistra e seguendo una pista che sale a sinistra del torrente. Al suo termine troviamo, alla nostra sinistra, la partenza di un marcato sentiero che sale in Valle del Ferro. Dopo molti tornanti nel bosco, piegando leggermente a destra (nord), il sentiero incontra i diversi rami del torrente, che vanno attraversati in due punti: nel primo è necessario guadare utilizzando i sassi affioranti, mentre nel secondo è un ponticello a rendere bel più tranquilla la traversata. Raggiunta la Casera del Ferro, a 1657 metri, passiamo su un ponte dal lato sinistro (per noi) a quello destro della valle e ricominciamo a salire su traccia che sembra perdersi (la ritroviamo sulla parta alta di un prato, quasi a ridosso del roccione che chiude la parte mediana della valle). Qui proseguiamo a destra, risalendo un canalone con radi larici. Il sentiero piega, poi, decisamente a sinistra (ovest) e passiamo sotto un roccione strapiombante (con un muretto che sostiene il sentiero a valle), portandoci sulla soglia superiore della bastionata di granito che separa la media e l'alta valle. Mantenendo la direzione, attraversiamo un torrentello che, dopo una bella cascatella poco a monte, corre in un canaletto fra le rocce e, dopo circa 150 metri, raggiungiamo il baitello quotato 1958 metri, a ridosso della roccia. 50 metri più avanti la traccia va perdendosi e procediamo (guidati dai segnavia) fra piccole placche affioranti e dossetti erbosi. Passiamo, quindi, presso il rudere della baita chiamata préma córt, ed attraversiamo, sempre da destra a sinistra (da est ad ovest) un secondo torrentello, risalendo poi sul lato opposto (memorizziamo il punto di risalita, perché non è facile individuarlo scendendo), fino a giungere, finalmente, in vista della casera dell’alpe del Ferro (2084 metri). Riprendiamo a salire verso nord, sul dosso a sinistra della baita, restando sul lato sinistro della valle (occidentale). Procedendo anche a vista, raggiungiamo il ben visibile bivacco Molteni-Valsecchi (m. 2510), dove pernottiamo. Il secondo giorno proseguiamo verso est, tagliando grandi placche di granito percorse da numerosi rivoli, in direzione della costiera del Qualido. Piegando a destra ragigungiamo il piede di un facile canalino che il sentiero risale zigzagando, portandoci al passo del Qualido settentrionale (m. 2647), appena a nord dell'omonimo torrione. La discesa dal passo in Val Qualido è meno ardua rispetto a quella dal Camerozzo, ma richiede ugualmente una certa attenzione. Avviene nella prima parte verso destra (sud), su un sentierino all’inizio esposto, poi più tranquillo. Il sentiero volge quindi a sinistra (attenzione a non proseguire sulla traccia che continua a destra, salendo al ben più impegnativo Passo Qualido meridionale) e scende, sfruttando una cengia esposta, nel cuore di un angusto canalino: le corde fisse sono di grande aiuto. Il percorso risale, quindi, di qualche metro, supera una sorta di porta nella roccia e lascia alle spalle il canalino. L’ultimo tratto di discesa verso sinistra taglia il fianco esposto della bassa costiera, prima di condurci ai pascoli della Val Qualido. Il primo tratto del Sentiero Roma nella valle attraversa le propaggini del lungo canalone che scende dal pizzo del Ferro orientale, salendo fino alla quota approssimativa di 2570 metri e superando con attenzione una placca quasi sempre bagnata; poi, raggiunta la sommità di un dosso, il sentiero inizia a scendere, portando, ad una quota approssimativa di 2450 metri, ai piedi del canalino che sale al passo dell’Averta. La traccia serpeggia verso l'intaglio nella roccia, nell'ultimo tratto si appoggia al versante di destra e traversa, con passaggio esposto agevolato da staffa e corde fisse, a sinistra, dove troviamo la stretta porta del passo dell'Averta (m. 2540). La discesa in Valle di Zocca non è difficile, ma anche qui l’attenzione non deve mancare. Il percorso prosegue su un sentierino che scende verso sinistra e raggiunge un canalino che si supera con l’ausilio di corde fisse. Anche a stagione avanzata qui possiamo trovare un nevaietto residuo, che impone ulteriore attenzione. Dopo un ultimo tratto su cengia esposta (corde fisse ed una staffa risultano essenziali), sempre sulla sinistra, la discesa, che non è lunga, termina in corrispondenza di un piccolo nevaio residuo. Il Sentiero Roma, ad una quota approssimativa di 2450 metri, percorre quindi un pianoro disseminato di grandi massi e sempre dominato dalla mole della cima di Zocca. I massi cedono poi il posto ad un fondo erboso più riposante, finché, superato un torrentello, si scende fino all'estrema propaggine dello spigolo di sud-est della cima di Zocca. Per superare questo sperone roccioso il sentiero affronta un tratto un po' esposto su entrambi i lati e protetto da corde fisse. Si piega poi a sinistra, scendendo ulteriormente fino ad una quota approssimativa di 2300 metri, nel cuore di un vallone che precipita nel pianone della Valle di Zocca. Poi, quando la stanchezza moltiplica ormai la fatica, riguadagniamo gradualmente quota, fino ai 2420 metri del punto nel quale il sentiero supera un torrentello, piegando a destra e raggiungendo, in leggera discesa, i rifugi Allievi e Bonacossa (2385). Appena ad est dei rifugi si trova un bivio, al quale lasciamo alla nostra sinistra il Sentiero Roma che traversa al rifugio Ponti e prendiamo a destra, seguendo il largo sentiero che scende al già ben visibile pianone che con la sua forma ad incavo ha dato il nome alla valle. Ci portiamo sul lato opposto di un avvallamento e piegando a destra cominciamo a scendere decisi, con diverse svolte su un aereo pendio, fra caratteristici lastroni ed irriducibili lembi di pascoli. A metà circa della discesa traversiamo a sinistra (est), poi riprendiamo a scendere con diversi tornanti verso sud, fino ad approdare ai pascoli del Pianone (Zocùn, m. 2070). I segnavia indicano il sentiero che traversa verso sud stando sul lato sinistro della  piana, fino alla sua soglia, presidiata, alla nostra destra, da un crocifisso in legno, il "crusùn", posto a memoria dell'alpinista Agostino Parravicini. Riprende la discesa, sul marcato sentiero che taglia in diagonale il ripido versante e si infila fra i primi larici, passando per un caratteristico lastrone chiamato “i punt”. La discesa procede spedita in uno splendido lariceto. Se non prestiamo attenzione non ci accorgiamo neppure di passare qualche decina di metri a destra della radura che ospita, a 1725 metri, la casera di Zocca (casèra da zòca). Proseguiamo perdendo rapidamente quota su un sentiero che è stato splendidamente scalinato e protetto da corrimano in legno, fino ad una diagonale a destra che ci porta, a quota 1500, ad un ponte in legno che scavalca l’impetuoso torrente Zocca. Ci portiamo così sul lato occidentale della valle, ma il tema non cambia: il sentiero prosegue perdendo rapidamente quota con numerosi tornanti. Il sentiero termina confluendo in quello che percorre il lato settentrionale della Val di Mello. Percorriamo il sentiero verso destra ed in breve usciamo all’ampia spianata che ospita le baite della Cascina Piana (m. 1092). Ci ricongiungiamo con il sentiero percorso all’andata: seguendo il tratturo di Val di Mello ripassiamo per la località Ca’ di Carna ed infine ridiscendiamo al parcheggio di Val di Mello.


