CARTE DEI PERCORSI 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7


La Val Torrone vista da San Martino


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[Aggiornamento 2016: lo stato del sentiero, soprattutto nella zona della Casera Torrone, peggiora di anno in anno, per cui è sconsigliabile la discesa. Meglio traversare alla Valle di Zocca e tornare al fondovalle per il comodo sentiero del rifugio Allievi].


Apri qui una fotomappa del Sentiero Roma dalla Valle del Ferro alla Val Cameraccio

Mettiamo di avere a disposizione un’unica giornata e di volerla dedicare ad un incontro ravvicinato con la bellezza aspra ed unica della Val di Mello ("val da mèl"). Che fare? Classica è l’escursione al rifugio Allievi, in Valle di Zocca ("val da zòca"). Probabilmente l’avremo già effettuata: perché non tentare, allora, la salita in Val Torrone ("val do turùn"), laterale settentrionale della Val di Mello, posta immediatamente ad oriente della Valle di Zocca?


Testata della Val Torrone

Il motivo di questa escursione non è solo, e neppure tanto, quello di raggiungere il bivacco Manzi, quanto piuttosto quello di conoscere, da una prospettiva inconsueta (per chi è abituato ad attraversare la valle percorrendo il celeberrimo Sentiero Roma), una delle più belle valli alpine che, raggiunta salendo direttamente dal fondovalle, regala uno scenario di incomparabile bellezza.


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Il nome stesso suggerisce la connotazione di questo scenario: Torrone, infatti, sta per “torrione”, dal momento che nella testata granitica della valle svettano, come torri poderose, i tre Pizzi Torrone, occidentale (m. 3349), centrale (m. 3290) ed orientale (m. 3333), che danno l’impressione di altrettante torri verticali poste a suprema protezione di questi luoghi. Ma l’intera valle potrebbe essere paragonata ad un castello. La sua parte inferiore, con la sua strettoia d’accesso chiusa fra le pareti verticali delle due costiere, dà, in alcuni punti, l’impressione di un ponte levatoio.


La testata della Val Torrone

Poi la valle si apre nell’anfiteatro dell’alpe che va a spegnersi ai piedi della testata: immaginiamo che questo sia il grande cortile interno del castello, circondato e difeso dai poderosi bastioni rappresentati dalle due costiere, quella Zocca-Torrone, ad ovest, e quella Torrone-Cameraccio, ad est. Il tutto, quindi, sembra riportare ad una dimensione arcaica ed eroica del tempo, e rappresenta una degna cornice per una valle che ha visto effettivamente grandi gesta alpinistiche, ultima, probabilmente, in ordine di tempo, la scalata della parete orientale del picco Luigi Amedeo (m. 2810). Abbiamo bisogno di ulteriori motivi per metterci in cammino?


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VAL DI MELLO-VAL TORRONE-BIVACCO MANZI-PIROTTA

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio Val di Mello-Rasega-val Torrone-Alpe Torrone-Bivacco Manzi Pirotta
5 h
1490 m.
E
SINTESI. [Aggiornamento 2016: lo stato del sentiero, soprattutto nella zona della Casera Torrone che dà accesso all'alta valle, peggiora di anno in anno, per cui è sconsigliabile la discesa. Meglio traversare alla Valle di Zocca - cfr. sotto - e tornare al fondovalle per il comodo sentiero del rifugio Allievi]. Saliamo lungo la provinciale di Val Masino, oltrepassando Cataeggio e parcheggiando a San Martino. Dal sagrato della chiesa parrocchiale di San Martino imbocchiamo un viottolo sul suo lato sinistro che ci porta ad un sentiero, che se ne stacca sulla sinistra, per inoltrarsi nella selva che ricopre lo sbocco della valle. Seguiamolo per un buon tratto, rimanendo più bassi rispetto alla strada asfaltata che si inoltra nella valle. Prendiamo, poi, la seconda deviazione che sale verso sinistra, fino ad intercettare la strada, appena prima di un cartello di divieto di transito ai mezzi non autorizzati. Proseguiamo, ora, sulla strada, dove, all’asfalto, si sostituisce il grisc' e lo sterrato, fino al ponticello del torrente che scende dalla valle del Ferro. Alla nostra sinistra troviamo le case di Ca’ dei Rogni (m. 1019). Proseguiamo lungo la strada raggiungendo il parcheggio del Gatto Rosso, in località Panscèr (m. 1061). Fin qui possiamo giungere anche sfruttando il bus-navetta (estate). Percorriamo il tratturo che si addentra nella valle, passando a sinistra del laghetto di Val di Mello e per le località di Ca' di Carna (m. 1076) e Cascina Piana (m. 1092, rifugi Mello e Luna Nascente). Proseguiamo sulla sinistra ed ignoriamo, a sinistra, la deviazione del sentiero che sale in valle di Zocca. Attraversato su un ponte il torrente di val di Zocca e la località di Rasica (dove si trova il rifugio Rasega), proseguiamo salendo fino a trovare, sulla sinistra, la deviazione per la val Torrone, appena prima del ponticello sul torrente di Val Torrone. Lasciamo dunque la mulattiera e prendiamo a sinistra, seguendo il sentiero che inalella diversi tornanti nel bosco, salendo verso nord-nord-ovest. Il solco della valle si restringe, costringendo il sentiero ad inerpicarsi su alcune roccette fra le quali scende il torrentello. Un paio di passaggi che richiedono maggiore cautela sono stati attrezzati con corde fisse, che ne agevolano il superamento. Il secondo, in particolare, può presentare qualche problema quando, dopo recenti precipitazioni, il torrentello è ingrossato, oppure in presenza di ghiaccio. Superato anche quest’ultimo, incontriamo un cancelletto. Saliamo, poi, con serrati zig-zag, un canalino ingombro di sfasciumi ed attraversiamo un breve tratto nel bosco, prima di guadagnare i pascoli più bassi, dove si apre, alla nostra destra, lo scenario delle placche granitiche nelle quali questi precipitano. Raggiungiamo, dopo aver superato una fascia di ontani (attenzione al ritorno) il rudere della casera Torrone (m. 1996). Saliamo per un buon tratto diritti verso nord, poi pieghiamo leggermente a destra (nord-nord-est), attraversando da sinistra a destra due valloncelli. Intercettiamo così la traccia del sentiero Roma e, seguendola verso destra, traversiamo il circo dell'alta valle e giungiamo in vista del bivacco Manzi-Pirotta (m. 2562). Lo raggiungiamo lasciando il sentiero Roma e prendendo a destra: siamo allo sperone di roccia che lo ospita dopo un passaggio che richiede attenzione (corda fissa).


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Raggiunto, dunque, il parcheggio della Val di Mello ("val da mèl") in automobile o, nei periodi di chiusura al traffico, mediante il servizio di un bus-spoletta, cominciamo ad addentrarci nella lunga piana della valle, sulla mulattiera che, in diversi punti, ci permette di gustare angoli di bucolica bellezza sulle rive del torrente. Ben presto incontriamo il cartello che segnala la deviazione, sulla sinistra, la partenza del sentiero che sale in val Qualido. Proseguendo, raggiungiamo la località Cascina Piana (casìna ciàna, m. 1092), oltrepassata la quale il sentiero ci porta ad un bivio: sulla sinistra, infatti, si stacca, segnalato, il ramo che sale al rifugio Allievi.


L'imbocco della Val Torrone

Noi continuiamo, invece, sul sentiero di fondovalle, attraversiamo su un ponte recente il torrente Zocca e guadagniamo i prati della località Rasica ("rèsga", m. 1148), l’ultima oasi bucolica (quando la valle non è gremita dai turisti della piena stagione) che incontriamo sul cammino. Qui troviamo anche il rifugio Ràsega.

Lasciati alle spalle i prati della Rasica, la mulattiera comincia ora a salire, avvicinandosi al fianco occidentale della val Cameraccio, che chiude a nord-est la Val di Mello, nella cornice di una splendida pecceta, chiamata "peghèra". Dobbiamo prestare attenzione: appena prima del ponticello (punt del turùn, m. 1298) sul torrente che scende dalla Val Torrone (fiöm do turùn), da essa si stacca il sentiero (senté dò turùn) che permette di accedervi, segnalato dalla scritta “Torrone” su un masso.


L'imbocco della Val Torrone

Nella prima parte della salita la fatica è mitigata dalla frescura della selva che, nei mesi più caldi, ci ripara dal sole dardeggiante. Man mano che guadagniamo quota, si apre davanti ai nostri occhi, sulla sinistra, l’impressionante scenario della Parete dellaMeridiana, verticale di granito che precipita nello stretto solco della valle e che suscita un senso di vertigine anche a chi se ne sta, con i piedi saldamente piantati per terra, a contemplarla dal basso.


Salendo in Val Torrone

Intanto il solco della valle si restringe, costringendo il sentiero ad inerpicarsi sul alcune roccette fra le quali scende il torrentello. Un paio di passaggi che richiedono maggiore cautela sono stati attrezzati con corde fisse, che ne agevolano il superamento. Il secondo, in particolare, può presentare qualche problema quando, dopo recenti precipitazioni, il torrentello è ingrossato, oppure in presenza di ghiaccio. Superato anche quest’ultimo, incontriamo un cancelletto, che segna il limite inferiore dell’alpe.


La parete della Meridiana

In realtà c’è ancora un ultimo tratto da superare prima dell’alpe: bisogna risalire, con serrati zig-zag, un canalino ingombro di sfasciumi ed attraversare un breve tratto nel bosco, prima di guadagnare i pascoli più bassi, dove si apre, alla nostra destra, lo scenario delle placche granitiche nelle quali questi precipitano. Superata una fascia di ontani (attenzione al ritorno perché qui il sentiero si vede poco) ragigungiamo quel che resta della casera Torrone (casèra do turùn, m. 1996), prima di ricominciare a guadagnare quota, con alcuni tornanti. La casera ci ricorda che questa valle aveva, in passato, un interesse dal punto di vista dell'alpeggio, prima che dell'alpinismo: l'alpe Torrone, infatti, proprietà del comune di Mello, caricava 50 capi di bestiame.


Il picco Luigi Amedeo

In alto, ecco finalmente la monumentale testata. Lo prospettiva, però ci inganna: il picco Luigi Amedeo, dalla sua posizione più bassa, appare assai più alto, e mentre, sulla destra, il pizzo Torrone orientale si mostra subito nel suo inconfondibile profilo (così come si mostra, alla sua sinistra, il caratteristico Ago di Cleopatra, chiamato così dal conte Lurani perché la forma richiama l'obelisco omonimo che si trova a Londra, o Ago del Torrone, obelisco roccioso alto una quarantina di metri), alla sua sinistra i suoi pizzi gemelli si nascondono, quello centrale dietro la punta Ferrario, di poco più bassa (m. 3258), quello occidentale dietro l’avamposto conico quotato 2920 metri.