Apri qui una panoramica dal passo Qualido

Se il ritorno in Val di Mello per la Val Qualido preoccupa, in quanto il sentiero richiede molta attenzione perché non sempre chiaro, e se abbiamo due giorni a disposizione possiamo effettuare una splendida traversata ad anello dalla Valle del Ferro alla Valle di Zocca, passando per l'alta Val Qualido. Raggiunto così il rifugio Allievi, possiamo ridiscendere sul fondo della Val di Mello per il tranquillo sentiero percorso dai molti escursionisti che salgono a questo rifugio. La traversata, però, per la sua lunghezza richiede due giorni, per cui dobbiamo pernottare al bivacco Molteni-Valsecchi (oppure anche al rifugio Allievi).


Apri qui una fotomappa della traversata della Valle del Ferro

Dopo aver pernottato al bivacco, il secondo giorno puntiamo dunque al Passo Qualido ("pas dò qualì"), alla nostra destra (se guardiamo a monte, cioè ad est), per scendere, poi, dalla valle omonima. Cominciamo una lunga e tranquilla traversata della valle, seguendo i segnavia del Sentiero Roma (ma se la giornata è brutta e la visibilità scarsa, ci conviene rinunciare, perché inmolti tratti il sentiero vero e proprio non c’è, e, se si perde un segnavia, si rischia di smarrirsi), fino all’imbocco del breve e facile canalino che porta al passo (m. 2647), posto poco a nord del Torrione Qualido (m. 2707).