La testata della Val Torrone

L’impressione visiva è, dunque, sì quella di tre torri, ma due di queste celano alle proprie spalle le torri autentiche. Ma questo importa poco: le elevazioni di granito regalano alla valle una grandiosità raccolta (perché la valle non è ampia) e proporzionata. Siccome siamo in cammino da tre ore buone, fermarsi qui ad ammirare lo scenario è sicuramente un’eccellente idea.

Pizzi Torrone centrale ed orientale

Dopo essere saliti di un ulteriore centinaio di metri, fra le dolci balze chiamate "curteséle", cioè intorno a quota 2100, rimanendo sul lato occidentale (sinistro per noi) della valle, cominciamo, seguendo una traccia non sempre evidente, ma segnalata da segnavia rosso-bianco-rossi, a portarci verso la sua parte media, superando due torrentelli da sinistra a destra.

Pizzi Torrone centrale ed orientale

Passiamo, quindi, dalla "curt da pìsa", il pascolo dove, 28 e 56 giorni dopo l'inizio della monticazione, si pesava il latte prodotto da ciascuna vacca, alla presenza dei proprietari del bestiame, al fine di determinare il compenso che andava corrisposto a fine stagione a ciascuno di loro.

Risalite alcune balze piuttosto ripide, ci imbattiamo nel rudere di un precedente rifugio, distrutto da una slavina: siamo a quota 2301 metri, e la nostra escursione potrebbe anche terminare qui, perché questo è probabilmente il punto di osservazione più felice sulla testatadella valle. Si tratta dei ruderi del rifugio Ferrario, costruito, per iniziativa del Club Alpino Accademico Italiano, fra il 1927 ed il 1928 (inaugurazione: 22 luglio 1928) e distrutto da una slavina nell'inverno del 1935.


La testata della Val Torrone

Il rifugio era dedicato alla memoria dell'ingegner Paolo Ferrario, progettista del rifugio Gianetti costruito nel 1912 e morto eroicamente nella prima guerra mondiale, il 19 maggio 1916, facendo saltare il forte di Campomolon (gli venne tributata, per l'azione, la medaglia d'oro al valor militare).


La testata della Val Torrone

Se saliamo, però, ancora di un poco, intercettiamo il Sentiero Roma (senté róma), nel tratto che unisce i passi Torrone (alla nostra sinistra) e Cameraccio (già visibile, alla nostra destra, nel vallone terminale che si apre ai piedi del pizzo Torrone orientale). Questo potrebbe invogliarci a proseguire, effettuando un elegante anello. Abbiamo quindi due possibilità.

Pizzi Torrone centrale ed orientale

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ANELLO VAL TORRONE-VALLE DI ZOCCA-VAL DI MELLO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio Val di Mello-Rasega-val Torrone-Alpe Torrone-Passo di Val Torrone-Rif- Allievi-Valle di Zocca-Parcheggio di Val di Mello
8 h
1520 m.
E
SINTESI. Saliamo lungo la provinciale di Val Masino, oltrepassando Cataeggio e parcheggiando a San Martino. Dal sagrato della chiesa parrocchiale di San Martino imbocchiamo un viottolo sul suo lato sinistro che ci porta ad un sentiero, che se ne stacca sulla sinistra, per inoltrarsi nella selva che ricopre lo sbocco della valle. Seguiamolo per un buon tratto, rimanendo più bassi rispetto alla strada asfaltata che si inoltra nella valle. Prendiamo, poi, la seconda deviazione che sale verso sinistra, fino ad intercettare la strada, appena prima di un cartello di divieto di transito ai mezzi non autorizzati. Proseguiamo, ora, sulla strada, dove, all’asfalto, si sostituisce il grisc' e lo sterrato, fino al ponticello del torrente che scende dalla valle del Ferro. Alla nostra sinistra troviamo le case di Ca’ dei Rogni (m. 1019). Proseguiamo lungo la strada raggiungendo il parcheggio del Gatto Rosso, in località Panscèr (m. 1061). Fin qui possiamo giungere anche sfruttando il bus-navetta (estate). Percorriamo il tratturo che si addentra nella valle, passando a sinistra del laghetto di Val di Mello e per le località di Ca' di Carna (m. 1076) e Cascina Piana (m. 1092, rifugi Mello e Luna Nascente). Proseguiamo sulla sinistra ed ignoriamo, a sinistra, la deviazione del sentiero che sale in valle di Zocca. Attraversato su un ponte il torrente di val di Zocca e la località di Rasica (dove si trova il rifugio Rasega), proseguiamo salendo fino a trovare, sulla sinistra, la deviazione per la val Torrone, appena prima del ponticello sul torrente di Val Torrone. Lasciamo dunque la mulattiera e prendiamo a sinistra, seguendo il sentiero che inalella diversi tornanti nel bosco, salendo verso nord-nord-ovest. Il solco della valle si restringe, costringendo il sentiero ad inerpicarsi su alcune roccette fra le quali scende il torrentello. Un paio di passaggi che richiedono maggiore cautela sono stati attrezzati con corde fisse, che ne agevolano il superamento. Il secondo, in particolare, può presentare qualche problema quando, dopo recenti precipitazioni, il torrentello è ingrossato, oppure in presenza di ghiaccio. Superato anche quest’ultimo, incontriamo un cancelletto. Saliamo, poi, con serrati zig-zag, un canalino ingombro di sfasciumi ed attraversiamo un breve tratto nel bosco, prima di guadagnare i pascoli più bassi, dove si apre, alla nostra destra, lo scenario delle placche granitiche nelle quali questi precipitano. Raggiungiamo, dopo aver superato una fascia di ontani (attenzione al ritorno) il rudere della casera Torrone (m. 1996). Saliamo per un buon tratto diritti verso nord, poi pieghiamo leggermente a destra (nord-nord-est), attraversando da sinistra a destra due valloncelli. Intercettiamo così la traccia del sentiero Roma e la seguiamo verso sinistra, superando un vallone, passando a monte (nuovo tracciato) di placche insidiose e scendendo ad attraversare un secondo vallone. Procediamo quasi in piano e prendendo a sinistra scendiamo ad attrevrsare un terzo vallone, procedendo verso sud-est fino a raggiungere il piede del canalino che sale al passo di Val Torrone. Lo saliamo a zi-zag, superando qualche passaggio con l'aiuto di orde fisse e siamo alla porta del passo di Val Torrone (m. 2510). Ci affacciamo in alta Valle di Zocca e, sempre seguendo il sentiero Roma, pieghiamo a destra traversando con diversi saliscendi per un buon tratto verso nord, poi verso ovest-nord-ovest. Pieghiamo ancora leggermente a sinistra (ovest) e cominciamo a perdere gradualmente quota fino a raggiungere i rifugi Allievi-Bonacossa (m. 2387). Appena ad est dei rifugi si trova un bivio, al quale lasciamo alla il Sentiero Roma e prendiamo a sinistra, seguendo il largo sentiero che scende al già ben visibile pianone che con la sua forma ad incavo ha dato il nome alla valle. Ci portiamo sul lato opposto di un avvallamento e piegando a destra cominciamo a scendere decisi, con diverse svolte su un aereo pendio, fra caratteristici lastroni ed irriducibili lembi di pascoli. A metà circa della discesa traversiamo a sinistra (est), poi riprendiamo a scendere con diversi tornanti verso sud, fino ad approdare ai pascoli del Pianone (Zocùn, m. 2070). I segnavia indicano il sentiero che traversa verso sud stando sul lato sinistro della  piana, fino alla sua soglia, presidiata, alla nostra destra, da un crocifisso in legno, il "crusùn", posto a memoria dell'alpinista Agostino Parravicini. Riprende la discesa, sul marcato sentiero che taglia in diagonale il ripido versante e si infila fra i primi larici, passando per un caratteristico lastrone chiamato “i punt”. La discesa procede spedita in uno splendido lariceto. Se non prestiamo attenzione non ci accorgiamo neppure di passare qualche decina di metri a destra della radura che ospita, a 1725 metri, la casera di Zocca (casèra da zòca). Proseguiamo perdendo rapidamente quota su un sentiero che è stato splendidamente scalinato e protetto da corrimano in legno, fino ad una diagonale a destra che ci porta, a quota 1500, ad un ponte in legno che scavalca l’impetuoso torrente Zocca. Ci portiamo così sul lato occidentale della valle, ma il tema non cambia: il sentiero prosegue perdendo rapidamente quota con numerosi tornanti. Il sentiero termina confluendo in quello che percorre il lato settentrionale della Val di Mello. Percorriamo il sentiero verso destra ed in breve usciamo all’ampia spianata che ospita le baite della Cascina Piana (m. 1092). Ci ricongiungiamo con il sentiero percorso all’andata: seguendo il tratturo di Val di Mello ripassiamo per la località Ca’ di Carna ed infine ridiscendiamo al parcheggio di Val di Mello.


Apri qui una fotomappa dell'alta Valle di Zocca vista dal passo di Val Torrone

La prima, più semplice e meno faticosa, è quella di seguire il Sentiero Roma verso sinistra, passando proprio ai piedi dell’impressionante picco Luigi Amedeo, superando un vallone e raggiungendo i piedi del canalone alla cui sommità è collocato il Passo Torrone ("pas dò turùn", m. 2518). In assenza di neve, la salita del canalone non è difficile (il pericolo può essere rappresentato da qualche sasso messo magari in movimento da chi sale davanti a noi); l’ultimo tratto, però, richiede un po’ di cautela per la presenza di una stretta portafra alcune roccette, ed è quindi servito da corde fisse.

Alla sommità del passo ci aspettiamo un canalone gemello: invece sul versante della Valle di Zocca ("val da zòca") accediamo ad un bellissimo e panoramico pianoro, che non può non indurci ad una seconda sosta, che ci permette anche di ammirare le poderose cimedella testata della valle. Terminata la sosta, riprendiamo il cammino sul Sentiero Roma, effettuando una lunga traversata che ci porta ai rifugi Allievi e Bonacossa.

Lo scenario che si apre ai nostri occhi, guardando a nord, è davvero incomparabile: a sinistra del passo di Zocca il poderoso Torrione di Zocca che nasconde la Cima di Zocca, mentre a destra sfilando la punta Allievi, la seminascosta cima di Castello, la punta Rasica ed il massiccio pizzo Torrone Occidentale.