Apri qui una panoramica sulla Valle di Zocca dal passo dell'Averta

La discesa dal passo è un po’ più complessa: per un breve tratto un sentierino esposto si dirige adestra, per poi piegare a sinistra e condurci nel cuore di un canalino, oltrepassato il quale ci attende una breve risalita fino ad una piccola porta nella roccia. Questo tratto, esposto, esige cautela, anche se le corde fisse ci aiutano molto. Poi si riprende a scendere, raggiungendo in breve la piccola e raccolta val Qualido.

Il primo tratto del Sentiero Roma nella valle attraversa le propaggini del lungo canalone che scende dal pizzo del Ferro orientale, salendo fino alla quota approssimativa di 2570 metri e superando con attenzione una placca quasi sempre bagnata; poi, raggiunta la sommità di un dosso, il sentiero inizia a scendere, portando, ad una quota approssimativa di 2450 metri, ai piedi del canalino che sale al passo dell’Averta.
La salita al passo non è difficile, anche se dobbiamo prestare attenzione dapprima ai sassi mobili del canalino, poi all'ultimo tratto nel quale, per superare un blocco di roccia, dobbiamo effettuare un qualche passo che richiede cautela, assistiti dalla corda fissa ed agevolati da due staffe.
Il passo è uno stretto intaglio nella roccia, oltre il quale si apre uno scenario che non si dimentica: l'imponente e corrugata punta di Zocca (m. 3174) sembra lì, a portata di mano, mentre più ad oriente sfilano, in una prospettiva maestosa, le più importanti cime del gruppo, dalla Cima di Castello (castèl) alla punta Rasica (rèsga), dai pizzi Torrone al Monte Disgrazia (desgràzia). Questo spettacolo vale, da solo, abbondantemente, le cinque ore circa necessarie per salire al passo.
La discesa segue il percorso del Sentiero Roma: ad un primo tratto esposto ma tranquillo verso sinistra segue la discesa in un canalino ripido, dove le corde fisse ciaiutando a sfruttare le scalinature del suo bordo di destra. Un'ultima cengia esposta (di nuovo corde fisse), con breve traverso a sinistra, ci porta a toccare il circo dell'alta valle. Segue una traversata fra grandi blocchi ed una repentina discesa che ci porta ad un aereo sperone (nuovo tratto esposto, nuove corde fisse), che scende dalla cima di Zocca. Il sentiero lo aggira, volgendo a sinistra e continuando a perdere quota. Alla fine, pur essendo partiti da una quota considerevolmente più alta rispetto al rifugio Allievi, dobbiamo risalire di circa 150 metri per raggiungerlo.
Lo scenario che si apre ai nostri occhi, guardando a nord, è davvero incomparabile: a sinistra del passo di Zocca il poderoso Torrione di Zocca che nasconde la Cima di Zocca, mentre a destra sfilando la punta Allievi, la seminascosta cima di Castello, la punta Rasica ed il massiccio pizzo Torrone Occidentale.
Dal rifugio Allievi iInizia la lunga ed un po’ monotona discesa conclusiva che ci riporta sul fondo della Val di Mello ed al parcheggio dove abbiamo lasciato l’automobile. Appena ad est dei rifugi si trova un bivio, al quale lasciamo alla nostra sinistra il Sentiero Roma che traversa al rifugio Ponti e prendiamo a destra, seguendo il largo sentiero che scende al già ben visibile pianone che con la sua forma ad incavo ha dato il nome alla valle. Ci portiamo sul lato opposto di un avvallamento e piegando a destra cominciamo a scendere decisi, con diverse svolte su un aereo pendio, fra caratteristici lastroni ed irriducibili lembi di pascoli. A metà circa della discesa traversiamo a sinistra (est), poi riprendiamo a scendere con diversi tornanti verso sud, fino ad approdare ai pascoli del Pianone (Zocùn, m. 2070), dove un malinconico rudere di baita ci ricorda le dure condizioni di vita del passato.


Apri qui una panoramica della testata della Valle di Zocca

I segnavia indicano il sentiero che traversa verso sud stando sul lato sinistro della  piana, fino alla sua soglia, presidiata, alla nostra destra, da un crocifisso in legno, il "crusùn", posto a memoria dell'alpinista Agostino Parravicini, morto sullo spigolo sud del pizzo di Zocca nel 1935. Davanti a noi, sul lato opposto della Val di Mello, vediamo la selvaggia costiera Remoluzza-Arcanzo, dove si trova la Val Romilla che abbiamo salito nella prima giornata dell’anello intorno al Disgrazia. Riprende la discesa, su ìl marcato sentiero che passa a valle di una una grotta naturale che resta alla nostra sinistra e che veniva utilizzata dai Finanzieri negli appostamenti che servivano a sorprendere eventuali contrabbandieri che scendevano con il carico verso il fondovalle: per questo era chiamata "càmer di guèrdie". La Valle di Zocca fu, infatti, nel secolo scorso teatro di quell’interminabile partita a scacchi, fatta di appostamenti e scaltrezze, fra gli spalloni della Val Masino, che arrotondavano i proventi con il contrabbando dal territorio elvetico, ed i Finanzieri, che cercavano quantomeno di rendere loro la vita difficile.