Apri qui una fotomappa dei sentieri della Valle di Zocca

Dal rifugio Allievi iInizia la lunga ed un po’ monotona discesa conclusiva che ci riporta sul fondo della Val di Mello ed al parcheggio dove abbiamo lasciato l’automobile. Appena ad est dei rifugi si trova un bivio, al quale lasciamo il Sentiero Roma e scendiamo seguendo il largo sentiero che scende al già ben visibile pianone che con la sua forma ad incavo ha dato il nome alla valle.


La Val Torrone vista dal passo di Val Torrone

Ci portiamo sul lato opposto di un avvallamento e piegando a destra cominciamo a scendere decisi, con diverse svolte su un aereo pendio, fra caratteristici lastroni ed irriducibili lembi di pascoli. A metà circa della discesa traversiamo a sinistra (est), poi riprendiamo a scendere con diversi tornanti verso sud, fino ad approdare ai pascoli del Pianone (Zocùn, m. 2070), dove un malinconico rudere di baita ci ricorda le dure condizioni di vita del passato.


Cima di Castello e punta Rasica dal Sentiero Roma

I segnavia indicano il sentiero che traversa verso sud stando sul lato sinistro della  piana, fino alla sua soglia, presidiata, alla nostra destra, da un crocifisso in legno, il "crusùn", posto a memoria dell'alpinista Agostino Parravicini, morto sullo spigolo sud del pizzo di Zocca nel 1935. Davanti a noi, sul lato opposto della Val di Mello, vediamo la selvaggia costiera Remoluzza-Arcanzo, dove si trova la Val Romilla che abbiamo salito nella prima giornata dell’anello intorno al Disgrazia.


Apri qui una panoramica della testata della Valle di Zocca

Riprende la discesa, su ìl marcato sentiero che passa a valle di una una grotta naturale che resta alla nostra sinistra e che veniva utilizzata dai Finanzieri negli appostamenti che servivano a sorprendere eventuali contrabbandieri che scendevano con il carico verso il fondovalle: per questo era chiamata "càmer di guèrdie". La Valle di Zocca fu, infatti, nel secolo scorso teatro di quell’interminabile partita a scacchi, fatta di appostamenti e scaltrezze, fra gli spalloni della Val Masino, che arrotondavano i proventi con il contrabbando dal territorio elvetico, ed i Finanzieri, che cercavano quantomeno di rendere loro la vita difficile.


Apri qui una panoramica sulla testata della Valle di Zocca vista dal Pianone

Il sentiero (senté da zòca) taglia in diagonale il ripido versante e si infila fra i primi larici, passando per un caratteristico lastrone chiamato “ipunt”. La discesa procede spedita in uno splendido lariceto. Se non prestiamo attenzione non ci accorgiamo neppure di passare qualche decina di metri a destra della radura che ospita, a 1725 metri, la casera di Zocca (casèra da zòca), che serve l'alpe omonima (munt da zòca), la più ricca di pecore, almeno fino a qualche decennio fa, dell'intera Val Masino. Proseguiamo perdendo rapidamente quota su un sentiero che è stato splendidamente scalinato e protetto da corrimano in legno, fino ad una diagonale a destra che ci porta, a quota 1500, ad un ponte in legno che scavalca l’impetuoso torrente Zocca, in località “Valascia”. Il ponte ha sostituito agli inizi degli anni Duemila il precedente, a sua volta chiamato "èl punt nöf", perché costruito, negli anni sessanta del secolo scorso, in sostituzione di un ponte più antico - punt véc' -, collocato più in alto.
Ci portiamo così sul lato occidentale della valle, ma il tema non cambia: il sentiero prosegue perdendo rapidamente quota con numerosi tornanti. Dopo un quarto d’ora circa possiamo notare, alla nostra destra, a monte del sentiero, un "pèsc", cioè un larice monumentale (làres), a 1240 metri di quota: è alto 29 metri, ha una circonferenza di 590 cm ed è classificato fra gli alberi monumentali della Provincia di Sondrio. Cinquecento metri ancora ed il sentiero termina confluendo in quello che percorre il lato settentrionale della Val di Mello. Alla nostra sinistra, dopo un’assenza di un paio di giorni, riappare, sul lato destro della Testata della Val Cameraccio, in monte Disgrazia. Percorriamo il sentiero verso destra ed in breve usciamo all’ampia spianata che ospita le baite della Cascina Piana (m. 1092). Ci ricongiungiamo con il sentiero percorso all’andata: seguendo il tratturo di Val di Mello ripassiamo per la località Ca’ di Carna ed infine ridiscendiamo al parcheggio di Val di Mello.


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ANELLO VAL TORRONE-VAL CAMERACCIO

Punti di partenza ed arrivo
Tempo necessario
Dislivello in altezza
in m.
Difficoltà (T=turistica, E=escursionistica, EE=per escursionisti esperti)
Parcheggio Val di Mello-Rasega-val Torrone-Alpe Torrone-Passo Cameraccio-Val Cameraccio-Rasega-Parcheggio di Val di Mello
10 h
1880 m.
EE
SINTESI. Intercettato in alta Val Torrone il Sentiero Roma, procediamo verso destra, iniziando la traversata dell'alta valle verso est e salendo gradualmente sui tranquilli pascoli ai piedi della punta Ferrario (avamposto del pizzo Torrone centrale). Intercettiamo, poi, la segnalazione della deviazione, sulla destra, per il bivacco Manzi-Pirotta (2540 m.), che si trova poco lontano, sul crinale di un massiccio sperone roccioso (è dato, infatti, a 5 minuti di cammino, ma richiede, per essere raggiunto, qualche passo di arrampicata, per quanto non difficile ed agevolato da un ferro-gradino). Non ci portiamo al bivacco, ma seguiamo il sentiero che piega a sinistra (dir. nord-est) e sale ripido su un cordone morenico, accedendo ad un'ampia conca ai piedi del pizzo Torrone orientale. Qui attraversiamo verso sinistra un nevaio ed attacchiamo il versante ai piedi del passo Cameraccio. Il Sentiero Roma sale sul suo fianco sinistro, con semplici tratti di arrampicata su roccioni, assistiti da corda fissa. Superato un ultimo corridoio siamo alla sella del passo del Cameraccio (m. 2950). La prima parte della discesa dal passo in alta Val Cameraccio avviene verso sud-est, su nevaio e su terreno franoso di morena. Attraversiamo poi una grande placca bagnata, che richiede attenzione. Dobbiamo poi lasciare il Sentiero Roma alla nostra sinistra e cominciare la discesa della Val Cameraccio (si procede a vista, senza segnavia: servono buone cindizioni di visibilità e buon senso dell'orientamento). Scendiamo verso sud-sud-ovest, lungo una ganda fino ad una prima pianetta, che ci immette ad un largo dosso sul quale scendiamo leggermente verso destra (sud-sud-ovest), fino ad una seconda pianetta. Nella discesa ci siamo leggermente spostati verso il centro della valle, pur rimanendo nel suo settore destro, per poi proseguire quasi in parallelo rispetto alla costiera alla nostra destra. Scendiamo ancora lungo un dosso, ma alla piana di quota 2200, dobbiamo trovare la traccia di sentiero che piega a destra (ovest), taglia il fianco di un avallamento e supera due torrentelli, prima di proseguire fra le rocce della media valle. Non dobbiamo perdere la traccia, perché più in basso non ci sarebbe più possibile tagliare a destra e si finirebbe bloccati fra grandi placche. Il sentiero piega quindi a sinistra e scende, verso ovest-sud-ovest, ai prati della casera di quota 1837. La successiva tranquilla discesa effettua un traverso verso destra (ovest) ed una svolta a sinistra con discesa nel bosco verso sud, ci porta alla casera della Pioda (m. 1559). Qui il sentiero piega a destra (ovest) e riprende la discesa in pineta. Ripassiamo per il ponticello sul torrente Torrone ed usciamo dalla pineta in località Rasica. Seguendo il tratturo di Val di Mello torniamo al parcheggio del Gatto Rosso.


Apri qui una fotomappa della traversata Val Torrone-Val Cameraccio

Più impegnativo, da gran camminatori, è invece il secondo anello, che comporta la salita al Passo Cameraccio("pas dò camaràsc"), che, con i suoi 2898 metri, rappresenta il punto più alto nell’intero Sentiero Roma.

Parete della Meridiana

Dobbiamo, quindi, mettere in conto un paio d’ore di cammino in più rispetto alla prima opzione. Dirigiamoci, dunque, verso destra: il Sentiero Roma comincia ben presto a salire deciso, inerpicandosi prima fra gli ultimi pascoli (la sciöma dò turùn), poi in una fascia di piccoli sassi e ghiaietta, fino a raggiungere una terza fascia, di massi più grandi.


Il bivacco Manzi-Pirotta

Qui troviamo il cartello che indica la deviazione, a destra, che in pochi minuti porta al bivacco Manzi (m. 2562), del Club Alpino Accademico Italiano, ben visibile ed arroccato ai piedi di un singolare sperone roccioso sul prolungamento dello spigolo meridionale della Punta Ferrario. E' stato collocato qui nel 1947 per iniziativa di alcuni soci del SUCAI di Milano, per commemorare il tenente degli alpini e comandante partigiano Antonio Manzi, fucilato a Fossoli il 12 luglio 1944. Potremmo anche trascorrere qui la notte, e terminare l’anello il giorno successivo (o anche, con una giornata intera a disposizione, terminare quel che rimane del Sentiero Roma, fino alla capanna Ponti).

Val Torrone dalla Val Romilla

Se, invece, proseguiamo, ci inoltriamo nel vallone terminale, dove troviamo, anche a stagioneavanzata, un nevaio, che dobbiamo attraversare in diagonale per raggiungere i piedi del canalone che conduce al Passo Cameraccio. Nella traversata non possiamo non ammirare la liscia e severa placca granitica che separa i pizzi Torrone orientale e centrale.

Giunti sotto il passo, non dobbiamo cedere alla tentazione di risalire la parte centrale del canalone, occupata da sfasciumi e ghiaietta: ci esporremmo al pericolo di sassi mobili ed alla fatica improba di guadagnare metri su un terreno franoso. Seguiamo, quindi, il tracciato su roccia, che risale il fianco sinistro (per noi) del canalone, servito da numerose corde fisse che ci permettono di superare in sicurezza alcuni passaggi esposti. Alla fine, eccoci ad un breve corridoio nevoso, che precede di poco la tranquilla sella del passo. Ed ecco la sorpresa del dischiudersi di orizzonti più ampi: la Val Cameraccio sembra davvero sterminata al confronto della raccolta Val Torrone.