Apri qui una panoramica sulla testata della Valle di Zocca vista dal Pianone

Il sentiero (senté da zòca) taglia in diagonale il ripido versante e si infila fra i primi larici, passando per un caratteristico lastrone chiamato “ipunt”. La discesa procede spedita in uno splendido lariceto. Se non prestiamo attenzione non ci accorgiamo neppure di passare qualche decina di metri a destra della radura che ospita, a 1725 metri, la casera di Zocca (casèra da zòca), che serve l'alpe omonima (munt da zòca), la più ricca di pecore, almeno fino a qualche decennio fa, dell'intera Val Masino. Proseguiamo perdendo rapidamente quota su un sentiero che è stato splendidamente scalinato e protetto da corrimano in legno, fino ad una diagonale a destra che ci porta, a quota 1500, ad un ponte in legno che scavalca l’impetuoso torrente Zocca, in località “Valascia”. Il ponte ha sostituito agli inizi degli anni Duemila il precedente, a sua volta chiamato "èl punt nöf", perché costruito, negli anni sessanta del secolo scorso, in sostituzione di un ponte più antico - punt véc' -, collocato più in alto.
Ci portiamo così sul lato occidentale della valle, ma il tema non cambia: il sentiero prosegue perdendo rapidamente quota con numerosi tornanti. Dopo un quarto d’ora circa possiamo notare, alla nostra destra, a monte del sentiero, un "pèsc", cioè un larice monumentale (làres), a 1240 metri di quota: è alto 29 metri, ha una circonferenza di 590 cm ed è classificato fra gli alberi monumentali della Provincia di Sondrio. Cinquecento metri ancora ed il sentiero termina confluendo in quello che percorre il lato settentrionale della Val di Mello. Alla nostra sinistra, dopo un’assenza di un paio di giorni, riappare, sul lato destro della Testata della Val Cameraccio, in monte Disgrazia. Percorriamo il sentiero verso destra ed in breve usciamo all’ampia spianata che ospita le baite della Cascina Piana (m. 1092). Ci ricongiungiamo con il sentiero percorso all’andata: seguendo il tratturo di Val di Mello ripassiamo per la località Ca’ di Carna ed infine ridiscendiamo al parcheggio di Val di Mello.