Salendo al passo Cameraccio

Gettiamo un’occhiata alle sue cime: alle nostra spalle incombe la grande mole del pizzo Torrone orientale che, visto da qui, mostra il suo doppio salto roccioso ed un profilo a punta di lancia; poi, verso est, la massiccia costiera che si innalza alla cima del Monte Sissone ("sisùn", in Val Masino, "còrgn de sisùm", in Valmalenco; m. 3331), seguito dalle tre cime di Chiareggio (la prima delle quali è denominata anche punta Baroni); in fondo, il monte Pioda ("sciöma da piöda") e, alle sue spalle, il Monte Disgrazia ("desgràzia"), che lascia intravedere una parte della sua parete settentrionale.


Salendo al passo Cameraccio

Dobbiamo ora discendere la valle, e qui comincia la parte più impegnativa dell’anello: se non conosciamo i luoghi per aver risalito in passato la valle, non è facile, infatti, trovare il sentiero che ci permette di non perderci fra le grandi placche granitiche della parte medio-bassa della valle.


Apri qui una fotomappa della salita al passo Cameraccio

Non ci sono segnavia (qualche rara traccia, per la verità, più in basso la si incontra) e non ci si deve lasciar trarre in inganno dall’apparenza tranquilla e solitaria dell’alta valle.


Il passo Cameraccio

Dopo qualche decina di metri in discesa, lasciamo la traccia del Sentiero Roma, scendendo lungo una ganda fino ad una prima pianetta, che ci immette ad un largo dosso che termina in una seconda pianeta. Nella discesa ci siamo leggermente spostati verso il centro della valle, pur rimanendo nel suo settore destro, per poi proseguire quasi in parallelo rispetto alla costiera. Scendiamo ancora lungo un dosso, ma ora, più o meno a quota 2200, dobbiamo trovare la traccia di sentiero che piega a destra e supera due torrentelli, procedendo in direzione della costiera Torrone-Cameraccio, che chiude alla nostra destra la valle.


Scendendo in Val Cameraccio

Raggiunto in leggera discesa il rudere di baita di quota 2167, il sentiero piega decisamente a sinistra ed inizia a scendere spedito verso sud, fra roccette e balze erbose. Perdiamo così oltre trecento metri e raggiungiamo la baita quotata 1837 metri. Qui il sentiero piega a destra e traversa in una pecceta verso ovest, procedendo per un buon tratto in leggera discesa. Poi piega decisamente a sinistra e scende spedito verso sud, sempre in una pecceta, dalla quale esce alla parte alta dei prati dell’alpe Pioda (casèra da piöda, m. 1559).


Apri qui una foto-mappa della Val Cameraccio e della Val di Mello viste dalla bocchetta Roma

Si tratta di una fascia di prati quasi in piano, che precede l'ultimo severo gradino glaciale della valle. Dal 2014 la ristrutturazione della Casera di Pioda da parte dell'ERSAF ha portato all'apertura di una struttura che funge anche da rifugio, il rifugio Casera di Pioda (m. 1559). Per usufruire del servizio di pernottamento e ristorazione è però necessario associarsi al Centro versando la quota di € 10, rivolgendosi all'Ersaf di Morbegno (email: morbegno@ersaf.lombardia.it – tel.: 0342 605580).


Apri qui una fotomappa della discesa dalla Val Cameraccio alla Val di Mello

Avvicinandoci all’edificio scopriamo che in alto, a destra (nord), campeggia una torre ardita, affiancata da due satelliti minori. Si tratta della già menzionata Torre meridionale del Cameraccio (m. 2743). E’ probabile che le tre cime corrispondano a quelle note localmente come “Tri prèvet”, cioè “tre preti”. A giustificare questo curioso nome è la forma vagamente antropomorfa dei picchi. Il riferimento ai preti è poi presti spiegato: gli alpeggi della Val Cameraccio erano di proprietà delle parrocchie di Cino, Mello e Cercino. L’estensione maggiore dei pascoli della parrocchia di Mello giustifica l’identificazione della cima maggiore, la Torre meridionale del Cameraccio, con il parroco di Mello. È però anche possibile che i Tri Prèvet corrispodano alle tre principali elevazioni della costiera Torrone-Cameraccio, quindi alla Torre meridionale del Cameraccio, alla Torre di Re Alberto (m. 2832) ed alla Punta Cameraccio (m. 3024), poste più a nord. Questi nomi parlano della storia della Val di Mello, che deve il suo nome alla colonizzazione di pastori che vennero fin qui da Mello, importante nucleo della Costiera dei Cech.


Rifugio Casera di Pioda, monte Pioda e monte Disgrazia

La suggestione del luogo non termina qui: a sinistra dei Tri Prèvet fa capolino, oltre le cime degli abeti, la puntuta cima della Parete della Meridiana, sul lato opposto della Val Torrone rispetto alle lisce placche, vera icona della Val di Mello, chiamate Placche dell'Oasi. Il versante sotto i Tri Prèvet si trova invece la fascia della Cascia Bèla (in passato, evidentemente, luogo prediletto dai cacciatori). Ad est, in cima alla Val Cameraccio, si vede la diade Pioda-Disgrazia, che merita una riflessione particolare.