Apri qui una fotomappa della Valle di Zocca

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VAL DI MELLO - BIVACCO MOLTENI-VALSECCHI - PASSO CAMEROZZO - RIF. GIANETTI - BAGNI DI MASINO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio Val di Mello-Valle del Ferro-Bivacco Molteni Valsecchi -Passo Camerozzo-Rifugio Gianetti-Bagni Masino
9 h
1700
EE
SINTESI. Dal sagrato della chiesa parrocchiale di San Martino imbocchiamo un viottolo sul suo lato sinistro che ci porta ad un sentiero, che se ne stacca sulla sinistra, per inoltrarsi nella selva che ricopre lo sbocco della valle. Seguiamolo per un buon tratto, rimanendo più bassi rispetto alla strada asfaltata che si inoltra nella valle. Prendiamo, poi, la seconda deviazione che sale verso sinistra, fino ad intercettare la strada, appena prima di un cartello di divieto di transito ai mezzi non autorizzati. Proseguiamo, ora, sulla strada, dove, all’asfalto, si sostituisce il grisc' e lo sterrato, fino al ponte sul torrente che scende dalla valle del Ferro. Alla nostra sinistra troviamo le case di Ca’ dei Rogni (m. 1019). Qui non proseguiamo lungo la strada in direzione del parcheggio del Gatto Rosso, in località Panscèr (m. 1061), ma, appena prima del torrente della Valle del Ferro lasciamo la carozzabile prendendo a sinistra e seguendo una pista che sale a sinistra del torrente. Al suo termine troviamo, alla nostra sinistra, la partenza di un marcato sentiero che sale in Valle del Ferro. Dopo molti tornanti nel bosco, piegando leggermente a destra (nord), il sentiero incontra i diversi rami del torrente, che vanno attraversati in due punti: nel primo è necessario guadare utilizzando i sassi affioranti, mentre nel secondo è un ponticello a rendere bel più tranquilla la traversata. Raggiunta la Casera del Ferro, a 1657 metri, passiamo su un ponte dal lato sinistro (per noi) a quello destro della valle e ricominciamo a salire su traccia che sembra perdersi (la ritroviamo sulla parta alta di un prato, quasi a ridosso del roccione che chiude la parte mediana della valle). Qui proseguiamo a destra, risalendo un canalone con radi larici. Il sentiero piega, poi, decisamente a sinistra (ovest) e passiamo sotto un roccione strapiombante (con un muretto che sostiene il sentiero a valle), portandoci sulla soglia superiore della bastionata di granito che separa la media e l'alta valle. Mantenendo la direzione, attraversiamo un torrentello che, dopo una bella cascatella poco a monte, corre in un canaletto fra le rocce e, dopo circa 150 metri, raggiungiamo il baitello quotato 1958 metri, a ridosso della roccia. 50 metri più avanti la traccia va perdendosi e procediamo (guidati dai segnavia) fra piccole placche affioranti e dossetti erbosi. Passiamo, quindi, presso il rudere della baita chiamata préma córt, ed attraversiamo, sempre da destra a sinistra (da est ad ovest) un secondo torrentello, risalendo poi sul lato opposto (memorizziamo il punto di risalita, perché non è facile individuarlo scendendo), fino a giungere, finalmente, in vista della casera dell’alpe del Ferro (2084 metri). Riprendiamo a salire verso nord, sul dosso a sinistra della baita, restando sul lato sinistro della valle (occidentale). Procedendo anche a vista, raggiungiamo il ben visibile bivacco Molteni-Valsecchi (m. 2510). Percorriamo ora verso sinistra il Sentiero Roma, portandoci ai piedi dell'impressionante costiera del Camerozzo. Ci portiamo ad una cengia (segnavia) che sale verso sinistra, interamente assistita da corde fisse, fino ad un punto molto esposto, nel quale si riduce ad una spaccatura nella roccia, oltrepassata la quale ci portiamo ad un ripido versante erboso che il sentiero sale in diagonale verso destra. Superiamo con l'ausilio di corde fisse alcune placche rocciose, tagliandole in diagonale, e ci portiamo all'intaglio del passo Camerozzo (m. 2765). Scendiamo in alta Val Porcellizzo verso destra, superando un passaggio delicato (corde fisse e staffe) fra grandi blocchi), tagliamo un nevaietto e perdiamo quota verso ovest-nord-ovest, su terreno morenico. Il Sentiero Roma taglia uno sperone roccioso, poi procede verso nord-ovest superando diverse vallette. Piegando leggermente a sinistra, procediamo verso ovest superando diversi torrentelli, e dopo un ultimo tratto verso sud-ovest raggiungiamo il rifugio Gianetti (m. 2534). Scendiamo quindi verso i Bagni di Masino. Non c'è un sentiero, per cui dobbiamo seguire con attenzione i segnavia ed i grandi ometti per evitare faticosi giri a vuoto fra balze non difficili, ma pur sempre insidiose (quando si è stanchi, la distorsione da disattenzione è sempre in agguato). Passiamo accanto ad un grande ometto e scendiamo lungo un caratteristico lastrone, perdendo quindi rapidamente quota verso sud. A quota 2200 troviamo una marcata mulattiera che, con qualche svolta, prosegue nella decisa discesa verso sud-est, che ci porta al limite settentrionale del bellissimo Zocùn, il pianone al centro della grande conca che si stende ai piedi del circo terminale della valle. Attraversiamo su un ponticello il torrente Porcellizzo e ci portiamo alla sua sinistra, proseguendo lungo il bordo del ripiano e passando per la Casera Porcellizzo (m. 1899). Il sentiero corre sul bordo di una zona torbosa e si infila in un corridoio stretto da lisci roccioni alla nostra sinistra ed il torrente Porcellizzo che scende rabbioso più in basso, alla nostra destra. Usciti dal corridoio, ci affacciamo sulla media valle e riprendiamo a scendere verso sud, piegando leggermente a sinistra e passando vicino ad un grande ometto (m. 1849). Il sentiero scende ad attraversare il solco della laterale Val Sione, su lisci roccioni che richiedono attenzione. Oltre il torrente di Val Sione, proseguiamo ancora diritti fra macereti, poi volgiamo bruscamente a destra per un tratto, e di nuovo a sinistra, scendendo con diverse svolto in direzione del centro della valle. Passiamo vicino ad un baitello, sempre in terreno aperto, poi pieghiamo a sinistra e ci infiliamo per un tratto nella boscaglia, poco sopra il torrente. Procedendo verso sud ben presto incontriamo due enormi massi, entro la cui stretta fessura il sentiero è costretto a passare, le cosiddette Termopili. Proseguiamo ed in breve torniamo all'aperto al ripiano della Corte Vecchia ("préma casèra de porscelécc", m. 1405). Ignoriamo la deviazione a sinistra del Sentiero LIFE delle Alpi Retiche e proseguiamo sulla larga mulattiera, che entra in una fresca pecceta e con alcuni tornanti ci porta ai prati poco a monte dei Bagni di Masino. Scendiamo verso sinistra su largo sentiero ed attraversato un ponticello ci portiamo all'edificio dei Bagni di Masino. Alle spalle dell'edificio, presso il locale dove si trova la celebre fonte di acque termali, parte una pista segnalata come percorso pedonale, che scende nella splendida pineta dei Bagni per buon tratto, fino ad intercettare la strada provinciale che da San Martino sale ai Bagni di Masino. Seguiamo per quest'ultimo tratto la carrozzabile, che attraversa la piana della Bregolana e ci riporta a San Martino.


Apri qui una panoramica dall'alta Valle del Ferro

Più interessante e, per così dire, classica (ma anche difficoltosa) è la seconda possibilità. Si tratta di affrontare il Passo Camerozzo ("pas dò cameròz", dove "cameròz" significa, probabilmente, grotta scomoda),punto di maggior impegno dell’intero Sentiero Roma (assolutamente sconsigliabile con rocce bagnate, neve o ghiaccio). Dal bivacco Molteni-Valsecchi dobbiamo, in questo caso, procedere in direzione opposta, cioè verso ovest (sinistra), fino a raggiungere il piede della severa parete rocciosa al culmine della quale è posto l’intaglio del passo. Mentre ci avviciniamo, sicuramente il nostro sguardo curioso perlustra la parete, domandandosi, un po’ smarrito: ma come diavolo si fa a risalirla?


Salita al passo del Camerozzo

La prima difficoltà la troviamo già in partenza: un nevaietto che persiste anche a stagione inoltrata può darci qualche noia anche nell’attacco della salita. Dobbiamo superare quasi 300 metri di dislivello, con una duplice ampia diagonale, dapprima verso sinistra, poi verso destra. Il primo tratto è senza dubbio il più impressionante, perché sfrutta una stretta cengia esposta, che si risale assicurandosi alle corde fisse.
Procediamo con calma, senza strappi, evitando di guardare verso il basso, agevolando, se capita qualche incrocio, chi scende (questo tratto è, infatti, assai più difficoltoso in discesa). Terminata la prima diagonale, possiamo concederci un po’ di riposo sedendo su qualche rado cespuglio, prima di affrontare la seconda diagonale, verso il passo che, ormai, è visibile là, in alto. Questa secondo tratto è meno impressionante, ma riserva anch’esso passaggi delicati, da affrontare con calma e cautela. Alla fine, eccoci nelle fauci del passo (che ha, infatti, l’aspetto di una grande mandibola rocciosa), a 2765 metri di quota. Il più è fatto!, penseremo.


Val Porcellizzo vista dal passo del Camerozzo

Non è così. Il tempo di gustare lo stupendo spettacolo della sterminata Val Porcellizzo e della sua fantastica testata, ed ecco che, proprio nell’attacco della discesa, ci attende un passaggio impegnativo, anche se agevolato da una staffa: anche qui è di rigore l’assicurazione alle corde fisse.La successiva discesa, fra grandi massi, non riserva più ulteriori sorprese. Seguendo il Sentiero Roma, operiamo una lunga traversata che ci conduce al rifugio Gianetti, dal quale possiamo, poi (a meno che scegliamo di pernottare qui), scendere ai Bagni di Màsino.

Inizia ora la lunga discesa che porta ai Bagni del Masino e di qui a San Martino, dove l'anello del Masino si chiude.
Non c'è un sentiero, per cui dobbiamo seguire con attenzione i segnavia ed i grandi ometti per evitare faticosi giri a vuoto fra balze non difficili, ma pur sempre insidiose (quando si è stanchi, la distorsione da disattenzione è sempre in agguato). Passiamo accanto ad un grande ometto e scendiamo lungo un caratteristico lastrone, perdendo quindi rapidamente quota verso sud.