La Val Casìn

Più imponente ed elegante, a sinistra, il monte Pioda, cima piuttosto trascurata forse per lo scarso interesse alpinistico, ma pur sempre, con i suoi 3431 metri, la più alta del maestoso gruppo del granito del Masino e della val Cameraccio. Il monte Pioda è anche un confine, perché alla sua destra vediamo una cima gemella, dalle tonalità cromatiche differenti, non più il grigio del serizzo, ma il colore rossastro del serpentino. Si tratta del ben più famoso monte Disgrazia (m. 3678), il picco glorioso dei primi salitori inglesi. Sembra anch’esso posto sulla testata della Val Cameraccio, ma in realtà si eleva in cima alla vicina Valle di Preda Rossa. Inoltre le cime gemelle sono tali sono in apparenza, perché la prima è quasi solo satellite, per quanto massiccio, della seconda. La consuetudine alpinitica, infine, ha chiamato Val Cameraccio tutto l’amplissimo anfiteatro glaciale nel quale termina ad est il solco della Val di Mello, ai piedi della costiera che la separa dalla Val Sissone, in alta Valmalenco. Ma l’uso locale l’ha divisa in due alpeggi, quello settentrionale (alla nostra sinistra), del Camarasc’, che poi ha dato il nome all’intera valle, e quello meridionale, a destra, della Piöda, che dà il nome alla menzionata cima omonima. 40 erano i capi caricati in passato alla piöda, 60 al camaràsc’. Al centro, il solco poco pronunciato della Val Casìn.


Rifugio Casera di Pioda e Tri Prèvet

Infine, il gioco della prospettiva sembra proporci una progressione ascendente di cime poco pronunciate (pizzo della Remoluzza, m. 2814, cima d’Averta, m. 2824, pizzo Vicima, m. 2853), sulla costiera Remoluzza-Arcanzo, che separa la Val Cameraccio dalla Valle di Preda Rossa.
Ad est del rifugio (verso il fondo della valle) si apre un ampio ripiano disseminati di alcuni grandi massi erratici. Se scendiamo dal rifugio verso destra, al torrente di Val Cameraccio, ci portiamo sulla riva di una splendida pozza, che sembra istigare a spiaggiamenti sullo stile marino.


La Torre meridionale del Cameraccio ed i Tri Prèvet

Oltrepassata la Casera imbocchiamo la marcata mulattiera che scende in una splendida pineta. Dopo qualche minuto di discesa vediamo un cartello che segnala a sinistra un sentierino che porta al Belvedere, roccione panoramico con un pannello che permette di individuare i nuclei della Val di Mello e le cime della Valle della Mardarole e della Val Ligoncio, che da qui si possono ammirare. Riprendendo la discesa passiamo di nuovo per il ponticello sul torrente della Val Torrone e di riportiamo sul fondo della Val di Mello. In questo caso abbiamo superato circa 1880 metri di dislivello, camminando 9-10 ore.

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È interessante, infine, leggere il resoconto della salita in Val Torrone effettuata il 21 agosto 1905 da Bruno Galli Valerio, alpinista e naturalista che molto amò queste montagne:
“Alle due pomeridiane, risaliamo Val di Mello sotto un sole infuocato e senza un soffio d'aria. Lassù, davanti a noi, si rizza la piramide del Torrone orientale, fiancheggiata dall'Ago di Cleopatra. Raggiungiamo l'imbocco della Val Torrone, una curiosa valle che scende a picco sulla Val di Mello. Prendiamo un sentiero che sale a zig-zag sulla destra del fiume. Gli alberi scompaiono e Val Torrone, rinchiusa fra nude pareti di granito, ci mostra tutta la sua tristezza e la sua aridità.


Testata della Val Torrone

Queste pareti rocciose sono care alle aquile che, ancora l'anno scorso, vi avevano costruito il nido. Tutt'intorno appaiono e scompaiono nelle leggere nebbie che volteggiano, l'Ago di Cleopatra e il Torrone. Alle sette di sera, arriviamo alla baita dell'alpe Torrone, baita identica a quella dell'alpe di Zocca. Dietro di noi, in basso, a picco, il fondo della Val di Mello. Tanto la baita è misera e piccola, tanto l'ospitalità dei sei pastori che la abitano e che ospitano per la notte me e la mia guida, è grande. E la notte fu lontana dall'essere una delle peggiori passate in alta montagna.” (Bruno Galli Valerio, “Punte e passi”, a cura di Luisa Angelici ed Antonio Boscacci, Sondrio, 1998).


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CARTA DEL PERCORSO sulla base della Swisstopo (CNS, come quelle sopra riportate), che ne detiene il Copyright. Ho aggiunto alla carta alcuni toponimi ed una traccia rossa continua (carrozzabili, piste) o puntinata (mulattiere, sentieri).
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Mappa del percorso - elaborata su un particolare della carta tavola elaborata da Regione Lombardia e CAI (copyright 2006) e disponibile per il download dal sito di CHARTA ITINERUM - Alpi senza frontiere



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ZOOM SULLA VAL TORRONE


Il pizzo Torrone orientale


Il pizzo Torrone orientale


Testata della Val Torrone


Il pizzo Torrone occidentale


Il pizzo Torrone occidentale


Testata della Val Torrone

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