Valle del Ferro vista dal passo Camerozzo

Poi, sorprendentemente e quasi dal nulla, una bella mulattiera si materializza sotto i nostri piedi. Siamo al mür, cioè ad un muricciolo a quota 2200 circa. Stupisce questo colpo di scena, ma, a pensarci, neppure troppo: la mulattiera venne tracciata per servire i pascoli (siamo nei pressi del confine fra le due grandi regioni del Porcellizzo, a nord-est, e della Sceroia, a sud-ovest), non per accompagnare gli escursionisti alla capanna. La seguiamo: con qualche svolta prosegue nella decisa discesa verso sud-est, che ci porta al limite settentrionale del bellissimo Zocùn, il pianone al centro della grande conca che si stende ai piedi del circo terminale della valle.


Apri qui una fotomappa della Val Porcellizzo

Questa conca ospitò un lago ora scomparso, prodotto dall’immane glaciazione del Quaternario, che modellò le formazioni rocciose spesso ardite ed incredibili del gruppo del Masino. Ora resta un pianoro in parte acquitrinoso, un luogo comunque di grande bellezza, soprattutto perché ci si può soffermare a godere della frescura offerta dalle rapide acque del torrente, il fiöm da porscelèc', che qui riceve, da destra, le acque del fiöm da sceróia, che scende il versante dell'alpeggio di Sceroia, alla nostra sinistra. La casera ci ricorda l'importanza dell'alpe (munt dò porsceléc'), prima fra tutte le alpi della Val Masino per capacità di carico: il sistema Porcellizzo-Sione, di proprietà della famiglia Della Torre e di altri privati di S. Martino, caricava, infatti, 320 capi di bestiame, una cifra davvero ragguardevole.


Pizzi Badile, Cengalo, Gemelli e del Ferro occidentale

Ma quel che vale veramente la pena di vedere sta in alto, e lascia letteralmente senza fiato: all'ingresso della piana appare la testata della valle, armonica, ampia, maestosa, quasi perfetta, uno fra i gli spettacoli pi ù belli e celebrati dell’intero arco alpino. L’effetto di massimo impatto visivo si realizza quando il tramonto regala giochi cromatici di rara suggestione sugli spalti di granito delle cime della valle. Ecco, da sinistra, le cime dell'Averta (meridionale, m. 2733, centrale, m. 2861 e settentrionale, m. 2947), alla cui destra si eleva il più massiccio pizzo Porcellizzo (il pèz, m. 3075), seguito dal riconoscibilissimo Dente della Vecchia, dietro cui si nasconde il passo Porcellizzo (m. 2950), che congiunge la valle omonima all’alta Val Codera.


Lo Zocùn

Ecco, poi, le più celebri cime della Val Porcellizzo: la punta Torelli (m. 3137) e la punta S. Anna (m. 3171) precedono il celeberrimo pizzo Badile (badì, m. 3308), cui fa da vassallo la punta Sertori (m. 3195). Segue il secondo signore della valle, il pizzo Cengalo (cìngol, m. 3367), alla cui destra si riconosce la caratteristica formazione denominata "Ferro da stiro". Chiudono la testata i puntuti pizzi Gemelli (m. 3259 e 3221), il passo di Bondo (pas de bùnd, m. 3169), che dà sulla Val Bondasca, ed il pizzo del Ferro occidentale o cima della Bondasca (m. 3267).


Il pianone di Val Porcellizzo, o Zocùn

Attraversiamo su un ponticello il torrente Porcellizzo e ci portiamo alla sua sinistra, proseguendo lungo il bordo del ripiano e passando per la Casera Porcellizzo (m. 1899). Il sentiero corre sul bordo di una zona torbosa e si infila in un corridoio stretto da lisci roccioni alla nostra sinistra ed il torrente Porcellizzo che scende rabbioso più in basso, alla nostra destra. Prima di attraversarlo, gettiamo un ultimo sguardo alla testata della Val Porcellizzo, che da qui mostra il suo volto più bello e suggestivo.
Usciti dal corridoio, ci affacciamo sulla media valle e riprendiamo a scendere verso sud, piegando leggermente a sinistra e passando vicino ad un grande ometto (m. 1849). Il sentiero scende ad attraversare il solco della laterale Val Sione, su lisci roccioni che richiedono attenzione. Oltre il torrente di Val Sione, proseguiamo ancora diritti fra macereti, poi volgiamo bruscamente a destra per un tratto, e di nuovo a sinistra, scendendo con diverse svolto in direzione del centro della valle. Passiamo vicino ad un baitello, sempre in terreno aperto, poi pieghiamo a sinistra e ci infiliamo per un tratto nella boscaglia, poco sopra il torrente.


Apri qui una panoramica dell'ingresso allo Zocùn

Procedendo verso sud ben presto incontriamo due enormi massi, entro la cui stretta fessura il sentiero è costretto a passare. Si tratta di una porta stretta che ad uno dei pionieri dell’alpinismo di altri tempi, il conte Lurani (una targa lo celebra sull'edificio dei Bagni Vecchi), richiamò le suggestioni della storia greca: dal 1878, quindi, ebbe il nome di Termopili, che si può ancora leggere su uno dei massi, in caratteri dell’alfabeto greco (“Termòpili” significa, in greco, “porte calde”, con riferimento al passo sul quale Leonida ed i suoi 300 Spartani fermarono l'immane fiumana dell'esercito del re dei Persiani Serse; l'accostamento non è del tutto arbitrario, se si tiene presente che i due luoghi, pur così diversi, sono accomunati dall'esser posti presso sorgenti d'acqua calda). Assai meno fascinosa la denominazione locale, "còrna büsa", cioè roccia cava, che serviva anche, occasionalmente, come ricovero per il bestiame. Sul pendio boscoso ad est delle Termopili (alla nostra sinistra) si trova un'altra grotta naturale, formata da un grosso masso erratico strapiombante, denominata "càmer di guèrdi(e)", perché veniva usato per gli appostamenti dei Finanzieri che cercavano di sorprendere eventuali contrabbandieri. Il contrabbando, attivo per oltre un secolo in Val Masino (dalla seconda metà dell'ottocento agli anni sessante del novecento) passava, infatti, anche per la Val Porcellizzo: la Svizzera veniva raggiunta attraverso il valico alto di Bondo oppure passando dalla Val Codera (passo Porcellizzo e bocchetta della Teggiola). Anche questo, dunque, fu teatro di battaglia, non però fra Grecia e Persia, ma, meno epicamente, fra contraddandieri e finanzieri.


La Corte Vecchia ed il pizzo Boris

Proseguiamo ed in breve torniamo all'aperto al ripiano della Corte Vecchia ("préma casèra de porscelécc", m. 1405, dove troviamo la casera ed una seconda baita). Qui, anche in conseguenza dello spostamento d’aria prodotto da una rovinosa frana scesa nel 1977 dalla val Ligoncio, la fresca protezione delle piante si interrompe per breve tratto. Interessante il panorama. Alla nostra destra (ovest) si scorge la Val Ligoncio, che mostra tutte le sue cime, dal monte Spluga (o cima del Calvo) al pizzo dell'Oro meridionale (immediatamente a destra della Sfinge e del passo Ligoncio); a nord-ovest il monte Boris, che si mostra picco fiero e slanciato, e poi le prime cime della testata della Val Porcellizzo, dalle cime dell'Averta al pizzo Porcellizzo, fino a raggiungere, a nord, una celebrità di prima grandezza, il pizzo Badile, che da qui pare timido ed occhieggiante.


I Bagni di Masino

Ignoriamo la deviazione a sinistra del Sentiero LIFE delle Alpi Retiche e proseguiamo sulla larga mulattiera, che entra in una fresca pecceta e con alcuni tornanti ci porta ai prati poco a monte dei Bagni di Masino. Scendiamo verso sinistra su largo sentiero ed attraversato un ponticello ci portiamo all'edificio dei Bagni di Masino (m. 1180).
Alle spalle dell'edificio, presso il locale dove si trova la celebre fonte di acque termali, parte una pista segnalata come percorso pedonale, che scende nella splendida pineta dei Bagni per buon tratto, fino ad intercettare la strada provinciale che da San Martino sale ai Bagni di Masino. Seguiamo per quest'ultimo tratto la carrozzabile, che attraversa la piana della Bregolana e ci riporta a San Martino, dove l'anello del Masino termina, dopo quattro splendide giornate nel segno dello splendore della più sicura delle rocce, il granito del Plutone della Val Masino.


San Martino in Val Masino

CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo (CNS, come quelle sopra riportate), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri).
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ALTRI PERCORSI IN VAL MASINO


1. Novate-Brasca 2. Brasca-Gianetti 2bis. Omio-Gianetti 3. Gianetti-Allievi 4. Allievi-Ponti 5. Ponti-Chiesa Valmalenco

GALLERIA DI IMMAGINI

CARTA DEL TERRITORIO COMUNALE sulla base della Swisstopo (CNS), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri).
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Mappa del percorso - particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere

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